16 giugno, San Giovanni: una piazza arcobaleno
“Le manifestazioni clericali contro qualsiasi tipo di riconoscimento delle relazioni extra matrimoniali, sono il segno tangibile di una volontà prevaricatrice e anti democratica da parte di istituzioni, che violando persino il Concordato, si vogliono sostituire alle istituzioni repubblicane democraticamente elette”. La risposta del movimento gay, lesbico, bisessuale e transessuale (glbt) italiano all’arretratezza espressa ieri dal Family Day, non poteva essere più netta. La si può leggere nel documento, pubblicato proprio questo sabato, che articola la piattaforma rivendicativa del prossimo Pride italiano.
La grande manifestazione nazionale delle varie realtà glbt presenti in Italia, si svolgerà a Roma il 16 giugno prossimo. Questo il percorso del corteo: Piazza di Porta San Paolo (già punto di partenza dell’indimenticabile World Pride 2000), viale della Piramide Cestia, viale Aventino, via di San Gregorio, via Celio Vibenna, piazza del Colosseo, via Labicana, viale Manzoni, via Emanuele Filiberto, per terminare proprio in quella piazza San Giovanni che ieri si è vista insozzata da cartelli con slogan come: “La famiglia solo secondo natura”, “Sì alla famiglia tradizionale”, “Oggi la Bindi, domani Zapatero” e persino un “Family gay? Io dico no”, tanto per non lasciare dubbi sui quali fossero i veri obiettivi da abbattere.
Di fronte a tanto oscurantismo, che cosa chiede il movimento? Innanzitutto – ed è un bel passo avanti – “l’estensione del matrimonio civile o istituto equivalente” alle coppie formate da persone dello stesso sesso, esattamente come già previsto in molti stati, europei ed extraeuropei. Sembra che gay e lesbiche italiani abbiano finalmente abbandonato le inutili e controproducenti cautele mostrate fin qui, per esigere con forza una reale “parità dei diritti”. Accanto al matrimonio, poi, si dovranno creare “istituti differenti e distinti [da questo] che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili”, qualcosa di simile ai PaCS francesi, insomma. Viene anche resa esplicita la richiesta di una legge che affronti “il tema della responsabilità genitoriale dei partner di fatto”, nel rispetto di una Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2000 che già imporrebbe agli stati membri di garantire “alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali”.
Accanto a questa, che è certamente la principale rivendicazione della piattaforma politica del Pride 2007, l’organizzazione del Pride esige anche “l’estensione della legge Mancino all’orientamento sessuale e all’identità di genere; l’applicazione della direttiva europea sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne anche alle persone che transitano da un sesso all’altro; la modifica del decreto legislativo sulla parità di trattamento sul posto di lavoro, anche per eliminare le nuove discriminazioni introdotte, come quelle contro gay e lesbiche in divisa; il recepimento della direttiva europea sulla libertà di movimento dei cittadini europei in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche; l’applicazione della direttiva europea sullo status di rifugiato anche a gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitati nei loro paesi”, nonché “azioni positive contro il pregiudizio omofobico”, la ripresa delle campagne ministeriali contro la diffusione dell’HIV e delle malattie a trasmissione sessuale, “una modifica della legge 40 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alla singola”, “la revisione della legge sul cambiamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l’obbligo di intervento chirurgico genitale” e, infine, “la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere”.
Basterebbe volgere lo sguardo alla vicina e “cattolicissima” Spagna per comprendere che rivendicazioni di quel genere non appartengono a mondi utopici, visto che nello Stato iberico molte di esse sono già diventate legge. Certo, le lotte della comunità glbt italiana “si inseriscono in un quadro politico ed istituzionale desolante” – per dirla con le parole del comunicato – “in un clima sociale e culturale d’odio alimentato dalle gerarchie cattoliche e sostenuto da una politica debole e in affanno, perché ha completamente smarrito i valori fondanti della convivenza e del pluralismo ideale”. Ovvio, quindi, che la speranza di poter riaprire in Italia “una stagione di riforme democratiche, civili e libertarie” si concentri tutta su questo nuovo, fondamentale appuntamento.
La grande manifestazione nazionale delle varie realtà glbt presenti in Italia, si svolgerà a Roma il 16 giugno prossimo. Questo il percorso del corteo: Piazza di Porta San Paolo (già punto di partenza dell’indimenticabile World Pride 2000), viale della Piramide Cestia, viale Aventino, via di San Gregorio, via Celio Vibenna, piazza del Colosseo, via Labicana, viale Manzoni, via Emanuele Filiberto, per terminare proprio in quella piazza San Giovanni che ieri si è vista insozzata da cartelli con slogan come: “La famiglia solo secondo natura”, “Sì alla famiglia tradizionale”, “Oggi la Bindi, domani Zapatero” e persino un “Family gay? Io dico no”, tanto per non lasciare dubbi sui quali fossero i veri obiettivi da abbattere.
Di fronte a tanto oscurantismo, che cosa chiede il movimento? Innanzitutto – ed è un bel passo avanti – “l’estensione del matrimonio civile o istituto equivalente” alle coppie formate da persone dello stesso sesso, esattamente come già previsto in molti stati, europei ed extraeuropei. Sembra che gay e lesbiche italiani abbiano finalmente abbandonato le inutili e controproducenti cautele mostrate fin qui, per esigere con forza una reale “parità dei diritti”. Accanto al matrimonio, poi, si dovranno creare “istituti differenti e distinti [da questo] che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili”, qualcosa di simile ai PaCS francesi, insomma. Viene anche resa esplicita la richiesta di una legge che affronti “il tema della responsabilità genitoriale dei partner di fatto”, nel rispetto di una Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2000 che già imporrebbe agli stati membri di garantire “alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali”.
Accanto a questa, che è certamente la principale rivendicazione della piattaforma politica del Pride 2007, l’organizzazione del Pride esige anche “l’estensione della legge Mancino all’orientamento sessuale e all’identità di genere; l’applicazione della direttiva europea sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne anche alle persone che transitano da un sesso all’altro; la modifica del decreto legislativo sulla parità di trattamento sul posto di lavoro, anche per eliminare le nuove discriminazioni introdotte, come quelle contro gay e lesbiche in divisa; il recepimento della direttiva europea sulla libertà di movimento dei cittadini europei in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche; l’applicazione della direttiva europea sullo status di rifugiato anche a gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitati nei loro paesi”, nonché “azioni positive contro il pregiudizio omofobico”, la ripresa delle campagne ministeriali contro la diffusione dell’HIV e delle malattie a trasmissione sessuale, “una modifica della legge 40 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alla singola”, “la revisione della legge sul cambiamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l’obbligo di intervento chirurgico genitale” e, infine, “la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere”.
Basterebbe volgere lo sguardo alla vicina e “cattolicissima” Spagna per comprendere che rivendicazioni di quel genere non appartengono a mondi utopici, visto che nello Stato iberico molte di esse sono già diventate legge. Certo, le lotte della comunità glbt italiana “si inseriscono in un quadro politico ed istituzionale desolante” – per dirla con le parole del comunicato – “in un clima sociale e culturale d’odio alimentato dalle gerarchie cattoliche e sostenuto da una politica debole e in affanno, perché ha completamente smarrito i valori fondanti della convivenza e del pluralismo ideale”. Ovvio, quindi, che la speranza di poter riaprire in Italia “una stagione di riforme democratiche, civili e libertarie” si concentri tutta su questo nuovo, fondamentale appuntamento.
1 commento:
LA FAMIGLIA DI SERIE “B” HA IL DIRITTO DI ESISTERE E DI AVERE OGNI DIRITTO
di: Giacomo Montana
Secondo un sondaggio del Il Corriere della Sera, il 67.3% vede favorevolmente i DICO, mentre per il 32.7% li vede come un matrimonio di serie B che minaccia l'integrità dell'istituto familiare. In particolare:
per il 35.5% dei partecipanti i DICO sarebbero un primo passo nella giusta direzione
per il 16.6% sarebbero il giusto riconoscimento di diritti alle coppie conviventi non sposate
il 15.2% avrebbe voluto più diritti. Fonte:
http://www.tuttotrading.it/granditemi/famiglia/070312codadiconoglitalianideidico.php
Io come tanti altri, sentiamo che, pensando attentamente al nostro passato, c’è un che di avvincente nei ricordi, nomi del tutto dimenticati da anni, come compagni di scuola, compagni d’armi, di lavoro, amici d’un tempo, vicini di casa di allora etc. Essi risvegliano in noi, improvvisamente, sopite memorie di piacevoli giornate, ma anche di incidenti di percorso, di speranze e di delusioni, di straordinarie intese, d’irrimediabili amarezze. Si prova una sensazione strana quando ti rammenti di altre persone.
Ti sembra quasi di commettere un’indiscrezione. Ad un certo punto i ricordi del tempo passato senti che dilagano nella memoria. Molti di questi ricordi rievocano fosche scene di tragedia umana, accadute in Italia, ma anche all’estero a migliaia di chilometri da qua. Ma tutti aprono una più viva luce sulle conquiste di vera civiltà già fatte e nel contempo ti inducono a porgere alla gente sofferente un gesto di speranza e un messaggio, una promessa di solidarietà anche per il futuro.
Grazie al cielo ho avuto la fortuna di incontrare più di una volta persone straordinarie, oneste, leali, per dirlo in breve, più uniche che rare. E’ da qui che ha avuto origine quanto mi ha indotto a riconoscere fermamente che l’essere umano deve essere trattato senza alcuna ipocrisia: nella vita si deve fare una scelta e si deve stare dalla parte di chi viene maltrattato, umiliato, danneggiato, deriso, schernito. E’ troppo comodo stare dalla parte di chi è più forte e protetto dalla politica e dalla Chiesa. Come dice il proverbio: “Non è l’abito che fa il monaco”.
Tutto questo merito legato alla chiarezza e schiettezza, lo attribuisco alle persone che ho conosciuto e che mi hanno insegnato a ragionare con la mia testa senza farmi influenzare da strumentalizzazioni di percorso e tanto meno da eventuali individui dall’apparenza normali, gentili, religiosi, quasi convincenti, ma tuttavia tanto, tanto ipocriti! Essi approfittano della brava gente, convincendola su delle tesi apparenti, formali, ma non sostanziali: “L’aspetto inganna”.
Talvolta si inducono le persone a farle ragionare con una mentalità che mal si accorda con la realtà della vita. Si spingono così le persone che non ragionano senza condizionamenti altrui, ad essere superficiali, insicure, impulsive, cioè degli scontenti. Anche se i forti crescono senza pulizia morale e usano strumentalmente quest’ultima per dividere i cittadini in schieramenti opposti, mi sento di dire apertamente che i DICO meritano anche loro tutti i diritti di legge, perché pagano anch’essi le tasse allo Stato come tutti noi!
Tiriamo le somme. Questa nostra Italia, se non ci fossero gigantesche ipocrisie e colossali saccenterie partorite dal mondo della politica, oggi sarebbe uno dei migliori luoghi per nascerci, di quanto non fosse per il passato. Attualmente invece l’orizzonte dell’ipocrisia e suoi derivati si vanno sempre più allargando e spingono il popolo italiano sempre più nell’incertezza di potere avere un futuro libero e dignitoso. Ci vorrebbe un risveglio del popolo.
Noi cittadini possiamo solo accorgerci in tempo e impedire che possa dilagare ad oltranza qualsiasi tipo di “guerra” tra poveri. Sarebbe un indebolimento della società, una retromarcia e un invito ad un ritorno di qualsiasi tipo di dittatura. Già oggi da quello di violento che mi è stato fatto assistere da oltre dieci anni, anche ai danni di una donna, ridotta ammalata grave e disabile sul posto di lavoro in ospedale a Milano, mi è stato fatto constatare che per una vittima del crimine occulto, qualunque essa sia tra la gente semplice e debole della società, qualunque siano gli sforzi convulsi che fa per sottrarsi alle torture, questi restano vani e ancora una volta devastanti della persona.
A questo punto, tirando le somme, si capisce, anche a colpo d’occhio, che la democrazia se ne sta andando in punta di piedi, senza neppure fare rumore. Se ne sta andando preparandosi a giacere estinta, soffocata, annientata. Per ora ci vogliono fare finire così.
Vedi http://sisu.leonardo.it
e http://agimurad.splinder.com
e http://www.liberoreporter.it/nuke/news.asp?id=663
“Dicono che capendo noi stessi, capiremo meglio gli altri. Ma io vi dico, amando gli altri impareremo qualcosa in più su noi stessi.” (GIBRAN)
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