La Statale, I suppose
Questi giorni sono per loro. La città è tirata a lucido, la Torre Eiffel sembra scintillare ancor più di prima, la macchina per spillare soldi gira a pieno regime. Sono arrivati, ormai da giorni, i turisti del periodo natalizio! E, fra questi, orde di italiani.
Non è difficile distinguerli: signore trapuntate, pseudogiovani invictati, occhiali griffati e, soprattutto, tanto fiato in gola. Quando si trovano nel metrò si muovono a branchi, a passo di lumaca, occupando in larghezza l’intero corridoio, con nugoli di bambini svolazzanti ai lati. Non rispondono alle richieste di “Pardon, pardon” dei passanti – i quali, a differenza loro, in questi giorni lavorano – e, una volta saliti in vettura, proprio non riescono a raggrupparsi e a mettere a freno l’ipermotilità dei loro pargoli. Soprattutto non mettono a freno lingua e decibel.
Generalizzazione, si dirà. È indubbiamente vero, ma vorrei riportare un brano di conversazione udito ieri, verso le 23,30, sul metrò che mi stava riportando a casa, di ritorno dalla Catalogna. È un raro esempio di eleganza e di umiltà italica che spero possa giustificare, almeno in parte, lo sfogo.
(Tutti con accento del nord. Intorno ai 25-30 anni d’età).
Lei: Dove dobbiamo scendere? A Frènclin?
Lui: Sì, non è proprio così che si dice...
Lei: Eh, e come si dice?
Lui: Frènclin Delàno Rùsvelt.
Lei: Eh, Frènclin, no? È come quella che oggi fa: “Leonardo Davinsì”. Davinsì un par di palle! Davinsì... (Sorridendo all’Altra) Oh, io è due settimane che sono in questa città e mi sono già rotta i coglioni di questa lingua di merda!
L’Altra: Sì, anch’io.
Lei: Come stamattina, quella dell’albergo... oh, sempre lei becco! Sa che non parlo francese, eppure continua a parlarmi. Miiiii! Che cazzo mi parli se non so parlare? Cosa lo fai, apposta? Infatti io guardavo lui che mi spiegava...
Visto il livello, non mi stupirebbe se le paroline magiche che la nostra connazionale ancora non riesce a comprendere fossero: “té, ca-fé, scio-co-là?”. Tutta la nostra solidarietà a “quella dell’albergo”.
Non è difficile distinguerli: signore trapuntate, pseudogiovani invictati, occhiali griffati e, soprattutto, tanto fiato in gola. Quando si trovano nel metrò si muovono a branchi, a passo di lumaca, occupando in larghezza l’intero corridoio, con nugoli di bambini svolazzanti ai lati. Non rispondono alle richieste di “Pardon, pardon” dei passanti – i quali, a differenza loro, in questi giorni lavorano – e, una volta saliti in vettura, proprio non riescono a raggrupparsi e a mettere a freno l’ipermotilità dei loro pargoli. Soprattutto non mettono a freno lingua e decibel.
Generalizzazione, si dirà. È indubbiamente vero, ma vorrei riportare un brano di conversazione udito ieri, verso le 23,30, sul metrò che mi stava riportando a casa, di ritorno dalla Catalogna. È un raro esempio di eleganza e di umiltà italica che spero possa giustificare, almeno in parte, lo sfogo.
(Tutti con accento del nord. Intorno ai 25-30 anni d’età).
Lei: Dove dobbiamo scendere? A Frènclin?
Lui: Sì, non è proprio così che si dice...
Lei: Eh, e come si dice?
Lui: Frènclin Delàno Rùsvelt.
Lei: Eh, Frènclin, no? È come quella che oggi fa: “Leonardo Davinsì”. Davinsì un par di palle! Davinsì... (Sorridendo all’Altra) Oh, io è due settimane che sono in questa città e mi sono già rotta i coglioni di questa lingua di merda!
L’Altra: Sì, anch’io.
Lei: Come stamattina, quella dell’albergo... oh, sempre lei becco! Sa che non parlo francese, eppure continua a parlarmi. Miiiii! Che cazzo mi parli se non so parlare? Cosa lo fai, apposta? Infatti io guardavo lui che mi spiegava...
Visto il livello, non mi stupirebbe se le paroline magiche che la nostra connazionale ancora non riesce a comprendere fossero: “té, ca-fé, scio-co-là?”. Tutta la nostra solidarietà a “quella dell’albergo”.
3 commenti:
E' proprio vero: non ci sono più quei gentilissimi parigini di una volta ;-PPP
Sge ne comprent pa purcuà tu parl commmmsa des italiennn. Ill sontt einsi semmpa...
This is greaat
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