Catania Pride 2008 - 5 luglio

18 novembre 2007

Una preoccupante stereofonia

Sapere che all’estero il sistema dell’informazione non gode di una salute enormemente superiore a quella riscontrabile nella disastrata Italia, me ne rendo conto, non è motivo di consolazione. Tuttavia, constatarlo potrebbe aiutarci ad aprire una discussione sul fatto che il giornalismo, in Italia come altrove, non costituisce più un contropotere rispetto a quello ufficiale, ma si limita in gran parte a rafforzare, presso l’opinione pubblica, il punto di vista dell’autorità politica. Da critico e da guardiano della democrazia, potremmo dire, il giornalismo si è fatto portavoce.
Da cinque giorni i ferrovieri e i conducenti della metropolitana stanno scioperando contro la cosiddetta “riforma” del sistema pensionistico speciale voluta da Sarkozy. Si tratterebbe, come ho già scritto in altri post (vedi link alla fine), di portare la quota di contributi da 37 anni e mezzo a 40 anche per quei dipendenti che svolgono mansioni particolarmente dure, come per esempio i macchinisti. Per il 2008 si è già previsto di innalzare a 41 anni di contributi il settore pubblico, i cui lavoratori, come quelli del settore privato, possono per il momento percepire la totalità della loro pensione una volta raggiunti 40 anni di contributi. Dopodomani, proprio la funzione pubblica scenderà in piazza per protestare contro la riduzione degli organici.
Lameduck ha riportato, in un commento a uno dei miei post precedenti, il modo in cui il Tg2 aveva riferito, nei giorni scorsi, la notizia degli scioperi in Francia. Desolante, certamente. Ma anche la gran parte dei cittadini francesi si abbevera, per avere le notizie della giornata, ai telegiornali. Un articolo apparso ieri su Libération, in controtendenza rispetto alla linea prudente e moderata che quel quotidiano ha tenuto in questi ultimi anni, riferisce con chiarezza il modo in cui l’informazione televisiva francese, più che dare notizie, stia facendo propaganda: pro-Sarkozy, s’intende. Ne emerge un ritratto davvero inquietante, che vale la pena tradurre e leggere.

I TG BOCCIANO LO SCIOPERO
di Raphaël Garrigos e Isabelle Roberts

A ogni sciopero il proprio eroe. Nel 1968 era Daniel Cohn-Bendit. Nel novembre 2007 - è sicuro - sarà Jean-Pierre Pernault, presentatore del telegiornale delle 13 di TF1 e accanito difensore della vedova e dell’utente, torturati dagli scioperanti privilegiati. Da lunedì Pernaut ribolle. Grugnisce, fa le facce e solleva le sopracciglia. Certo, Pernaut è fatto così, ma tutti i telegiornali fanno lo stesso, accumulando luoghi comuni, scomodando la pedagogia, diffondendo senza tentennamenti il verbo governativo. A tal punto che gli scioperanti si mettono a cacciare dalle assemblee generali le televisioni e i giornalisti. Ecco il racconto di una settimana di tg.

La galera

Sono... Sono... Ecco: sono un bastimento da guerra, lungo e stretto, a una o più file di remi, in uso nell’antichità... Cosa sono? La galera, ovvio. I tg hanno in bocca sempre questa parola, sentita decine di volte. Lunedì, nel sommario del tg delle 20 di France 2, “si prevede la galera”. Qualche attimo dopo, si profila “una giornata da galera”. L’immagine è la stessa martedì su TF1 alle 13: “Per domani” - profetizza Pernaut - “è annunciato cattivo tempo dappertutto con neve, freddo, pioggia e vento, un giorno da galera, quindi, per milioni di utenti dei trasporti pubblici”. Al tempo stesso il suo collega, Patrick Poivre d’Arvor, declama “la prospettiva della galera”. Manco a dirlo: nella notte di martedì, “è cominciata una giornata da galera” su i-Télé. Per i viaggiatori, pensa un po’, è una galera, così come ci fa notare la perspicace Audrey Pulvar di France 3: “Che galera!”. Ed ecco la fine analisi di un anonimo sulla situazione nei trasporti: “Tra il metrò, dove è una galera e il treno, che è una doppia galera...”.

L’utente

E chi rema nella galera? Nessun “viaggiatore” o “passeggero”, ma, sistematicamente, degli “utenti”, una massa rabbiosa e indefinita. In televisione sono loro i re, vittime “rassegnate” (secondo Patrick Poivre d’Arvor) dello sciopero “duro, duro soprattutto per gli utenti”, proclama David Pujadas, in apertura del tg delle 20 di martedì su France 2. E lo difendono, l’utente. Così il fulminante Jean-Pierre Pernaut giovedì: “Terzo giorno da galera per gli utenti che non hanno scelta e devono lavorare fino a 65 anni, e tutte le mattine”. Inoltre, sottolinea martedì a sostegno della sua linea editoriale, “diversi sondaggi confermano l’ostilità dei francesi a questo nuovo sciopero”. Così, porgono continuamente il microfono all’utente affinché possa esprimersi, senza tema né vergogna. Lamentoso: “Ne abbiamo abbastanza, ci prendono in ostaggio, che vadano a prendere in ostaggio l’Eliseo!” (France 2, martedì alle 20). Rivendicativo: “Bisogna che la Francia si renda conto che ci sono riforme che devono essere fatte” (stesso tg, stesso canale). Minaccioso: “Andremo dai manifestanti e li bastoneremo” (TF1, mercoledì alle 20). Talvolta, l’utente si organizza: così l’“Associazione degli utenti delle stazioni” ha goduto su TF1 di tre reportage in due giorni! Trascinato dal proprio entusiasmo, Patrick Poivre d’Arvor annuncia che l’associazione è stata appena creata “di fronte a questo nuovo sciopero”. Cosa importa se, nel reportage, si viene a sapere che esiste da 17 anni? Quando è studente, l’utente diventa un “antiblocco”, in opposizione a “quelli che vogliono il blocco” dei corsi. Anche in quel caso, ci si organizza contro gli scioperanti, designati da Jean-Pierre Pernaut con il termine patibolare di “individui” (che hanno ben meritato uno sciame di celerini col manganello). Tra gli “antiblocco”, invece, “i punti di vista sono sfumati” (Pernaut, sempre lui). E “gli studenti distribuiscono volantini, che siano di sinistra o di destra”. Niente di grave se uno di loro, sentito in seguito, ha la tessera dell’UNI, il sindacato studentesco molto di destra.

L’arte di arrangiarsi

L’utente, innanzitutto, si arrangia. A ogni edizione di ogni tg, una marea di servizi su “il mio utente, il mio piano B” o, variante, “la famiglia Utente si organizza”. Domenica sera su France 2, filmano una donna che compra dei mandarini al mercato. Commento del giornalista: “Il pieno di vitamine prima di una settimana che si annuncia molto sportiva”. Lunedì e martedì, i tg alternano i reportage sulla bicicletta, fedele compagna dell’utente, e i passaggi in automobile. Mercoledì sera, sulla stessa linea, tutti i nostri utenti coraggiosi dormono nei posti più strani: i dipendenti di un hotel all’hotel (“generosità di un padrone comprensivo” per TF1, e “Bruno, l’amabile proprietario, che accorda un favore al personale” su France 2), le infermiere all’ospedale, e, trovata del secondo canale, gli impiegati di un’agenzia organizzatrice di eventi... in una yurta, una tenda mongola, sul tetto dell’ufficio. Erano talmente contenti della loro yurta, quelli di France 2, che ci sono ritornati giovedì!

Avete detto sciopero?

A proposito, cos’è ‘sto sciopero? Chi ha preso informazioni solo dai tg di questa settimana, non ne ha nessuna idea. I telegiornali cominciano tutti con un servizio sul traffico, proseguono con i nostri utenti malandati, qualche reazione governativa o sindacale puramente formale, ma di spiegazioni sul movimento: nessuna. O poco. O male. Strumento preferito: il paragone. Lunedì sera, France 2 compara un conducente della RATP (la metropolitana di Parigi, ndt) con la conducente di una società privata di Rennes, la quale giudica che “le condizioni di guida e di stress alla RATP sono peggiori delle nostre”. Solo che Pujadas ha immediatamente chiarito: i due “fanno lo stesso lavoro”. La stessa sera, Patrick Poivre d’Arvor è perverso. “Torniamo alle rivendicazioni dei manifestanti”, sussurra prima di lanciare un servizio sotto forma di presa in giro che compara i ferrovieri di oggi con quelli dell’inizio del secolo scorso, con abbondante uso d’immagini in bianco e nero di carbone che viene infornato nella bestia umana! Il giorno dopo, TF1 segue un conducente della RATP. Il suo stipendio? 2300 euro. Il primo canale dà solo il salario lordo... così sembra di più.

Portavoce

“La mobilitazione sindacale si scontra con l’assoluta volontà del governo di creare un sistema pensionistico più equo, era nel programma di Nicolas Sarkozy, è stato eletto in parte per questo”. No, non è François Fillon (primo ministro, ndt) e neanche Xavier Bertrand (ministro del lavoro, ndt), ma Jean-Pierre Pernaut, ministro delle ore tredici di TF1. Che la televisione si schieri contro lo sciopero, trasuda da tutti i servizi, dalla gerarchia delle notizie, dalle parole scelte: “La Francia può essere riformata?”, si dispera Laurent Delahousse domenica su France 2. Quanto all’ineffabile Jean-Marc Sylvestre, mercoledì alle 13 su TF1, lui lo sa: “I sindacati hanno compreso che l’opinione pubblica non li seguirebbe nella loro opposizione sistematica a una riforma i-ne-vi-ta-bi-le”. E quest’altra: “La nostra ossessione, è che gli utenti siano quelli meno penalizzati da questo sciopero”. No, questa volta non è la confessione di Patrick Poivre d’Arvor, di Pujadas, e neanche di Pernaut. È Fillon. Da una settimana, milioni di telespettatori - cinque per Pujadas, sette per Pernaut, quasi dieci milioni per Patrick Poivre d’Arvor - ascoltano il tg e il governo rivolgersi a loro con lo stesso linguaggio, in stereofonia.

Vedi anche: La Francia si sveglia, contro Sarkozy; “Scioperiamo per tutti”, ma i sindacati si dividono; Francia, sciopero a oltranza; Francia, secondo giorno di sciopero; “Non facciamo ostaggi, facciamo sciopero”.


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