La Catalogna d'inverno - 3
Sabato 30 dicembre, quando abbiamo pranzato, cioè intorno alle due e mezza, la madre di J. ci ha dato la notizia dell’attentato dell’Eta all’aeroporto di Madrid-Barajas. A causa dello scoppio di un'autobomba, mentre scrivo risultano ancora dispersi (cioè probabilmente morti) due cittadini ecuatoriani. L’avvenimento è stato così importante che tutti i notiziari lo hanno trattato prioritariamente, relegando in secondo piano l’esecuzione di Saddam Hussein.
“Questo è il miglior regalo de los reyes [i re Magi, festa in Spagna] per Mariano Rajoy”, ci hanno detto senza troppe esitazioni e all’unisono J. e T., ma anche la sorella di quest’ultimo, quando l’abbiamo incontrata la sera successiva. In effetti il principale leader dell’opposizione di destra e attuale segretario del PP, si è sempre mostrato molto critico verso il processo di pace aperto dal governo di Zapatero dopo che l’Eta aveva dichiarato, il 22 marzo 2006, il cessate il fuoco permanente. Mariano Rajoy sa bene che l’unico tallone d’Achille di Zapatero, a poco più di un anno dalle prossime elezioni politiche, sono proprio i passi mossi dal governo verso l’Eta, ed è sul fallimento di quel processo – per ora momentaneo – che intende puntare.
“Ho dato ordine di sospendere tutte le iniziative volte a stabilire il dialogo con l’Eta” – ha dichiarato Zapatero nel pomeriggio di sabato scorso – “Quello di oggi è il passo più sbagliato e inutile che i terroristi potessero fare. Oggi non hanno ottenuto nulla,” – ha aggiunto – “se non provocare dolore e manifestare la loro incapacità di vivere in pace e in libertà”.
Nessuno poteva nutrire l’illusione che questo processo sarebbe stato facile e breve, tanto più che una certa ripresa dell’attività dell’Eta nei mesi scorsi lo aveva già messo seriamente in crisi. Eppure, dalla riunione del 15 e 16 dicembre tra rappresentanti del governo e della banda basca, i socialisti era usciti convinti che il cessate il fuoco avrebbe retto. Il governo, ancora recentemente, aveva respinto tutte le rivendicazioni dell’Eta (tra le quali l’autodeterminazione dei Paesi Baschi e l’annessione della Navarra a questi ultimi), ma era sicuro, come aveva dichiarato Zapatero appena venti ore prima dell’attentato durante la conferenza stampa di fine anno, che, pur in assenza di progressi, il dialogo sarebbe continuato.
Zapatero esce decisamente indebolito da questo avvenimento ma, almeno secondo T. e J., chi parla della fine del dialogo con i terroristi, si sbaglia. Quello di sabato scorso sarebbe allora da interpretare come un avvertimento da parte dell’Eta per incalzare il governo, oppure il gesto di un gruppo non controllato dalla dirigenza indipendentista e contrario alle trattative. L’unico risultato che hanno ottenuto, per il momento, è l’irrigidimento del loro principale interlocutore e l’allontanamento di una soluzione definitiva per l’ormai pluridecennale questione basca.
“Questo è il miglior regalo de los reyes [i re Magi, festa in Spagna] per Mariano Rajoy”, ci hanno detto senza troppe esitazioni e all’unisono J. e T., ma anche la sorella di quest’ultimo, quando l’abbiamo incontrata la sera successiva. In effetti il principale leader dell’opposizione di destra e attuale segretario del PP, si è sempre mostrato molto critico verso il processo di pace aperto dal governo di Zapatero dopo che l’Eta aveva dichiarato, il 22 marzo 2006, il cessate il fuoco permanente. Mariano Rajoy sa bene che l’unico tallone d’Achille di Zapatero, a poco più di un anno dalle prossime elezioni politiche, sono proprio i passi mossi dal governo verso l’Eta, ed è sul fallimento di quel processo – per ora momentaneo – che intende puntare.
“Ho dato ordine di sospendere tutte le iniziative volte a stabilire il dialogo con l’Eta” – ha dichiarato Zapatero nel pomeriggio di sabato scorso – “Quello di oggi è il passo più sbagliato e inutile che i terroristi potessero fare. Oggi non hanno ottenuto nulla,” – ha aggiunto – “se non provocare dolore e manifestare la loro incapacità di vivere in pace e in libertà”.
Nessuno poteva nutrire l’illusione che questo processo sarebbe stato facile e breve, tanto più che una certa ripresa dell’attività dell’Eta nei mesi scorsi lo aveva già messo seriamente in crisi. Eppure, dalla riunione del 15 e 16 dicembre tra rappresentanti del governo e della banda basca, i socialisti era usciti convinti che il cessate il fuoco avrebbe retto. Il governo, ancora recentemente, aveva respinto tutte le rivendicazioni dell’Eta (tra le quali l’autodeterminazione dei Paesi Baschi e l’annessione della Navarra a questi ultimi), ma era sicuro, come aveva dichiarato Zapatero appena venti ore prima dell’attentato durante la conferenza stampa di fine anno, che, pur in assenza di progressi, il dialogo sarebbe continuato.
Zapatero esce decisamente indebolito da questo avvenimento ma, almeno secondo T. e J., chi parla della fine del dialogo con i terroristi, si sbaglia. Quello di sabato scorso sarebbe allora da interpretare come un avvertimento da parte dell’Eta per incalzare il governo, oppure il gesto di un gruppo non controllato dalla dirigenza indipendentista e contrario alle trattative. L’unico risultato che hanno ottenuto, per il momento, è l’irrigidimento del loro principale interlocutore e l’allontanamento di una soluzione definitiva per l’ormai pluridecennale questione basca.
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