Il mio PaCS - Seconda tappa: il certificat de coutume
I francesi si lamentano quasi quotidianamente del loro apparato burocratico, ma forse non sono mai entrati al Consolato italiano a Parigi. Qualche giorno fa, io e Staou ci siamo andati nuovamente con in mano quello che credevamo fosse il documento decisivo: il nostro atto di nascita. Era stato facile ottenerlo: una chiamata al mio comune d’origine e un’altra a quello del mio dolce intero, e dopo qualche giorno ecco planare, nella nostra buca delle lettere, le preziose carte. Sottolineo: copia integrale conforme dell’atto di nascita originale, non un volgare estratto – visto che proprio quello è il documento che viene richiesto dall’amministrazione francese per poter firmare un pacs.
Quando sale all’ormai celebre secondo piano del consolato, Staou è nervoso. Ha un appuntamento importante alle undici, fuori città. Sembra realizzare solo in quel momento che sono già le nove e un quarto e che le avventure di questo tipo sai quando cominciano ma non sai né quando né come possano finire. E difatti la tensione cresce rapidamente. Sulla porta dell’Ufficio Stato Civile e Cittadinanza è stato appeso un grazioso cartello che recita: “Stop! Si prega di non bussare, attendere nella sala d’aspetto il proprio turno”. Il problema è che da lì, per alcuni lunghi minuti, non esce proprio nessuno, mentre l’atrio comincia a popolarsi.
Passa la prima persona, poi la seconda. Quando finalmente chiamano il nostro numero, mi metto a gesticolare verso Staou, che nel frattempo, per parlare al cellulare con un collega, si è piazzato tra l’ascensore e le scale, cioè il posto più lontano possibile dall’agognata soglia presso la quale si trova ora l’impiegata. “Stato civile!” grida seccamente, mentre il mio dolce intero, beato, non si accorge di nulla. Quindi vado a prelevarlo quasi con la forza e in un attimo siamo inghiottiti nel Grande Ufficio.
Questo lo conoscete già, perché ve l’ho già descritto dopo esserci stato la prima volta. Ricordate? Luminoso, amplissimo, tutto in legno che scricchiola, mobili antichi, grande terrazza con la bandierona... L’impiegata ci fa accomodare in una stanza annessa, più piccola. Prima di rivolgerci la parola, rovista nervosa fra le sue carte. Poi, con voce rauca:
- Ditemi.
- Siamo venuti per un certificat de célibat o un certificat de coutume...
- ...
- ... ci serve per firmare un pacs.
- Allora, intanto il pacs non è riconosciuto in Italia!
- Sì, sì, lo sappiamo.
- Mmh! E che cosa volete?
- Un certificat de célibat o un certificat de coutume.
- No, allora, noi qui facciamo il certificat de coutume, perché il certificat de célibaaaat... (fa ruotare la mano destra fissandoci negli occhi come a dire: “è tutta un’altra cosa, non sapete di cosa state parlando”). Mmh.
- Ecco, in effetti tra i documenti che il Tribunal d’instance richiede per firmare un pacs c’è scritto un certificat de célibat o un certificat de coutume...
- (Si spazientisce) No, qui facciamo il certificat de coutume e io ho bisogno di...
- Sì, degli atti di nascita, eccoli.
- (Osserva le copie degli atti di nascita e le relative fotocopie tradotte in francese da una traduttrice accreditata presso la Corte d’Appello di Parigi. Scuote la testa. Ripetutamente) No! Io ho bisogno degli estratti di nascita plurilingui!
- Ma mi scusi, questo è l’atto originale interamente tradotto... è meglio che un semplice estratto, no?
- No, no, non va bene! Qui non ci sono le annotazioni a margine!
Ed è il panico. Rapido scambio di sguardi tra me e Staou. Decido che questa storia delle notarelle non passerà.
- Ma le annotazioni a margine, quando esistono, sono presenti anche sull’atto originale!
- (Scuote la testa, alza la voce, si altera) No! Negli estratti sono in basso e io qui non le vedo!
- Ma come, vede qui? È lo spazio per le annotazioni in un atto di nascita e...
- Io qui non vedo niente!
- Ma è perché non ci sono annotazioni! Vede? Lo ha scritto pure la traduttrice che non ci sono annotazioni a margine! Ma lo spazio c’è, è qui, proprio “a margine”!
- Ma insomma! Noi abbiamo sempre fatto con gli estratti plurilingui! Ora il collega che lo fa di solito è in vacanza... chiedo alla collega! (Urla il nome della collega che si trova nell’altra stanza e che si precipita immediatamente da noi). Guarda, per un certificat de coutume, è per un pacs, hanno portato gli atti di nascita... ma che, vanno bene?
- (La guarda stranita e apre le braccia) E chennesò? Non lo so, non ho idea, io non le ho mai fatte ‘ste cose!
- Vabbè, ho capito, vado a chiedere giù.
Spariscono e per noi comincia una lunga attesa. Tutto dipende da “giù”. Temiamo che “giù” tiri una brutta aria e che s’impuntino. Abbiamo tutto il tempo di ragionare su questo paradosso, una questione filosofica che non siamo ancora riusciti a sciogliere: ma perché un estratto andrebbe bene e non invece un documento più completo, cioè l’atto di nascita originale? Perché le annotazioni dovrebbero comparire su un banale estratto dell’atto, ma non sulla copia dell’originale? Perché le autorità francesi chiedono espressamente un atto di nascita completo e non il semplice estratto, mentre il consolato italiano accetta solo quest’ultimo ma rifiuta l’altro?
Torna. Confabula nell’altra stanza con la collega che non sa. Si dirige verso di noi e resta silente. Quei secondi a Staou devono sembrare un’eternità, anche perché ormai il ritardo al suo appuntamento è assicurato. È lui, quindi, a rompere gli indugi e con aria fintamente bonaria lancia:
- Allora, viene a portarci buone notizie?
- (Sguardo arcigno. Cenni d’assenso col capo). Lo facciamo con questo. Adesso vediamo con la mia collega... (Urla il nome della collega che si trova nell’altra stanza). Senti, lo facciamo con questo. Che, lo firmi tu?
- Eh? No, ma io non ho la firma per i certificat de coutume, non posso firmarli io.
- Vabbè, vabbè, lo firmo io. Allora, voi andate di là con lei, che vi fa il certificat. Quanti ne facciamo, uno o due?
- Mah, due direi, visto che ne serve uno ciascuno.
- Strano, di solito per i pacs io ne faccio uno solo...
- (Interviene la collega saggia) Ma forse è perché di solito si tratta di pacs tra una persona italiana e un’altra di una nazionalità differente, quindi facciamo il certificato solo per quella italiana... ma siccome loro sono due italiani... ne facciamo due, no? Che dici?
- Boh! Vabbè... Io non ho capito, ma insomma... come volete!
Staou chiede di potersi congedare per andare al suo appuntamento (“sì, infatti, ho visto che guardava l’orologio tutto il tempo!”) e mi lascia solo con l’impiegata saggia, quella che deve materialmente redigere il certificato. È simpatica e mi confessa che in effetti non lavora mai in quell’ufficio, è lì solo per sostituire un collega che è in ferie. La persona con la quale abbiamo “parlato”, invece, è appena arrivata. Le cose, ora, sono un po’ più chiare.
Il clima si fa più disteso, anche perché vedo la meta avvicinarsi. Oddìo, a dire il vero qualche problemino c’è ancora: non si trovano i punti metallici per la spillatrice. Cercano in tutti i cassetti, invano, quindi decidono di andarli a chiedere in un ufficio vicino. Infine spillano i due documenti, li timbrano, li firmano, poi mi fanno scendere al piano terra, per un passaggio in cassa.
Sono ormai le dieci e tre quarti: il sequestro di persona subìto quella mattina ci è costato 49 euro e 58 centesimi moltiplicato per due, cioè 99 euro e 16 centesimi, né più né meno. D’altronde l’impiegata ci aveva avvertito: “Voi ne volete due, ma poi non dite che vi abbiamo fatto pagare troppo, eh!”.
Nota. Il certificat de legislation et de coutume è un documento redatto in lingua francese dal Consolato, nel quale si certifica qual è la maggiore età in Italia e quali sono le annotazioni a margine previste da un atto di nascita italiano. Tutto qui. Ma alla fine si precisa anche: “Il Pacte Civil de Solidarité non è assimilabile ad alcuna norma prevista dalla legislazione italiana. Pertanto non produce alcun effetto giuridico nei confronti della legge italiana” [traduzione mia]. È il marchio della vergogna, insomma. Nero su bianco, con tanto di timbro col simbolo della Repubblica.
Quando sale all’ormai celebre secondo piano del consolato, Staou è nervoso. Ha un appuntamento importante alle undici, fuori città. Sembra realizzare solo in quel momento che sono già le nove e un quarto e che le avventure di questo tipo sai quando cominciano ma non sai né quando né come possano finire. E difatti la tensione cresce rapidamente. Sulla porta dell’Ufficio Stato Civile e Cittadinanza è stato appeso un grazioso cartello che recita: “Stop! Si prega di non bussare, attendere nella sala d’aspetto il proprio turno”. Il problema è che da lì, per alcuni lunghi minuti, non esce proprio nessuno, mentre l’atrio comincia a popolarsi.
Passa la prima persona, poi la seconda. Quando finalmente chiamano il nostro numero, mi metto a gesticolare verso Staou, che nel frattempo, per parlare al cellulare con un collega, si è piazzato tra l’ascensore e le scale, cioè il posto più lontano possibile dall’agognata soglia presso la quale si trova ora l’impiegata. “Stato civile!” grida seccamente, mentre il mio dolce intero, beato, non si accorge di nulla. Quindi vado a prelevarlo quasi con la forza e in un attimo siamo inghiottiti nel Grande Ufficio.
Questo lo conoscete già, perché ve l’ho già descritto dopo esserci stato la prima volta. Ricordate? Luminoso, amplissimo, tutto in legno che scricchiola, mobili antichi, grande terrazza con la bandierona... L’impiegata ci fa accomodare in una stanza annessa, più piccola. Prima di rivolgerci la parola, rovista nervosa fra le sue carte. Poi, con voce rauca:
- Ditemi.
- Siamo venuti per un certificat de célibat o un certificat de coutume...
- ...
- ... ci serve per firmare un pacs.
- Allora, intanto il pacs non è riconosciuto in Italia!
- Sì, sì, lo sappiamo.
- Mmh! E che cosa volete?
- Un certificat de célibat o un certificat de coutume.
- No, allora, noi qui facciamo il certificat de coutume, perché il certificat de célibaaaat... (fa ruotare la mano destra fissandoci negli occhi come a dire: “è tutta un’altra cosa, non sapete di cosa state parlando”). Mmh.
- Ecco, in effetti tra i documenti che il Tribunal d’instance richiede per firmare un pacs c’è scritto un certificat de célibat o un certificat de coutume...
- (Si spazientisce) No, qui facciamo il certificat de coutume e io ho bisogno di...
- Sì, degli atti di nascita, eccoli.
- (Osserva le copie degli atti di nascita e le relative fotocopie tradotte in francese da una traduttrice accreditata presso la Corte d’Appello di Parigi. Scuote la testa. Ripetutamente) No! Io ho bisogno degli estratti di nascita plurilingui!
- Ma mi scusi, questo è l’atto originale interamente tradotto... è meglio che un semplice estratto, no?
- No, no, non va bene! Qui non ci sono le annotazioni a margine!
Ed è il panico. Rapido scambio di sguardi tra me e Staou. Decido che questa storia delle notarelle non passerà.
- Ma le annotazioni a margine, quando esistono, sono presenti anche sull’atto originale!
- (Scuote la testa, alza la voce, si altera) No! Negli estratti sono in basso e io qui non le vedo!
- Ma come, vede qui? È lo spazio per le annotazioni in un atto di nascita e...
- Io qui non vedo niente!
- Ma è perché non ci sono annotazioni! Vede? Lo ha scritto pure la traduttrice che non ci sono annotazioni a margine! Ma lo spazio c’è, è qui, proprio “a margine”!
- Ma insomma! Noi abbiamo sempre fatto con gli estratti plurilingui! Ora il collega che lo fa di solito è in vacanza... chiedo alla collega! (Urla il nome della collega che si trova nell’altra stanza e che si precipita immediatamente da noi). Guarda, per un certificat de coutume, è per un pacs, hanno portato gli atti di nascita... ma che, vanno bene?
- (La guarda stranita e apre le braccia) E chennesò? Non lo so, non ho idea, io non le ho mai fatte ‘ste cose!
- Vabbè, ho capito, vado a chiedere giù.
Spariscono e per noi comincia una lunga attesa. Tutto dipende da “giù”. Temiamo che “giù” tiri una brutta aria e che s’impuntino. Abbiamo tutto il tempo di ragionare su questo paradosso, una questione filosofica che non siamo ancora riusciti a sciogliere: ma perché un estratto andrebbe bene e non invece un documento più completo, cioè l’atto di nascita originale? Perché le annotazioni dovrebbero comparire su un banale estratto dell’atto, ma non sulla copia dell’originale? Perché le autorità francesi chiedono espressamente un atto di nascita completo e non il semplice estratto, mentre il consolato italiano accetta solo quest’ultimo ma rifiuta l’altro?
Torna. Confabula nell’altra stanza con la collega che non sa. Si dirige verso di noi e resta silente. Quei secondi a Staou devono sembrare un’eternità, anche perché ormai il ritardo al suo appuntamento è assicurato. È lui, quindi, a rompere gli indugi e con aria fintamente bonaria lancia:
- Allora, viene a portarci buone notizie?
- (Sguardo arcigno. Cenni d’assenso col capo). Lo facciamo con questo. Adesso vediamo con la mia collega... (Urla il nome della collega che si trova nell’altra stanza). Senti, lo facciamo con questo. Che, lo firmi tu?
- Eh? No, ma io non ho la firma per i certificat de coutume, non posso firmarli io.
- Vabbè, vabbè, lo firmo io. Allora, voi andate di là con lei, che vi fa il certificat. Quanti ne facciamo, uno o due?
- Mah, due direi, visto che ne serve uno ciascuno.
- Strano, di solito per i pacs io ne faccio uno solo...
- (Interviene la collega saggia) Ma forse è perché di solito si tratta di pacs tra una persona italiana e un’altra di una nazionalità differente, quindi facciamo il certificato solo per quella italiana... ma siccome loro sono due italiani... ne facciamo due, no? Che dici?
- Boh! Vabbè... Io non ho capito, ma insomma... come volete!
Staou chiede di potersi congedare per andare al suo appuntamento (“sì, infatti, ho visto che guardava l’orologio tutto il tempo!”) e mi lascia solo con l’impiegata saggia, quella che deve materialmente redigere il certificato. È simpatica e mi confessa che in effetti non lavora mai in quell’ufficio, è lì solo per sostituire un collega che è in ferie. La persona con la quale abbiamo “parlato”, invece, è appena arrivata. Le cose, ora, sono un po’ più chiare.
Il clima si fa più disteso, anche perché vedo la meta avvicinarsi. Oddìo, a dire il vero qualche problemino c’è ancora: non si trovano i punti metallici per la spillatrice. Cercano in tutti i cassetti, invano, quindi decidono di andarli a chiedere in un ufficio vicino. Infine spillano i due documenti, li timbrano, li firmano, poi mi fanno scendere al piano terra, per un passaggio in cassa.
Sono ormai le dieci e tre quarti: il sequestro di persona subìto quella mattina ci è costato 49 euro e 58 centesimi moltiplicato per due, cioè 99 euro e 16 centesimi, né più né meno. D’altronde l’impiegata ci aveva avvertito: “Voi ne volete due, ma poi non dite che vi abbiamo fatto pagare troppo, eh!”.
Nota. Il certificat de legislation et de coutume è un documento redatto in lingua francese dal Consolato, nel quale si certifica qual è la maggiore età in Italia e quali sono le annotazioni a margine previste da un atto di nascita italiano. Tutto qui. Ma alla fine si precisa anche: “Il Pacte Civil de Solidarité non è assimilabile ad alcuna norma prevista dalla legislazione italiana. Pertanto non produce alcun effetto giuridico nei confronti della legge italiana” [traduzione mia]. È il marchio della vergogna, insomma. Nero su bianco, con tanto di timbro col simbolo della Repubblica.
Precedenti: Partenza, Prima tappa.
5 commenti:
Congratulations!!!!!!
Chi ben comincia...come si suol dire...
Mi hanno detto che ad ogni tappa del PACS offrite champagne a tutti! :P
Piacerebbe, eh? Ma mi spieghi perché se clicco sul tuo nome il profilo non si apre? Sono curioso, vorrei saperne di più...
Bene :), prossimo passo?
Ehi, per lo sciampagn ci sono anch'io, eh! ;-D
dài, all'inizio del post temevo peggio.
allora, poi festeggiamo?
avrei da raccontare io una storia opposta, qui in Italia. ma lo farò più avanti
Con i dovuti ringraziamenti a priori.
Ma esattamente che cos'è il certificato de costume? Come devo e a chi richiederlo? E esattamente sopra questo benedetto documento che cosa viene scritto?
Sono due mesi che giro a vuoto fra consolati che non sanno...altri che cadono dalle nuvole ...e sinceramente diventa stressante... qualcuno può dirmi se il certificato de costume è una traduzione in francese sulle leggi italiane per la pacs? .... o che altro? Vivamente grazie....
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