Catania Pride 2008 - 5 luglio

21 aprile 2007

Ritratti in rosa - Nicolas Sarkozy, il carabiniere

Se dovessi dire quel è l’appello al voto che ho trovato più divertente, molto probabilmente darei la palma a quello di GayLib. Nel suo comunicato, velato da una comicità indubbiamente involontaria, il gruppo omosessuale in seno al partito maggioritario di destra (l’Union pour un Mouvement Populaire, UMP) “invita i gay e le lesbiche, le loro famiglie e i loro amici, a non fidarsi della troppo recente ed ipocrita ‘omofofilia’ della candidata socialista e a dubitare delle proposte ambigue ed incerte del candidato centrista”. Come dargli torto? Il meglio, però, viene dopo: “Con Nicolas Sarkozy, continuiamo a far avanzare la causa dei gay e delle lesbiche, concretamente, rapidamente e senza scossoni”. E qui, davvero, una bella risata scappa inevitabilmente.
Nicolas Sarkozy, classe 1955, è figlio di un immigrato ungherese. Di formazione avvocato, si impegna in politica fin da giovanissimo. A 19 anni si iscrive all’UDR, due anni più tardi aderisce al nuovo partito di destra, l’RPR. Nel 1977 viene eletto consigliere comunale a Neuilly-sur-Seine, città della prima periferia di Parigi, zona residenziale. Nel 1980 presiede il comitato giovanile di sostegno alla candidatura di Jacques Chirac, ma quest’ultimo viene sconfitto l’anno successivo da François Mitterand. A 28 anni diventa sindaco di Neuilly, a 34 entra all’Assemblée Nationale (l’equivalente della nostra Camera dei Deputati) e a 38 viene nominato ministro dal premier Edouard Balladur, altro esponente di spicco dell’RPR. Sarkozy trova allora in Balladur un nuovo mentore al quale giurare fedeltà, tanto che nel 1995 lo appoggia pubblicamente nella campagna presidenziale contro Jacques Chirac. Purtroppo per lui, però, ha puntato sul cavallo sbagliato: è Chirac a farcela e Sarkozy deve dire addio alle poltrone ministeriali. Alle successive elezioni europee, nel 1999, l’RPR crolla. A portarlo a quella sonora sconfitta, manco a dirlo, è proprio lui, l’avvocato quarantaquattrenne, figlio di un immigrato ungherese. Sarkozy decide che è ora di ritirarsi a vita privata. E di dedicarsi agli amici, magari a quelli che sono stati suoi testimoni alle seconde nozze celebrate nel 1996: Martin Bouygues, presidente di un importantissimo gruppo operante nel settore delle telecomunicazioni e delle costruzioni, e Bernard Arnault, azionista di maggioranza del gruppo LVMH (Louis Vuitton-Moët Hennessy), leader mondiale del lusso e della moda.
L’allontanamento dalle leve del potere, comunque, dura pochissimo. Già nel 2002, Sarkozy è rieletto deputato. Alle presidenziali dello stesso anno sostiene Chirac, sperando così di poter essere promosso primo ministro. Niente da fare, Jacques gode di buona memoria e, al suo posto, nomina Jean-Pierre Raffarin. Sarkozy deve “accontentarsi” della poltrona di ministro dell’Interno e fa parlare di sé estendendo la schedatura del DNA a qualsiasi persona sospettata di aver commesso un delitto, anche in assenza di prove. Successivamente, viene nominato ministro dell’Economia.
Allorché, nel 2004, lascia intendere di ambire alla Presidenza della Repubblica e allo stesso tempo di voler guidare il partito di destra nato sulle ceneri dell’RPR, cioè l’attuale UMP, Chirac va in televisione a porgli un aut aut: o il ministero o la presidenza del partito. “Io decido e lui esegue”, dichiara contestualmente il presidente della Repubblica, tanto per far capire di quanta stima e simpatia l’ometto di Neuilly goda presso l’illustre inquilino dell’Eliseo. A quel punto, subito dopo essere stato eletto a capo dell’UMP, Sarkozy lascia il governo.
Il diktat di Chirac, però, non può reggere allo sfrenato arrivismo del suo rivale. Nel 2005 Sarkozy è nominato per la seconda volta ministro dell’Interno ed è allora che si gioca ogni carta, dando fondo a tutte le riserve di populismo disponibili e non risparmiando nessun colpo, seguito in ogni uscita eclatante o in ogni pur minima dichiarazione da stormi di telecamere. L’immagine di Sarkozy poliziotto, di Nicolas protettore, dell’uomo di destra travestito da salvatore della Francia, si vende benissimo.
La parola chiave per comprendere il personaggio è “sicurezza”. La tecnica è semplice, ma efficace: coltivare la paura della gente e suscitare sgomento, per assumere poi il ruolo dell’inflessibile paladino della legge e dell’ordine. Prendete le periferie, per esempio. A cosa è servita la visita di Sarkozy alla Courneuve dopo la morte di un bambino di undici anni, ucciso da un proiettile vagante, se non all’autopromozione del ministro dell’interno a suon di roboanti dichiarazioni? “I manigoldi spariranno” – dice impavido davanti alle decine di giornalisti – “metterò gli effettivi che servono, ma ripulirò il quartiere”. “Con gli idranti”, aggiunge dieci giorni dopo, di nuovo alla Courneuve, come se si trattasse di spazzatura e non di persone. Il 26 ottobre 2005, invece, Sarkozy si reca ad Argenteuil. Rivolto a una signora che lo ha interpellato, riferendosi ad alcuni abitanti del quartiere, il ministro dell’Interno esclama: “Ne ha abbastanza, eh? Ne ha abbastanza di questo mucchio di feccia? Beh, glielo toglieremo di torno!”. Il giorno dopo, due adolescenti di Clichy-sous-Bois moriranno elettrizzati nei locali di un trasformatore dove si sono rifugiati per sfuggire a un controllo della polizia. Delle rivolte violentissime scoppiano nelle banlieues parigine e poi in provincia. Sarkozy non indietreggia nemmeno dinanzi al dramma, anzi, aggiunge che contro i responsabili delle violenze applicherà la tolleranza zero e che i sans-papiers che hanno partecipato agli scontri saranno espulsi.
Il documentario di Karl Zéro “Ségo et Sarko sont en bateau”, mostra uno dei numerosi tentativi dell’esponente dell’UMP di farsi ritrarre, dai media che l’accompagnano, come un politico sensibile alle esigenze dei cittadini. Ma quella volta gli va male: “Come va?”, chiede sorridente ad alcuni viaggiatori su un treno. “Bene, bene”, dice una passeggera guardandolo stupita. “Mah, bene... mica tanto, no?”, continua Sarkozy. “No, no, va tutto bene”, risponde ancora la donna, dopo aver esitato un po’. “Ma ha paura?”, insiste il ministro dell’Interno. La poveretta, che ormai avrà indovinato dove stia andando a parare la celebrità che le sta di fronte, dice solo: “No”. Un altro gli lancia: “Dev’essere la prima volta che sale su un treno! La differenza fra me e lei è che io questo treno lo prendo da trent’anni”.
Altre “grandi imprese” del candidato Sarkozy, a casaccio: l’“immigrazione scelta” contro l’“immigrazione subita” e cioè la limitazione dei permessi di soggiorno, la minaccia di cacciare dal territorio francese i figli minorenni di sans-papiers che frequentano regolarmente la scuola, l’espulsione verso i loro rispettivi paesi di due giovani, di cui una si trova adesso in prigione in Ciad e l’altro è stato condannato a morte dall’esercito dello Sri Lanka, il tentativo di scegliere tra immigrati “buoni” (quelli che possono svolgere lavori richiesti in Francia) da quelli “cattivi” (non utilizzabili, non sfruttabili a piacimento); il ritiro di alcuni permessi per lavorare all’aeroporto di Roissy ad alcuni inservienti sospettati di collusione col terrorismo solo in base alle loro pratiche religiose o alle loro idee politiche; un progetto di legge che prevede il controllo delle turbe del comportamento fin dalla più tenera età e il divieto di diffondere in internet scene di violenza, compresa quella commessa eventualmente dalla polizia a danno di cittadini.
Nicolas Sarkozy detiene quindi un sinistro primato, quello di aver infranto quel tabù che impediva a qualsiasi politico democratico di chiedere i voti del Front National di Jean-Marie Le Pen. Certo, Sarkozy evita accuratamente di sollecitare esplicitamente la dirigenza di quel partito ad allinearsi sulle sue posizioni, ma asseconda ripetutamente alcuni bassi istinti dell’estrema destra come quando, a un meeting, riprendendo la formula del capo dell’FN, fomenta l’odio contro gli immigrati: “Se c’è qualcuno che non ama la Francia” – dice – “che si accomodi, non lo tratterremo!”.
Coerente con una visione dello Stato di tipo poliziesco, dove è preminente l’idea dell’“ordine in movimento” (slogan coniato per contrapporlo all’“ordine giusto” di Ségolène Royal), mentre sembra voler concedere qualche diritto minimo ai gay e alle lesbiche francesi, Nicolas Sarkozy prepara in realtà il terreno per una discriminazione ancora più grande. Il candidato della destra, infatti, non intende aprire l’istituzione matrimoniale anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ma vuole creare una “nuova forma di unione civile”, chiamata semplicemente “unione”, caratterizzata dagli stessi doveri (e le stesse rigidità) del matrimonio, ma con meno diritti: “Penso che il modello familiare si organizzi intorno a un padre e a una madre”, dichiara Sarkozy, escludendo quindi che gay e lesbiche possano adottare. E, quando gli chiedono se l’“unione” sarà aperta anche alle coppie eterosessuali, oltre al danno aggiunge la beffa: “Non facciamo gli ipocriti. Quale interesse avrebbero le coppie eterosessuali a sottoscrivere un’unione piuttosto che un matrimonio?”. Secondo le associazioni gay e lesbiche riunite nella federazione Inter-lgbt, l’“unione” non è nient’altro che “un ‘submatrimonio’ per una categoria precisa della popolazione, una scelta stigmatizzante [...] che non potremo sostenere se dovesse essere un giorno presentata al parlamento”. Inoltre, nelle intenzioni di Sarkozy, il Pacs sarà abrogato. “Quello che propone” il candidato della destra, secondo l’Inter-lgbt, “è molto inquietante. [...] Più di cinquecentomila persone (probabilmente seicentomila alla fine di quest’anno) saranno costrette a scegliere se sposarsi, e quindi ritrovarsi con degli obblighi che non desideravano avere nel momento in cui si sono pacsate, o sciogliere il proprio Pacs e perdere quindi i diritti afferenti. Inoltre” – aggiunge l’Inter-lgbt – “dal primo giorno di applicazione di questa riforma, nessuna coppia potrebbe più pacsarsi. Sarebbe un vero e proprio passo indietro per la società”.
Attento a non ferire la sensibilità del suo elettorato conservatore, Sarkozy si oppone anche alla concessione dell’inseminazione artificiale e della fecondazione in vitro alle coppie di lesbiche, così come rifiuta di prendere posizione sulle soluzioni già adottate altrove per rendere più agevole la vita dei e delle transessuali, come il cambio del sesso anagrafico anche in assenza dell’operazione chirurgica per il cambiamento di sesso anatomico.
Per quanto riguarda poi l’efficacia delle misure prese dall’ex ministro dell’Interno per prevenire le discriminazioni in seno alle forze dell’ordine, l’associazione dei poliziotti gay e delle poliziotte lesbiche (FLAG) contesta il bilancio di Sarkozy e ricorda che “il problema dell’omofobia continua a esistere senza che si registri alcuna reazione da parte della gerarchia”.
Che ne sarà, poi, del grande tema della prevenzione in materia di Aids e di altre malattie a trasmissione sessuale? L’associazione ActUp critica la politica di Sarkozy, colpevole di aver penalizzato “le minoranze più esposte all’epidemia, cioè prostitute, tossicodipendenti, giovani, stranieri”, e punta il dito contro la sua volontà di riformare il sistema sanitario e di sopprimere gli aiuti statali per i sans-papiers malati. “Se il candidato dell’UMP sarà eletto” – afferma un comunicato dell’associazione – tra le altre cose, si assisterà a una “restrizione dell’accesso alle cure per i malati più precari”, sarà rimesso in discussione l’attuale rimborso dell’intero costo della cura per i sieropositivi da parte dello Stato, e “i malati saranno espulsi verso paesi nei quali moriranno per mancanza di cure”.
Infine, una grossa polemica è scoppiata in piena campagna elettorale, a proposito di alcune affermazioni di Sarkozy circa l’origine genetica della pedofilia. Mescolando piani diversi, il candidato della destra scaraventa nella discussione anche l’omosessualità, che, secondo lui, avrebbe un’origine innata e non acquisita (“quando ero bambino,” – dichiara – “ho sentito giudizi molto scioccanti a proposito di un giovane che era omosessuale: ‘sua madre l’ha fatto dormire nel suo letto’, ‘sua madre gli comprava delle bambole’ [...]. Bisogna smetterla di colpevolizzare”). “Certo, Nicolas Sarkozy contraddice la Chiesa cattolica che giudica l’omosessualità come un comportamento deviante e rettificabile, distinto dall’identità” – afferma un duro comunicato dell’Inter-lgbt emesso il 13 aprile scorso – “ma lo fa per rafforzare una dubbia teoria, [...] come se gli omosessuali costituissero un problema tale da richiedere una causa scientifica che non scarichi la ‘colpa’ sui genitori”. “Nella Francia di Sarkozy gli uomini e le donne non sono responsabili, ma determinati geneticamente” – ha dichiarato il candidato no global José Bové – “Questa si chiama eugenetica e richiama un mondo dove gli uomini potrebbero essere selezionati in base a criteri genetici”. Per il genetista Axel Kahn, le affermazioni di Sarkozy sull’origine innata della pedofilia “non hanno senso”. “Tutte le attuali conoscenze delle relazioni tra l’innato e l’acquisito, tra la natura e la cultura, mostrano che ci sono delle interazioni reciproche e continue tra i geni e l’ambiente e che sono queste interazioni” – sottolinea il biologo Jean-Claude Ameisen – “a contribuire alla costruzione progressiva di una persona. E il primo ambiente nelle collettività umane sono gli altri!”.
Sfortunatamente, e nonostante tutto questo, stando ai sondaggi che potevano circolare fino a ieri, Nicolas Sarkozy sarebbe in testa nei pronostici di questo primo turno. Quasi impossibile che si sbaglino? Io, in ogni caso, incrocio le dita.

Fonti: ActUp Paris, Inter-lgbt, Le Figaro, Le Monde, Libération, Wikipedia.

Foto: dall’alto in basso, Nicolas Sarkozy (François, con licenza CC); una militante di ActUp incolla un manifesto contro Sarkozy (Jef Baecker, ActUp Paris).

Ritratti precedenti: François Bayrou, Olivier Besancenot, José Bové, Marie-George Buffet, Arlette Laguiller, Jean-Marie Le Pen, Ségolène Royal.

2 commenti:

Barbara Tampieri ha detto...

Sarkozy nun me piace.

Gabriele ha detto...

Neppure a me... si era capito? :-)