Jean e Vincent... cosa manca?
Un uomo in prigione, sua moglie, il carceriere. È intorno ai legami che si stabiliscono fra questi tre personaggi che si sviluppa il film di Jean-Pascal Hattu, 7 ans, presentato ieri in anteprima durante la seconda giornata del Festival de films gays et lesbiens di Parigi.
Ogni settimana, Maïté va a trovare suo marito Vincent, condannato a sette anni di reclusione. Un giorno, all’uscita del carcere, uno sconosciuto le si avvicina. I due diventano subito amanti. Ben presto, però, Maïté scopre che si tratta di Jean, una delle guardie della prigione, col quale Vincent ha stretto un patto: deve avere rapporti sessuali con Maïté e registrarli su una cassetta, che poi lui ascolta in cella.
Il tema poteva essere avvincente ed offrire degli spunti interessanti. Si sarebbe potuto, ad esempio, esplorare le conseguenze della prigionia sul desiderio e indagare il ruolo di Jean, che è una sorta di intermediario fisico tra i due sposi, ma che al tempo stesso si innamora di Maïté, al punto da separarsene quando capisce che per lei la situazione si è fatta insostenibile. La sessualità sarebbe potuta diventare simbolo di libertà, se fosse riuscita a travalicare la netta separazione dei ruoli che esiste tra Vincent e Jean. Vincent avrebbe riguadagnato la libertà, pur rimanendo fisicamente recluso, grazie all’attrazione per Jean. A quel punto, si sarebbe posto delle domande sulla reale natura dei suoi rapporti con Jean: solo un mezzo per ritrovare in qualche modo la moglie oppure un sentimento sincero e reciproco? Sarebbero così emerse le mille sfacettature del desiderio e le diverse forme che può assumere o inventare, adattandosi alle diverse situazioni, anche le più estreme.
Ma... sarebbe stato un altro film. In effetti, il regista e sceneggiatore del film si è accontentato di mostrare l’eterosessualità dei personaggi, lasciando a un’unica scena di stampo onirico (i due protagonisti maschili a petto nudo, riflessi uno accanto all’altro in uno specchio) il compito di rappresentare l’ambiguità del rapporto che si instaura tra il prigioniero e il suo carceriere. La storia risulta a tal punto piatta e sbilanciata sul legame tra Jean e la moglie di Vincent, che non sono riuscito ad appassionarmi a nessuno dei personaggi, tantomeno per quello di Maïté, che doveva, secondo le intenzioni del regista, simboleggiare il desiderio femminile e che invece risulta, per me, noioso.
Nutrivo, nei confronti di questo film, più di un’aspettativa. Troppe, forse. In ogni caso, sono state tutte tradite.
Ogni settimana, Maïté va a trovare suo marito Vincent, condannato a sette anni di reclusione. Un giorno, all’uscita del carcere, uno sconosciuto le si avvicina. I due diventano subito amanti. Ben presto, però, Maïté scopre che si tratta di Jean, una delle guardie della prigione, col quale Vincent ha stretto un patto: deve avere rapporti sessuali con Maïté e registrarli su una cassetta, che poi lui ascolta in cella.
Il tema poteva essere avvincente ed offrire degli spunti interessanti. Si sarebbe potuto, ad esempio, esplorare le conseguenze della prigionia sul desiderio e indagare il ruolo di Jean, che è una sorta di intermediario fisico tra i due sposi, ma che al tempo stesso si innamora di Maïté, al punto da separarsene quando capisce che per lei la situazione si è fatta insostenibile. La sessualità sarebbe potuta diventare simbolo di libertà, se fosse riuscita a travalicare la netta separazione dei ruoli che esiste tra Vincent e Jean. Vincent avrebbe riguadagnato la libertà, pur rimanendo fisicamente recluso, grazie all’attrazione per Jean. A quel punto, si sarebbe posto delle domande sulla reale natura dei suoi rapporti con Jean: solo un mezzo per ritrovare in qualche modo la moglie oppure un sentimento sincero e reciproco? Sarebbero così emerse le mille sfacettature del desiderio e le diverse forme che può assumere o inventare, adattandosi alle diverse situazioni, anche le più estreme.
Ma... sarebbe stato un altro film. In effetti, il regista e sceneggiatore del film si è accontentato di mostrare l’eterosessualità dei personaggi, lasciando a un’unica scena di stampo onirico (i due protagonisti maschili a petto nudo, riflessi uno accanto all’altro in uno specchio) il compito di rappresentare l’ambiguità del rapporto che si instaura tra il prigioniero e il suo carceriere. La storia risulta a tal punto piatta e sbilanciata sul legame tra Jean e la moglie di Vincent, che non sono riuscito ad appassionarmi a nessuno dei personaggi, tantomeno per quello di Maïté, che doveva, secondo le intenzioni del regista, simboleggiare il desiderio femminile e che invece risulta, per me, noioso.
Nutrivo, nei confronti di questo film, più di un’aspettativa. Troppe, forse. In ogni caso, sono state tutte tradite.
2 commenti:
APPELLO URGENTE a Tutti gli Amici Bloggers!
url: http://papaboysajo.splinder.com/post/9942528/Nonno+%22Libero%22%2C+in+%22Libero+Stato%22 COMUNICAZIONE DA LEGGERE E POSTARE!
Grazie e a presto risentirci
Un Fraterno Abbraccio (ovviamente) Anti-clerical
Con Amicizia e Rispetto
Gentleman (Morris)
Caro Gabriele, grazie della visita e della precisazione a proposito delle candidature femminili alle presidenziali francesi. Vai a fidarti delle agenzie di stampa (ANSA)! Saluti.
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