Ritratti in rosa - Marie-George Buffet, comunista e fiera di esserlo
È il 5 giugno 2004. Il leader dei Verdi Noël Mamère celebra ufficialmente, in qualità di sindaco di Bègles, un matrimonio tra due uomini. Immediatamente scoppia in Francia una polemica senza precedenti, che offre il pretesto per un dibattito troppo a lungo represso. Il fracasso mediatico è enorme, grande almeno quanto la sfida lanciata da Mamère alla legge, che ancora non permette la piena uguaglianza tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali. In quei giorni caldi, una delle voci che non manca di farsi sentire è quella della figura più autorevole del Partito Comunista Francese. È una donna, si chiama Marie-George Buffet, ed è segretaria da circa tre anni. Esprime la propria solidarietà e il proprio sostegno a Mamère, si dice convinta che il matrimonio deve essere aperto anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso; se poi queste potranno anche adottare, si vedrà. Una piccola incertezza, quest’ultima, che la segretaria del PCF mostra di aver oggi completamente superato: “Ciò che è concesso agli etero lo sia anche agli omosessuali”, è il suo slogan.
La carriera di Marie-George Buffet si è snodata intorno ai due assi tipici, quello dell’apparato di partito e quello delle istituzioni. Quando, nel 1969, s’iscrive per la prima volta al PCF, Buffet è studentessa e al tempo stesso lavora come impiegata del comune di Plessis-Robinson. Ha vent’anni. Si fa le ossa al sindacato degli studenti, l’UNEF, poi, nel 1977, è nominata assessora comunale a Châtenay-Malabry. Nel 1987 entra a far parte del Comitato centrale del partito e nel 1994 diventa membro del Bureau national. Membro della Segreteria dal 1997, quello stesso anno Marie-George Buffet viene eletta deputata. Al potere sbarca la gauche plurielle, l’alleanza tra socialisti, comunisti e verdi, uscita vittoriosa dalla prova delle urne. Il premier Lionel Jospin la nomina ministro della gioventù e dello sport, carica che ricoprirà per cinque anni, fino al 2002. Nel frattempo, il trentunesimo congresso la elegge Segretaria nazionale. Si spende allora per allargare gli orizzonti del suo partito a una “sinistra popolare”, aprendo ai movimenti della società civile. L’11 maggio 2005, il PCF firma l’appello dei collettivi antiliberali per un’alleanza di tutta la sinistra radicale, diciotto giorni prima della vittoria che questi stessi gruppi riporteranno nelle urne del referendum sulla Costituzione europea, dove prevale il No.
Eppure, di quello spirito unitario oggi sembra rimanere molto poco. Marie-George Buffet è solo testimone della frammentazione della sinistra francese o, insieme al suo partito, ne è anche artefice? È quest’ultima accusa quella che brucia di più, quella che le viene sempre mossa da quando, il 20 dicembre scorso, la maggioranza dei circa settecento collettivi antiliberali sparsi sul territorio francese, l’ha eletta candidata alle elezioni presidenziali. Ciò che le è mancato, infatti, è stato l’appoggio del Collettivo nazionale, presso il quale Buffet non ha riscosso i consensi necessari, sospettata com’è di non disdegnare un ritorno al governo insieme ai socialisti. A quel punto, con grande scorno dei militanti, per il progetto di una candidatura unica è suonato il requiem. Tuttavia la segretaria del PCF, come del resto gli altri candidati della sinistra radicale, nella sua campagna si sforza di apparire come la portavoce di tutti i gruppi e i partiti che si oppongono al liberalismo e alla mondializzazione così come è concepita oggi.
In questo quadro, un posto di tutto rispetto Marie-George Buffet lo riserva alle politiche glbt: “Le discriminazioni si sommano l’una all’altra e tutte e tutti abbiamo qualcosa da guadagnare nel contrastarle” – afferma la segretaria del PCF – “poiché alla fine sono le classi popolari, i lavoratori dipendenti, le persone più fragili che patiscono di più il sessismo, il razzismo o l’omofobia”. “È un dramma umano indicibile!” – esclama a proposito del suicidio dei gay e delle lesbiche – “come volete sentirvi fieri e fiere di voi quando vi si dice che siete un pericolo per l’umanità? O sentirvi parte integrante della società quando dei politici possono permettersi ogni tipo di stigmatizzazione?”. Concretamente, la candidata comunista propone allora una legge contro l’omofobia (che Buffet ha già presentato in questa legislatura), la formazione per gli insegnanti, la modificazione dei programmi scolastici e la creazione di un corpo speciale d’ispettori “che abbiano accesso ovunque vi siano discriminazioni evidenti (nei luoghi di lavoro, nell’assegnazione degli alloggi, nei luoghi di svago, eccetera) e possano sanzionare chi discrimina”.
Il sì più importante, però, Marie-George Buffet lo pronuncia a proposito dell’apertura del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, della possibilità per queste coppie di adottare, del pieno riconoscimento dell’omogenitorialità, tema, quest’ultimo, sul quale conduce un ragionamento assai realista: “Comunque la si metta, i gay e le lesbiche non hanno aspettato l’autorizzazione dello Stato per fare bambini e allevarli. Spesso con molto coraggio e tenacità, poiché devono affrontare ogni giorno un’amministrazione puntigliosa. È per questo che credo si debba [...] adattare lo Stato e i suoi servizi ai nuovi modelli familiari: monoparentali, omogenitoriali, ricomposti...”.
Di fronte al problema della mai sopita diffusione dell’HIV, Marie-George Buffet è favorevole a delle campagne d’informazione da effettuarsi con regolarità: “I giovani che scoprono oggi la loro sessualità, non hanno mai visto le immagini dei malati di Aids come è successo a noi negli anni 80, e possono avere l’impressione che sia una malattia ormai superata. Allora” – aggiunge la segretaria del PCF – “parliamo dei preservativi maschili e femminili, che restano le migliori protezioni contro la diffusione della malattia. E siamo espliciti nelle campagne informative, i giovani possono e devono capire”.
Certo, ammette infine Marie-George Buffet, “il Partito comunista non ha avuto una posizione lineare sulla questione delle minoranze sessuali, che non sempre sono state trattate con il rispetto che meritano. Tuttavia” – aggiunge orgogliosa – “il nostro non è un cambiamento improvviso. È da più di quindici anni che il PCF lavora su tali questioni”. La candidata comunista dice di non voler chiedere i voti dei gay e delle lesbiche in quanto tali “anche perché” – afferma – “non credo affatto che esista un voto omosessuale. Il mio programma si rivolge a tutte le cittadine e a tutti i cittadini che vogliono cambiare stabilmente la Francia, introdurre una novità a sinistra e battere la destra per molto tempo”.
L’unico dubbio che sorge legittimo, è se si possa davvero ambire a farlo con quel 3% che i sondaggi le assegnano o se non era il caso, come molti esponenti della sinistra radicale le avevano chiesto, di farsi da parte e lavorare per una candidatura davvero unitaria. La sentenza è fissata per il 22 aprile.
Fonti: Le Monde, Têtu, Wikipedia.
Foto: Marie-George Buffet (François, con licenza CC).
Ritratti precedenti: François Bayrou, Olivier Besancenot, José Bové.
La carriera di Marie-George Buffet si è snodata intorno ai due assi tipici, quello dell’apparato di partito e quello delle istituzioni. Quando, nel 1969, s’iscrive per la prima volta al PCF, Buffet è studentessa e al tempo stesso lavora come impiegata del comune di Plessis-Robinson. Ha vent’anni. Si fa le ossa al sindacato degli studenti, l’UNEF, poi, nel 1977, è nominata assessora comunale a Châtenay-Malabry. Nel 1987 entra a far parte del Comitato centrale del partito e nel 1994 diventa membro del Bureau national. Membro della Segreteria dal 1997, quello stesso anno Marie-George Buffet viene eletta deputata. Al potere sbarca la gauche plurielle, l’alleanza tra socialisti, comunisti e verdi, uscita vittoriosa dalla prova delle urne. Il premier Lionel Jospin la nomina ministro della gioventù e dello sport, carica che ricoprirà per cinque anni, fino al 2002. Nel frattempo, il trentunesimo congresso la elegge Segretaria nazionale. Si spende allora per allargare gli orizzonti del suo partito a una “sinistra popolare”, aprendo ai movimenti della società civile. L’11 maggio 2005, il PCF firma l’appello dei collettivi antiliberali per un’alleanza di tutta la sinistra radicale, diciotto giorni prima della vittoria che questi stessi gruppi riporteranno nelle urne del referendum sulla Costituzione europea, dove prevale il No.
Eppure, di quello spirito unitario oggi sembra rimanere molto poco. Marie-George Buffet è solo testimone della frammentazione della sinistra francese o, insieme al suo partito, ne è anche artefice? È quest’ultima accusa quella che brucia di più, quella che le viene sempre mossa da quando, il 20 dicembre scorso, la maggioranza dei circa settecento collettivi antiliberali sparsi sul territorio francese, l’ha eletta candidata alle elezioni presidenziali. Ciò che le è mancato, infatti, è stato l’appoggio del Collettivo nazionale, presso il quale Buffet non ha riscosso i consensi necessari, sospettata com’è di non disdegnare un ritorno al governo insieme ai socialisti. A quel punto, con grande scorno dei militanti, per il progetto di una candidatura unica è suonato il requiem. Tuttavia la segretaria del PCF, come del resto gli altri candidati della sinistra radicale, nella sua campagna si sforza di apparire come la portavoce di tutti i gruppi e i partiti che si oppongono al liberalismo e alla mondializzazione così come è concepita oggi.
In questo quadro, un posto di tutto rispetto Marie-George Buffet lo riserva alle politiche glbt: “Le discriminazioni si sommano l’una all’altra e tutte e tutti abbiamo qualcosa da guadagnare nel contrastarle” – afferma la segretaria del PCF – “poiché alla fine sono le classi popolari, i lavoratori dipendenti, le persone più fragili che patiscono di più il sessismo, il razzismo o l’omofobia”. “È un dramma umano indicibile!” – esclama a proposito del suicidio dei gay e delle lesbiche – “come volete sentirvi fieri e fiere di voi quando vi si dice che siete un pericolo per l’umanità? O sentirvi parte integrante della società quando dei politici possono permettersi ogni tipo di stigmatizzazione?”. Concretamente, la candidata comunista propone allora una legge contro l’omofobia (che Buffet ha già presentato in questa legislatura), la formazione per gli insegnanti, la modificazione dei programmi scolastici e la creazione di un corpo speciale d’ispettori “che abbiano accesso ovunque vi siano discriminazioni evidenti (nei luoghi di lavoro, nell’assegnazione degli alloggi, nei luoghi di svago, eccetera) e possano sanzionare chi discrimina”.
Il sì più importante, però, Marie-George Buffet lo pronuncia a proposito dell’apertura del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, della possibilità per queste coppie di adottare, del pieno riconoscimento dell’omogenitorialità, tema, quest’ultimo, sul quale conduce un ragionamento assai realista: “Comunque la si metta, i gay e le lesbiche non hanno aspettato l’autorizzazione dello Stato per fare bambini e allevarli. Spesso con molto coraggio e tenacità, poiché devono affrontare ogni giorno un’amministrazione puntigliosa. È per questo che credo si debba [...] adattare lo Stato e i suoi servizi ai nuovi modelli familiari: monoparentali, omogenitoriali, ricomposti...”.
Di fronte al problema della mai sopita diffusione dell’HIV, Marie-George Buffet è favorevole a delle campagne d’informazione da effettuarsi con regolarità: “I giovani che scoprono oggi la loro sessualità, non hanno mai visto le immagini dei malati di Aids come è successo a noi negli anni 80, e possono avere l’impressione che sia una malattia ormai superata. Allora” – aggiunge la segretaria del PCF – “parliamo dei preservativi maschili e femminili, che restano le migliori protezioni contro la diffusione della malattia. E siamo espliciti nelle campagne informative, i giovani possono e devono capire”.
Certo, ammette infine Marie-George Buffet, “il Partito comunista non ha avuto una posizione lineare sulla questione delle minoranze sessuali, che non sempre sono state trattate con il rispetto che meritano. Tuttavia” – aggiunge orgogliosa – “il nostro non è un cambiamento improvviso. È da più di quindici anni che il PCF lavora su tali questioni”. La candidata comunista dice di non voler chiedere i voti dei gay e delle lesbiche in quanto tali “anche perché” – afferma – “non credo affatto che esista un voto omosessuale. Il mio programma si rivolge a tutte le cittadine e a tutti i cittadini che vogliono cambiare stabilmente la Francia, introdurre una novità a sinistra e battere la destra per molto tempo”.
L’unico dubbio che sorge legittimo, è se si possa davvero ambire a farlo con quel 3% che i sondaggi le assegnano o se non era il caso, come molti esponenti della sinistra radicale le avevano chiesto, di farsi da parte e lavorare per una candidatura davvero unitaria. La sentenza è fissata per il 22 aprile.
Fonti: Le Monde, Têtu, Wikipedia.
Foto: Marie-George Buffet (François, con licenza CC).
Ritratti precedenti: François Bayrou, Olivier Besancenot, José Bové.
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