Ritratti in rosa - Ségolène Royal, una neofita sospetta
C’è una scena, proiettata in questi giorni sui grandi schermi francesi, che a vederla mette quasi i brividi, tanto grande è l’imbarazzo che provoca. È inserita nel documentario “Ségo et Sarko sont en bateau”, l’ultimo lavoro di uno dei giornalisti satirici tra i più amati in Francia, Karl Zéro. In quella scena, si vedono una giovane Ségolène Royal e l’allora presidente della Repubblica, François Mitterand, a un ricevimento ufficiale, circondati da numerosi altri invitati e giornalisti. Il presidente stringe molte mani, poi, quando arriva il turno di Ségolène Royal, un microfono capta lo scambio fugace tra i due. “Non potrebbe fare qualcosa per me?”, chiede lei con voce implorante. “Ma è troppo tardi...”, risponde lui.
Ségolène Royal è una ex allieva della Scuola nazionale amministrativa che prende per la prima volta la tessera socialista nel 1978. È proprio sulla scia dell’elezione di François Mitterand alla Presidenza della Repubblica, nel 1981, che Royal riesce a fare carriera: nel 1982, infatti, entra a far parte della Segreteria generale dell’Eliseo, dove si occupa di gioventù e sport, poi di affari sociali e ambiente. Nel 1983 vorrebbe farsi eleggere al comune di Villers-sur-Mer, ma il sindaco di quella città si oppone. Royal si sceglie allora un altro posto, Trouville-sur-Mer. Ma quando finalmente riesce a diventare consigliera comunale d’opposizione, si fa presto dimenticare: prende la parola 8 volte soltanto ed è presente a 18 sedute su 39.
Nel 1988 viene eletta deputata, grazie all’intervento diretto di François Mitterand che la impone candidata del PS nel collegio delle Deux-Sèvres, nell’ovest della Francia. L’ascesa al potere continua e nei primi anni Novanta Royal diventa ministra dell’ambiente. Qualche tempo dopo la sua nomina, non esita a mediatizzare la propria condizione di prima neo-mamma ministra della storia francese, facendosi riprendere e intervistare nella camera dell’ospedale dove ha da poco partorito il suo quarto figlio. Successivamente, durante il governo di Lionel Jospin, otterrà prima la delega all’istruzione, poi quella alla famiglia e all’infanzia. Eletta nel 2002 per la quarta volta deputata, in quest’ultima legislatura Royal svolge all’Assemblée National solo due interventi in cinque anni e presenta solo due proposte di legge.
Accusata nel 1999 di non aver pagato tutto lo stipendio alle sue tre segretarie (la decisione definitiva della giustizia su questo caso non è ancora giunta), Royal è anche sospettata, insieme al suo compagno François Hollande, l’attuale segretario socialista, di dichiarare al fisco un patrimonio inferiore a quello realmente posseduto: il giornale satirico “Le canard enchaîné”, infatti, avrebbe scoperto che il valore dei beni immobili della coppia ammonterebbe a 1813 milioni di euro contro i novecentomila dichiarati.
Ségolène Royal sta conducendo una campagna che ai più appare artificiosa, totalmente dominata dal marketing elettorale, volutamente lontana dall’apparato socialista all’interno del quale ha trovato molti avversari sleali, pronti a dar fondo al peggior sessismo pur di eliminarla politicamente (“Non è un concorso di bellezza!”, ha affermato Jean Luc Melenchon, mentre il suo sfidante alle primarie, Laurent Fabius, si è chiesto: “Chi si occuperà dei bambini?”).
Dicono poi che le sue dichiarazioni, oltre a essere maldestre, rivelino anche la scarsa padronanza di alcuni temi importanti. Da quando, cinque mesi fa, Ségolène Royal vince le primarie del PS con il 60% dei voti (pari a circa centosettantottomila iscritti), le sue gaffes, in effetti, non si contano più: in visita in Cina, loda la rapidità della giustizia di quel paese; poi giustifica il muro costruito da Israele; strizza l’occhio alla destra quando parla di “ordine” (pur temperato dall’aggettivo “giusto”) e cerca il consenso dei nazionalisti con i suoi richiami al tricolore; infine non esita a lodare le aspirazioni indipendentiste del Québec mandando su tutte le furie il governo canadese.
Invano cerchereste, nel suo “Patto presidenziale” lanciato in grande stile l’11 febbraio scorso, qualche impegno serio ed articolato in materia di diritti glbt. Relegato al punto 87 del capitolo “La Presidente di una nuova Repubblica”, si trova l’imperativo: “Garantire l’uguaglianza dei diritti per le coppie formate da persone dello stesso sesso”. Benissimo, ma come? Si è incaricata di chiederglielo la federazione di associazioni francesi Inter-lgbt, alla quale Ségolène Royal ha risposto di voler far approvare contestualmente, in un unico testo legislativo da presentare “rapidamente”, l’apertura del matrimonio e dell’adozione alle coppie formate da gay o da lesbiche. Al tempo stesso, s’impegna a migliorare il Pacs e a respingere qualsiasi tentativo di istituire unioni civili ad hoc per gli e le omosessuali.
Nonostante l’apparenza, si può avanzare più di un dubbio sulla sincerità di tali propositi, vista la retorica, attenta ai valori tradizionali e alla famiglia intesa come nucleo eterosessuale, che la candidata socialista utilizza spesso e volentieri. Non andrebbe dimenticato, inoltre, che fino a quando la convenienza elettorale non le ha imposto una svolta, Royal ha sempre trattato con sdegno le rivendicazioni del movimento glbt francese. “Avere delle opinioni prudenti sul matrimonio omosessuale è legittimo e rispettabile,” – dichiara a Le Monde il 12 maggio 2004 – “non vuol dire essere omofobi o reazionari”. E ancora: “Se si tratta di fare una provocazione ingiustificata contro le convinzioni familiari e religiose, allora no”. Non paga, il 23 febbraio 2006 si lancia in un’ambigua distinzione: “Preferisco la parola ‘unione’ a ‘matrimonio’, per non rovesciare i simboli tradizionali; la famiglia è un padre e una madre”. Qualche settimana più tardi, il 15 maggio 2006, assicura che l’apertura del matrimonio a gay e lesbiche “sarà nel progetto del Partito Socialista ma” – aggiunge – “resta [da stabilire] come prospettarlo con una riforma che deve riunire la maggioranza dei francesi, rispettare le diverse opinioni e non essere oggetto di strumentalizzazione politica”. A quel punto, uno degli sfidanti alla candidatura socialista, Dominique Strauss-Kahn, ha buon gioco a dichiarare che Ségolène Royal “ha una visione senza dubbio più conservatrice della società, io sono più aperto”.
Non è un caso, quindi, che ancora oggi, in piena campagna presidenziale, su temi meno mediatizzati rispetto al matrimonio o all’adozione, dunque meno remunerativi dal punto di vista elettorale, Ségolène Royal dia prova di una prudenza che la stessa Inter-lgbt giudica “eccessiva”. Si tratta per esempio della possibilità, per le coppie formate da sole donne, di accedere all’inseminazione artificiale e alla fecondazione in vitro, giudicata non prioritaria dalla candidata socialista. Per quanto riguarda poi i diritti dei e delle transessuali, nessuna proposta arriva dalla pretendente all’Eliseo.
La candidata socialista riuscirà comunque a convincere elettori ed elettrici di sinistra a votare per lei? Quale sarà il peso dei richiami al voto utile che si sono moltiplicati in queste settimane? L’unico dato certo, per il momento, è che alla sede socialista e in quelle dei giornali che, come Libération, hanno apertamente sostenuto Royal, l’inquietudine cresce. Un sondaggio dell’IPSOS pubblicato oggi attribuisce a Sarkozy il 30% delle intenzioni di voto, mentre Royal è al 23%, tallonata da Bayrou al 18%. Numeri che valgono poco, anzi niente: a fare la differenza, infatti, sarà probabilmente quel 15% di elettori ancora indecisi.
Fonti: Chiennes de garde, Désirs d’avenir, Inter-lgbt, Le Figaro, Le Monde, Wikipedia.
Foto: Ségolène Royal (François, con licenza CC).
Ritratti precedenti: François Bayrou, Olivier Besancenot, José Bové, Marie-George Buffet, Arlette Laguiller, Jean-Marie Le Pen.
Ségolène Royal è una ex allieva della Scuola nazionale amministrativa che prende per la prima volta la tessera socialista nel 1978. È proprio sulla scia dell’elezione di François Mitterand alla Presidenza della Repubblica, nel 1981, che Royal riesce a fare carriera: nel 1982, infatti, entra a far parte della Segreteria generale dell’Eliseo, dove si occupa di gioventù e sport, poi di affari sociali e ambiente. Nel 1983 vorrebbe farsi eleggere al comune di Villers-sur-Mer, ma il sindaco di quella città si oppone. Royal si sceglie allora un altro posto, Trouville-sur-Mer. Ma quando finalmente riesce a diventare consigliera comunale d’opposizione, si fa presto dimenticare: prende la parola 8 volte soltanto ed è presente a 18 sedute su 39.
Nel 1988 viene eletta deputata, grazie all’intervento diretto di François Mitterand che la impone candidata del PS nel collegio delle Deux-Sèvres, nell’ovest della Francia. L’ascesa al potere continua e nei primi anni Novanta Royal diventa ministra dell’ambiente. Qualche tempo dopo la sua nomina, non esita a mediatizzare la propria condizione di prima neo-mamma ministra della storia francese, facendosi riprendere e intervistare nella camera dell’ospedale dove ha da poco partorito il suo quarto figlio. Successivamente, durante il governo di Lionel Jospin, otterrà prima la delega all’istruzione, poi quella alla famiglia e all’infanzia. Eletta nel 2002 per la quarta volta deputata, in quest’ultima legislatura Royal svolge all’Assemblée National solo due interventi in cinque anni e presenta solo due proposte di legge.
Accusata nel 1999 di non aver pagato tutto lo stipendio alle sue tre segretarie (la decisione definitiva della giustizia su questo caso non è ancora giunta), Royal è anche sospettata, insieme al suo compagno François Hollande, l’attuale segretario socialista, di dichiarare al fisco un patrimonio inferiore a quello realmente posseduto: il giornale satirico “Le canard enchaîné”, infatti, avrebbe scoperto che il valore dei beni immobili della coppia ammonterebbe a 1813 milioni di euro contro i novecentomila dichiarati.
Ségolène Royal sta conducendo una campagna che ai più appare artificiosa, totalmente dominata dal marketing elettorale, volutamente lontana dall’apparato socialista all’interno del quale ha trovato molti avversari sleali, pronti a dar fondo al peggior sessismo pur di eliminarla politicamente (“Non è un concorso di bellezza!”, ha affermato Jean Luc Melenchon, mentre il suo sfidante alle primarie, Laurent Fabius, si è chiesto: “Chi si occuperà dei bambini?”).
Dicono poi che le sue dichiarazioni, oltre a essere maldestre, rivelino anche la scarsa padronanza di alcuni temi importanti. Da quando, cinque mesi fa, Ségolène Royal vince le primarie del PS con il 60% dei voti (pari a circa centosettantottomila iscritti), le sue gaffes, in effetti, non si contano più: in visita in Cina, loda la rapidità della giustizia di quel paese; poi giustifica il muro costruito da Israele; strizza l’occhio alla destra quando parla di “ordine” (pur temperato dall’aggettivo “giusto”) e cerca il consenso dei nazionalisti con i suoi richiami al tricolore; infine non esita a lodare le aspirazioni indipendentiste del Québec mandando su tutte le furie il governo canadese.
Invano cerchereste, nel suo “Patto presidenziale” lanciato in grande stile l’11 febbraio scorso, qualche impegno serio ed articolato in materia di diritti glbt. Relegato al punto 87 del capitolo “La Presidente di una nuova Repubblica”, si trova l’imperativo: “Garantire l’uguaglianza dei diritti per le coppie formate da persone dello stesso sesso”. Benissimo, ma come? Si è incaricata di chiederglielo la federazione di associazioni francesi Inter-lgbt, alla quale Ségolène Royal ha risposto di voler far approvare contestualmente, in un unico testo legislativo da presentare “rapidamente”, l’apertura del matrimonio e dell’adozione alle coppie formate da gay o da lesbiche. Al tempo stesso, s’impegna a migliorare il Pacs e a respingere qualsiasi tentativo di istituire unioni civili ad hoc per gli e le omosessuali.
Nonostante l’apparenza, si può avanzare più di un dubbio sulla sincerità di tali propositi, vista la retorica, attenta ai valori tradizionali e alla famiglia intesa come nucleo eterosessuale, che la candidata socialista utilizza spesso e volentieri. Non andrebbe dimenticato, inoltre, che fino a quando la convenienza elettorale non le ha imposto una svolta, Royal ha sempre trattato con sdegno le rivendicazioni del movimento glbt francese. “Avere delle opinioni prudenti sul matrimonio omosessuale è legittimo e rispettabile,” – dichiara a Le Monde il 12 maggio 2004 – “non vuol dire essere omofobi o reazionari”. E ancora: “Se si tratta di fare una provocazione ingiustificata contro le convinzioni familiari e religiose, allora no”. Non paga, il 23 febbraio 2006 si lancia in un’ambigua distinzione: “Preferisco la parola ‘unione’ a ‘matrimonio’, per non rovesciare i simboli tradizionali; la famiglia è un padre e una madre”. Qualche settimana più tardi, il 15 maggio 2006, assicura che l’apertura del matrimonio a gay e lesbiche “sarà nel progetto del Partito Socialista ma” – aggiunge – “resta [da stabilire] come prospettarlo con una riforma che deve riunire la maggioranza dei francesi, rispettare le diverse opinioni e non essere oggetto di strumentalizzazione politica”. A quel punto, uno degli sfidanti alla candidatura socialista, Dominique Strauss-Kahn, ha buon gioco a dichiarare che Ségolène Royal “ha una visione senza dubbio più conservatrice della società, io sono più aperto”.
Non è un caso, quindi, che ancora oggi, in piena campagna presidenziale, su temi meno mediatizzati rispetto al matrimonio o all’adozione, dunque meno remunerativi dal punto di vista elettorale, Ségolène Royal dia prova di una prudenza che la stessa Inter-lgbt giudica “eccessiva”. Si tratta per esempio della possibilità, per le coppie formate da sole donne, di accedere all’inseminazione artificiale e alla fecondazione in vitro, giudicata non prioritaria dalla candidata socialista. Per quanto riguarda poi i diritti dei e delle transessuali, nessuna proposta arriva dalla pretendente all’Eliseo.
La candidata socialista riuscirà comunque a convincere elettori ed elettrici di sinistra a votare per lei? Quale sarà il peso dei richiami al voto utile che si sono moltiplicati in queste settimane? L’unico dato certo, per il momento, è che alla sede socialista e in quelle dei giornali che, come Libération, hanno apertamente sostenuto Royal, l’inquietudine cresce. Un sondaggio dell’IPSOS pubblicato oggi attribuisce a Sarkozy il 30% delle intenzioni di voto, mentre Royal è al 23%, tallonata da Bayrou al 18%. Numeri che valgono poco, anzi niente: a fare la differenza, infatti, sarà probabilmente quel 15% di elettori ancora indecisi.
Fonti: Chiennes de garde, Désirs d’avenir, Inter-lgbt, Le Figaro, Le Monde, Wikipedia.
Foto: Ségolène Royal (François, con licenza CC).
Ritratti precedenti: François Bayrou, Olivier Besancenot, José Bové, Marie-George Buffet, Arlette Laguiller, Jean-Marie Le Pen.
2 commenti:
Ciao, non penso che tutto ciò che hai scritto sia proprio esatto. Non è possibile affermare che "le sue gaffes non si contano più". Un Uomo politico non può sapere tutto.Inoltre, perché non parli delle parole scandalose di Sarkozy? Poi, penso che tu non capisca il simbolo e il senso del tricolore...E' esattamente in opposizione con la destra di Sarkozy e il suo nazionalismo! E' un' aspirazione a una vera repubblica, quella degli anni 1790, quella delle libertà et della giustiza. Possiamo piuttosto parlare di patriotismo sano, che si apre al estero e che non lo butta via (come un certo Sarkozy)..
Perché odiarla tanto mentre l'altro sta preparando una catastrofa nel mio paese? Non capirò mai.
Mathilde, in diretta della Francia
Mathilde, guarda che io non "odio" Royal, cercavo solo di farne un ritratto piu' umano, mettendone in luce contraddizioni ed errori. Penso anche (lo pensavo anche prima dei risultati) che non fosse la candidata che meglio rappresentava la mia posiziaone (di sinistra). Anch'io penso che uomini e donne in politica non siano obbligati a conoscere qualsiasi cosa, e che le presidenziali non sono un quiz televisivo. Ma, soprattuto quando non sono sollecitati dai giornalisti, i/le candidat* farebbero meglio a tacere piuttosto che dire sciocchezze.
Per quanto riguarda Sarkozy, leggi il mio blog con piu' attenzione: c'e' un ritratto che lo riguarda e alcuni altri post per niente teneri nei suoi confronti. Ti risultera' piu' chiara la mia distanza dalle sue idee e anche la mia preoccupazione per la "catastrofe" che sta preparando per il tuo paese (che un po' e' anche il mio...).
Gabriele in diretta da Lisbona (ancora per poco).
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