Pianeta Shortbus, la sessualità oltre il perbenismo

Allora, se posso darvi modestamente un consiglio, fateVI un favore: spegnete per qualche ora la televisione e lasciate Banfi, Binetti ed altri cosetti a bollire nel loro brodo. È arrivato finalmente anche in Italia il film più bello e interessante di quest’anno, forse anche degli ultimi anni. Andate al cinema a vedere anche voi quante riflessioni possono sorgere intorno alla sessualità, una volta abbandonata la propria rigidità mentale, il proprio bigottismo, il proprio oscurantismo.
Io ho visto Shortbus una decina di giorni fa in una sala piena ed entusiasta (27.217 spettatori nella prima settimana di programmazione a Parigi). Più che visto, sarebbe meglio dire “vissuto”, vista la grande partecipazione che suscita. Una grande boccata d’aria fresca e la sensazione che, attraverso la sessualità, fosse la vita stessa dei personaggi a essere messa in scena e che quegli attori e quelle attrici (molto spesso non professionisti), in realtà, fossimo noi: i nostri fantasmi, i nostri timori, le nostre barriere, ma anche l’ingegnosità con la quale ci sforziamo di superarle. Quando dico che è la nostra stessa esistenza che Mitchell mette in scena e scortica fino a mostrarci, con un’efficacia straordinaria, quanto in alto e quanto in basso donne e uomini possano volare, non parlo solo di lesbiche e gay. Parlo di qualcosa di ben più vasto, del genere umano e donnano*. Mi pare che la forza di Shortbus stia proprio nella rappresentazione di ciò che potremmo fare dei nostri corpi, del livello di comunicazione cui potremmo giungere, se soltanto fossimo sessualmente liberi, libere e consapevoli delle nostre potenzialità.
Della sessualità Shortbus considera molti aspetti: l’elemento ludico e divertente, quello ripetitivo e un po’ coatto, la ricerca di sé, la scoperta, il piacere, il dolore... È un film molto divertente e al tempo stesso serio, che non si limita a farci immaginare qualcosa d’inesistente, ma, con la sua forza, ci fa desiderare di realizzarlo. Vero è che una delle battute del film (che riporto citandola a memoria, quindi approssimativamente) dice: “Qui è come negli anni 60, però senza quella speranza”. Ma io ho sentito il film come un invito continuo a mettere in pratica le utopie che altri prima di noi non sono riusciti a concretizzare. Ci si può chiedere, semmai, se tutta l’energia creatrice espressa dalla sessualità in quel film, rimanga per il pubblico fine a se stessa oppure generi qualche frutto positivo. Se, insomma, uscendo dal cinema, ci portiamo a casa un pezzo di Shortbus e nuove idee, oppure se tutto tornerà come prima e rientrerà nei binari della quotidiana “normalità” (la parola che forse odio di più fra tutte). Se lo scopo di un film non è fare la rivoluzione, quanto piuttosto metterla in scena, a chi tocca questo compito?
D’accordo, ritorno sulla Terra, più precisamente in Italia, perché già sento qualcuno azzuffarsi sullo status da conferire a Shortbus: è porno oppure no? Il fatto che si vedano uccelli in erezione e che i rapporti eterosessuali come quelli omosessuali siano girati in modo assolutamente esplicito, può farlo rientrare “tecnicamente” – come è stato scritto – in quella categoria? Ma il fatto che siano messi in scena anche i sentimenti e che intorno alla sessualità si sviluppi un discorso molto profondo sulla nostra esistenza, non tenderebbe piuttosto ad escluderlo? Darei la risposta più semplice: e chi se ne frega! Per una volta che il sesso al cinema è rappresentato senza ipocrisia e che sullo schermo si realizza un convincente incontro tra l’ideale e il reale (il nostro vissuto), volete rovinarvi il piacere discettando su queste sciocchezze?
Qualcuno ci proverà (a rovinarvi il piacere, sciocche!). Anzi, ci è già riuscito: ad esempio, perché in Francia questo stesso film è vietato a chi ha meno di sedici anni e in Italia ai minori di diciotto? Perché la distribuzione italiana (la BIM) aveva previsto la diffusione di cento copie ma, constatato il rifiuto di molti gestori, si è rassegnata a farne uscire in sala solo sessanta? Ma è ovvio: perché gli italiani e le italiane amano la fiction, che domande!
* Se volete anche voi usare questo termine senza complessi, vi consiglio la lettura di Gert Brantenberg, Le figlie di Egalia (1977; Estro, 1992: chiedete al centro di documentazione glbt più vicino!).
Fonte: l’Unità via Gaynews (descrive la trama).
Siti ufficiali di Shortbus: americano, francese, italiano.
Aspetto i vostri commenti al film, sono molto curioso di sapere cosa ne pensate.