I DiCo meglio dei PaCS?
Ha ragione il ministro dell’Interno Giuliano Amato a dire che i DiCo italiani sono persino migliori dei PaCS francesi? Per rispondere a questa domanda, niente di meglio che un confronto tra la legge che istituisce i “Pactes Civiles de Solidarité” (approvata nel 1999, più di sette anni fa) e il disegno di legge che ha per titolo “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, varato dal Consiglio dei ministri l’8 febbraio e la cui conversione in legge da parte del Parlamento appare, allo stato attuale, piuttosto incerta.
Non ho una formazione giuridica, ma cercherò ugualmente di esaminare quelli che a mio parere sono i punti nodali delle due norme, rimandando all'interessante post di Teo per altre più autorevoli considerazioni sui DiCo.
1) Definizione. Il PaCS “è un contratto concluso tra due persone fisiche maggiorenni, di sesso diverso o dello stesso sesso, per organizzare la loro vita comune”. Nessuna differenza, da questo punto di vista, con il ddl Bindi-Pollastrini che stabilisce diritti e doveri di “due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale”.
Anche i PaCS prevedono che “i partner [...] si prestano mutua assistenza materiale”, ma non entrano nel merito del legame che li unisce (i “reciproci vincoli affettivi” previsti dai DiCo). Su tale punto, la legge francese resta totalmente indifferente. Per contro, stabilisce che nel loro contratto i partner possano indicare “le modalità”, cioè i dettagli della reciproca assistenza (altrimenti essa è “proporzionale alle [...] possibilità” rispettive dei partner). Inoltre, entrambi i partner sono tenuti in solido (cioè insieme) a rimborsare i debiti contratti da uno dei due “per i bisogni della vita quotidiana e per le spese relative all’alloggio comune”. Nulla di tutto ciò nei DiCo italiani, che non riconoscono la coppia, ma solo due persone conviventi.
2) Dichiarazione. In Francia “due persone che sottoscrivono un patto civile di solidarietà ne fanno dichiarazione congiunta presso la cancelleria del tribunale” del loro comune di residenza. Dopoidiché “il cancelliere iscrive questa dichiarazione in un registro”: l’iscrizione del PaCS nel registro del tribunale lo rende opponibile nei confronti di terzi.
Il ddl sui DiCo prevede invece due possibilità. La prima è una dichiarazione contestuale che i conviventi effettuano presso l’anagrafe del comune ove si convive. Il termine “contestuale” è stato preferito a “congiunta”: quest’ultimo avrebbe avuto infatti, secondo il legislatore italiano, un riferimento troppo esplicito a una vita di coppia, che non viene mai riconosciuta.
La seconda possibilità è una dichiarazione resa da uno solo dei conviventi. In tal caso quest’ultimo spedisce all’altro convivente una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale gli comunica l’avvenuta dichiarazione.
3) I beni. La legge francese prevede che i partner che sottoscrivono un PaCS godano del regime della separazione dei beni, cioè ciascuno sarà proprietario dei beni che acquisterà posteriormente alla data d’iscrizione del contratto o di quelli che possedeva anteriormente. Tuttavia, i partner possono scegliere, indicandolo esplicitamente nel contratto, per i beni acquisiti posteriormente alla data della registrazione, il regime della comunione (cioè l’indivisione della proprietà di ogni bene).
I DiCo non prevedono nulla sul regime dei beni: visto che una vita di coppia non è riconosciuta, non si riconosce nemmeno un interesse comune sulla proprietà dei beni dei conviventi.
4) Fine della convivenza. I partner francesi che desiderano porre termine al loro contratto, ne fanno dichiarazione congiunta al cancelliere del tribunale del comune di residenza. Se uno solo dei due desidera farlo, indirizza una dichiarazione in tal senso al proprio partner e una copia al cancelliere. Il PaCS è così concluso.
Non mi pare, invece, che i DiCo prevedano qualcosa di esplicito in questo senso, anche se credo che la fine della convivenza dovrebbe essere accertata ancora una volta anagraficamente, secondo quanto stabilisce il DPR 30 maggio 1989, n. 223, cui il ddl Bindi-Pollastrini fa riferimento.
I DiCo stabiliscono poi una serie di diritti in materia di assistenza del partner malato o ricoverato all’ospedale (articolo 4), di decisioni sulla salute del partner o in caso di morte (articolo 5), di successione nel contratto d’affitto (articolo 8), di agevolazioni e tutele sul lavoro (articolo 9), che in Francia non sono inseriti direttamente nella legge sui PaCS, ma si ritrovano in altre disposizioni che fanno riferimento alle coppie pacsate. Questi diritti sono modulati in Francia talvolta in senso più ampio e talvolta in modo più restrittivo rispetto a ciò che prevedono i DiCo.
Inoltre, a partire dalla legge finanziaria per il 2005, per i contraenti di un PaCS è prevista l’imposizione comune obbligatoria. Mi pare un diritto molto importante, assente per ora dal ddl Bindi-Pollastrini e di cui nessuno parla. Consiste nel fatto che i partner che hanno firmato un PaCS non vengono più tassati sui loro singoli redditi, ma sulla somma dei due. L’imposta comune sarà tanto più vantaggiosa rispetto all’imposta sui singoli redditi, quanto più forte è la differenza di reddito tra i due partner.
Non ho una formazione giuridica, ma cercherò ugualmente di esaminare quelli che a mio parere sono i punti nodali delle due norme, rimandando all'interessante post di Teo per altre più autorevoli considerazioni sui DiCo.
1) Definizione. Il PaCS “è un contratto concluso tra due persone fisiche maggiorenni, di sesso diverso o dello stesso sesso, per organizzare la loro vita comune”. Nessuna differenza, da questo punto di vista, con il ddl Bindi-Pollastrini che stabilisce diritti e doveri di “due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale”.
Anche i PaCS prevedono che “i partner [...] si prestano mutua assistenza materiale”, ma non entrano nel merito del legame che li unisce (i “reciproci vincoli affettivi” previsti dai DiCo). Su tale punto, la legge francese resta totalmente indifferente. Per contro, stabilisce che nel loro contratto i partner possano indicare “le modalità”, cioè i dettagli della reciproca assistenza (altrimenti essa è “proporzionale alle [...] possibilità” rispettive dei partner). Inoltre, entrambi i partner sono tenuti in solido (cioè insieme) a rimborsare i debiti contratti da uno dei due “per i bisogni della vita quotidiana e per le spese relative all’alloggio comune”. Nulla di tutto ciò nei DiCo italiani, che non riconoscono la coppia, ma solo due persone conviventi.
2) Dichiarazione. In Francia “due persone che sottoscrivono un patto civile di solidarietà ne fanno dichiarazione congiunta presso la cancelleria del tribunale” del loro comune di residenza. Dopoidiché “il cancelliere iscrive questa dichiarazione in un registro”: l’iscrizione del PaCS nel registro del tribunale lo rende opponibile nei confronti di terzi.
Il ddl sui DiCo prevede invece due possibilità. La prima è una dichiarazione contestuale che i conviventi effettuano presso l’anagrafe del comune ove si convive. Il termine “contestuale” è stato preferito a “congiunta”: quest’ultimo avrebbe avuto infatti, secondo il legislatore italiano, un riferimento troppo esplicito a una vita di coppia, che non viene mai riconosciuta.
La seconda possibilità è una dichiarazione resa da uno solo dei conviventi. In tal caso quest’ultimo spedisce all’altro convivente una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale gli comunica l’avvenuta dichiarazione.
3) I beni. La legge francese prevede che i partner che sottoscrivono un PaCS godano del regime della separazione dei beni, cioè ciascuno sarà proprietario dei beni che acquisterà posteriormente alla data d’iscrizione del contratto o di quelli che possedeva anteriormente. Tuttavia, i partner possono scegliere, indicandolo esplicitamente nel contratto, per i beni acquisiti posteriormente alla data della registrazione, il regime della comunione (cioè l’indivisione della proprietà di ogni bene).
I DiCo non prevedono nulla sul regime dei beni: visto che una vita di coppia non è riconosciuta, non si riconosce nemmeno un interesse comune sulla proprietà dei beni dei conviventi.
4) Fine della convivenza. I partner francesi che desiderano porre termine al loro contratto, ne fanno dichiarazione congiunta al cancelliere del tribunale del comune di residenza. Se uno solo dei due desidera farlo, indirizza una dichiarazione in tal senso al proprio partner e una copia al cancelliere. Il PaCS è così concluso.
Non mi pare, invece, che i DiCo prevedano qualcosa di esplicito in questo senso, anche se credo che la fine della convivenza dovrebbe essere accertata ancora una volta anagraficamente, secondo quanto stabilisce il DPR 30 maggio 1989, n. 223, cui il ddl Bindi-Pollastrini fa riferimento.
I DiCo stabiliscono poi una serie di diritti in materia di assistenza del partner malato o ricoverato all’ospedale (articolo 4), di decisioni sulla salute del partner o in caso di morte (articolo 5), di successione nel contratto d’affitto (articolo 8), di agevolazioni e tutele sul lavoro (articolo 9), che in Francia non sono inseriti direttamente nella legge sui PaCS, ma si ritrovano in altre disposizioni che fanno riferimento alle coppie pacsate. Questi diritti sono modulati in Francia talvolta in senso più ampio e talvolta in modo più restrittivo rispetto a ciò che prevedono i DiCo.
Inoltre, a partire dalla legge finanziaria per il 2005, per i contraenti di un PaCS è prevista l’imposizione comune obbligatoria. Mi pare un diritto molto importante, assente per ora dal ddl Bindi-Pollastrini e di cui nessuno parla. Consiste nel fatto che i partner che hanno firmato un PaCS non vengono più tassati sui loro singoli redditi, ma sulla somma dei due. L’imposta comune sarà tanto più vantaggiosa rispetto all’imposta sui singoli redditi, quanto più forte è la differenza di reddito tra i due partner.
Sospetto che questo tipo di aiuto concreto ai conviventi che hanno un progetto di vita comune, assomigli troppo alla tanto vituperata equiparazione tra le coppie omosessuali e quelle eterosessuali, perché possa mai essere inserita nei DiCo.
Viceversa, tra i diritti esclusi dalla legge sui PaCS e presenti nei DiCo vi è il diritto di succedere al partner in caso di morte di quest’ultimo. Tuttavia, il legislatore italiano ha inteso stabilire che questo diritto sia acquisito solo dopo nove anni di convivenza, smorzandone così gli effetti.
Anche l’obbligo di versare gli alimenti all’ex convivente, presente nei DiCo, è escluso dalla norma sui PaCS, mentre per quanto riguarda la reversibilità della pensione, non prevista per le coppie francesi pacsate, i DiCo rinviano a un’ipotetica legge di riordino della previdenza sociale.
Viceversa, tra i diritti esclusi dalla legge sui PaCS e presenti nei DiCo vi è il diritto di succedere al partner in caso di morte di quest’ultimo. Tuttavia, il legislatore italiano ha inteso stabilire che questo diritto sia acquisito solo dopo nove anni di convivenza, smorzandone così gli effetti.
Anche l’obbligo di versare gli alimenti all’ex convivente, presente nei DiCo, è escluso dalla norma sui PaCS, mentre per quanto riguarda la reversibilità della pensione, non prevista per le coppie francesi pacsate, i DiCo rinviano a un’ipotetica legge di riordino della previdenza sociale.
Come si vede, i DiCo sembrano offrire ai conviventi alcuni diritti in più e alcuni diritti in meno rispetto a quelli concessi ai partner che hanno sottoscritto un PaCS in Francia. La risposta alla domanda iniziale, dunque, è meno agevole di quanto sembri a prima vista.
In ogni caso, se anche riuscissi a convincermi della bontà di questo ddl, è difficile che nel mio giudizio non pesi l’enorme ritardo col quale ci siamo arrivati e l’approssimazione della discussione che si è svolta fino a qui, largamente dominata dalle ingerenze del Vaticano e dai conseguenti riverberi nei palazzi della politica italiana. Ma su questo, come su altri punti, tornerò più avanti.
11 commenti:
Io non riesco a fare una valutazione "tecnica" del testo del DDL sille unioni civili. So solo che qualche anno fa immaginavo questo momento in modo diverso, come l'arrivo ad un riconoscimento dell'uguaglianza delle situazioni affettive, come un passo culturale, una vittoria dal sapore di libertà. Mi accorgo che la mediazione al ribasso ha vinto sulla volontà di superare una discriminazione. Non sono soddisfatto, e non mi accontento. Giuro che se fossi in parlamento non so se questa proposta la voterei: non ce la farei a ridurre un principio di uguaglianza ad un articolato di legge che sembra un ammasso di prescrizioni...
Ciao Gabriele,
mi è piaciuto molto questo post. Mi sembra anzi fin troppo chiaro. Sei sicuro di non avere una preparazione in ambito giuridico? Forse in una vita precedente l'avevi. :-)
E’ accettabile una legge che si vergogna se due persone dello stesso sesso vanno insieme all’anagrafe per dichiarare la propria convivenza?
soviet.ilcannocchiale.it
Mi rendo conto che la mia posizione rispetto a questa legge può sembrare ambigua, ma io qui volevo solo cercare di capire insieme a voi se i DiCo sono veramente migliori dei PaCS, tutto qui. Era un confronto fra due norme, una nata più di sette anni fa e superata nel dibattito francese; l'altra, frutto di compromessi al ribasso, ancora da approvare.
Mi sento vicino a quello che ha scritto Donatello e mi pare che anche il dubbio espresso da soviet è più che legittimo. Sicuramente ci tornerò.
Beh, c'è una cosa che non ho capito... la differenza tra i DiCo e il matrimonio?
Mmmh, mary...è la differenza che passa tra il giorno e la notte. ;-)
grazie del chiarimento! Ad ogni modo per l'Italia questo non è altro che un passo in avanti!!!
hai letto cosa dice De Giorgi?
http://www.gay.it/channels/view.php?ID=22544&p=1
Ho letto, Fire, ho letto, purtroppo. Mi sembra il caso di ribadire che la mia opinione sui DiCo e quella di De Giorgi non coincidono per niente. Non è un caso, infatti, che io abbia messo un punto di domanda al titolo del mio post e lui invece no. Vorrei dire chiaramente la mia, ma non riesco a concentrarmi su un post sensato, perché sono malato. Ma arriva, non preoccuparti...
una volta ti veniva a prendere il padre con la lupara... adesso ti arriva direttamente la raccomandata... viva il progresso
Ciao, io volevo dire che, invece, a me sta bene la possibilità che la dichiarazione possa farla anche solo uno dei due conviventi (non la vedo una questione di "vergogna").
Mi baso sul fatto che i "dico" si rivolgono ai conviventi omosessuali ed eterosessuali e dal mio punto di vista (convivente eterosessuale), è una comodità poter fare la dichiarazione da solo, perchè a me non interessa il "valore simbolico" che si può dare a questo gesto (altrimenti mi sposerei, mentre non lo faccio perchè credo che ciò che sta alla base dell'unione tra due persone è il sentimento che non ha necessità di essere riconosciuto da altri), mi interessano semplicemete i diritti/doveri che ottengo mediante quella dichiarazione e che mi sono utili nella quotidianità.
Capisco invece che, per chi non può scegliere (almeno al momento) il matrimonio, sia molto importante anche il gesto simbolico di una dichiarazione congiunta.
Per questo credo che la possibilità di scegliere come effettuare la dichiarazione si riveli utile per tutti.
Sotto altri aspetti credo che il disegno di legge sia migliorabile (per esempio con l'introduzione della possibilità di scegliere la comunione dei beni).
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