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28 maggio 2007

Spagna, sirena d'allarme per i socialisti

Si sono svolte ieri le elezioni amministrative spagnole, un test importantissimo per capire le tendenze elettorali in vista delle politiche previste per il 2008. Per il Partito Socialista dell’attuale presidente del Consiglio Zapatero, è suonata la sirena d’allarme: anche se di poco, il PP supera il PSOE in numero di voti.
Per un’analisi del voto di ieri, eccovi una traduzione da me curata dell’editoriale di oggi del quotidiano El País (mi scuso sin d’ora per eventuali errori che vi invito a segnalare).

I socialisti guadagnano potere, il PP voti

Ieri il Partito Popolare (PP) è stata la formazione più votata nell’insieme dei comuni spagnoli con una differenza di 160.000 voti, leggermente superiore a quella che quattro anni fa permise al Partito Socialista (PSOE) di proclamarsi vincitore delle elezioni. Questo risultato è in gran parte l’effetto del trionfo a Madrid di Esperanza Aguirre [presidente uscente della Regione di Madrid, PP, ndt] e Alberto Ruiz-Gallardón [sindaco uscente di Madrid, PP, ndt] a spese di un PSOE che registra un fallimento senza rimedio nella capitale spagnola. Il paradosso della situazione è che, nonostante questo arretramento nella somma dei voti, i socialisti non solo avranno più consiglieri comunali e regionali, ma potrebbero conquistare anche la guida di alcune amministrazioni locali per effetto della perdita, da parte del PP, della maggioranza assoluta nelle regioni e nei comuni che quest’ultimo stava governando.
Sarebbe il caso delle Canarie e della Navarra, e forse delle Baleari, benché in quest’ultimo caso anche i socialisti avrebbero difficoltà a negoziare alleanze stabili. Il PP continua a essere il partito più votato nella maggioranza dei capoluoghi di provincia, però la somma di PSOE e Izquierda Unida [IU, formazione politica fondata dal Partito Comunista Sapgnolo e da altri partiti della sinistra radicale, ndt] potrebbe fargli perdere una decina di comuni, equilibrando un rapporto che è stato molto favorevole al partito di Rajoy da dodici anni in qua.
L’aumento dell’astensione (di quasi quattro punti rispetto alle elezioni del 2003) sembra aver nuociuto proporzionalmente più al PSOE. L’elettorato del PP era apparentemente più mobilitato, sicuramente a causa delle aspettative, alimentate da Rajoy, che le elezioni di ieri fossero il primo turno delle politiche del 2008. È possibile che sia così: dal 1983, il vincitore delle comunali, quand’anche lo fosse stato per uno stretto margine, ha vinto anche le politiche seguenti. Ciò nonostante, i risultati di ieri mettono in guardia sul problema di un PP praticamente senza alleati per governare là dove non raggiunge da solo la maggioranza assoluta.
Inoltre, nelle elezioni comunali (e anche in quelle regionali), fattori come la personalità del candidato determinano il voto tanto quanto o più dell’identificazione ideologica. D’altra parte, nelle elezioni comunali i partiti di ambito regionale ottengono di solito risultati migliori che nelle elezioni politiche: con i voti che i partiti nazionalisti e regionalisti ottennero nel 2003, nelle politiche dell’anno successivo questi avrebbero dovuto avere 17 seggi in più rispetto a quelli che realmente gli furono assegnati. Pertanto, è rischioso proiettare automaticamente i risultati di ieri sulle elezioni del 2008. Nel 1999, il PSOE ottenne solo 40.000 voti in meno del PP e un anno dopo Aznar raggiunse la maggioranza assoluta.
Tuttavia, con un corpo elettorale di 35 milioni di persone (del quale questa volta facevano parte 330.000 residenti stranieri), le comunali di ieri possono certamente considerarsi un maxisondaggio indicativo delle tendenze dell’elettorato. Qualsiasi compiacimento da parte socialista sarebbe per questo fuori luogo. In questi tre anni di governo, la crescita economica in un quadro stabile ha permesso ai socialisti di dispiegare delle politiche redistributive di forte impatto sociale. Il che, logicamente, avrebbe dovuto favorire una crescita generalizzata del voto per il PSOE. I dirigenti di quel partito dovrebbero cercare di capire che cosa è mancato nella politica (nel discorso politico) e ha fatto sì che ciò non si sia realizzato.
Il caso di Madrid, in particolare, è rivelatore. Con il 39% degli elettori che dice di identificarsi nelle posizioni della sinistra, contro un 27% che si considera di destra, il PP governa da 16 anni con la maggioranza assoluta. E il 16%, che si considera di centro, vota il PP in una proporzione doppia rispetto a quella di chi vota PSOE. Candidati che hanno qualche possibilità di farcela ma non detengono l’appoggio del partito o candidati che godono di questo appoggio e però non hanno chance elettorali: questa dialettica più volte ripetuta significa puntare sul fallimento. Senza la differenza colossale registrata nella Comunità di Madrid, dove il PP toglie al PSOE mezzo milione di voti, la sinistra avrebbe vinto ampiamente sul totale della Spagna.
In Navarra, il navarrismo (Unión del Pueblo Navarro [partito di destra molto vicino al PP, ndt] più Convergencia de Demócratas de Navarra [partito di centrodestra, ndt]) raggiunge la maggioranza solo sommandosi agli altri tre partiti rappresentati nel consiglio regionale: Nafarroa Bai [Navarra Sì, cartello elettorale di partiti di sinistra legati al nazionalismo basco, ndt], PSOE, IU. L’allarmismo dell’UPN, incoraggiato dalla direzione del PP, ha limitato il declino del partito di Miguel Sanz [presidente uscente della Navarra, UPN, ndt], ma non ha impedito la perdita della maggioranza in giunta. Sicuramente l’eccesso di drammatizzazione che associava il futuro della Navarra (e dell’unità della Spagna) alla vittoria dell’UPN, ha stimolato in molti elettori, più che altro, il desiderio di alternanza. L’ascesa di Nafarroa Bai, la legittima a essere presa in considerazione in vista di questa alternanza, però non sarebbe realista ignorare il fatto che i partiti contrari a ogni cambio istituzionale sommano il 77% dei voti sul territorio.
La giornata è stata tranquilla, eccezion fatta per lo spettacolo dei soliti sbruffoni che hanno dato il la in varie località del Paese Basco, con aggressioni e schiamazzi offensivi: è stato il presidente del PNV [Partito Nazionalista Basco, che si definisce “pluralista, umanista e democratico”, ndt], Josu Jon Imaz, a centrare meglio l’obiettivo quando ha risposto loro che quelli che sbraitavano di più erano quelli che più erano rimasti zitti davanti all’ETA dopo l’attentato di Barajas.

Fonte: El País.

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