Catania Pride 2008 - 5 luglio

27 luglio 2007

Buone vacanze (peggio di così...)

No, non ero in vacanza, ero solo stanco e in altre faccende affaccendato. Se dovessi fare il conto di tutte le cose di cui avrei voluto scrivere qui in queste settimane, temo che la lista sarebbe lunga, noiosa e inutile. Allora mi rifarò al mio ritorno, a fine agosto. Perché ora parto sul serio e spero di distrarmi e di riposarmi. Eventuali aggiornamenti non potranno che essere sporadici...
Vi lascio con la notizia del giorno, non proprio esaltante: ieri due gay sono stati fermati dai carabinieri davanti al Colosseo per atti osceni in luogo pubblico. La loro colpa? Si stavano scambiando... un bacio. Sì, però anche loro... va bene amarsi alla follia, ma come si fa a dimenticarsi che Roma è la capitale del Paese più evoluto e civile d’Europa?
E voi, compagne e compagni eterosessuali, amici e amiche, parenti tutti, a quando la sveglia? Siamo ancora un problema secondario, marginale? Volete aprirli gli occhi? Lo vedete dove si sta arrivando, o no?

[Eppoi c’è il professore che caccia da scuola il suo allievo perché gay. Ma non ho più la forza].

Foto: Semplicemente, Staou.

17 luglio 2007

Ciao ciao Caterina

Ti chiamavano la raccattacanzoni. Dicono che te ne andavi in giro a cercare frammenti, parole, qualche nota. Armata di chitarra e di registratore. Studiavi i canti popolari toscani, li ricostruivi e li facevi rivivere. Sapevo poco di te, sapevo che facevi parte di quei pochi – per lo più misconosciuti – che tengono ancora viva la nostra canzone popolare (la nostra memoria, in fin dei conti), come Fausto Amodei o Giovanna Marini. A me piaceva la tua versione di Maremma amara, ma anche quelle di Partire partirò partir bisogna, La donna lombarda, Storia del 107. La tua voce era quella degli sfruttati, nella quale riecheggiavano la miseria, la lotta, il riscatto.
Adesso dalla Toscana ci fanno sapere che te ne sei andata. Che Caterina Bueno, da ieri, non c’è più. Eppure tu qui continui a cantare...

Foto: Caterina Bueno nel 1971, con Francesco De Gregori e Antonio De Rose [(c) Antonio De Rose].

01 luglio 2007

“Operazione pretofilia”: quando il governo italiano censura un videogioco

Una casa, una scuola, una palestra, un collegio cattolico; e poi bambini, genitori, preti, agenti silenziatori e poliziotti: è lo scenario che fa da sfondo a un nuovo videogioco messo on line il 23 giugno, il cui titolo è “Operazione pretofilia”. Scaricabile gratuitamente dal sito del collettivo Molleindustria, il videogioco è stato rimosso ieri dagli stessi attivisti e game designer. Su di loro pesava infatti la minaccia dell’oscuramento, lanciata dal governo dietro sollecitazione dell’ineffabile deputato UDC Volontè.
In “Operazione pretofilia”, un gioco ispirato alle vicende narrate dall’ormai celebre documentario della BBC Sex crimes and the Vatican, il giocatore veste i panni del cardinale e viene incaricato dal papa di una missione molto importante: “mettere a tacere ogni voce” sui casi di pedofilia che coinvolgono i preti. Nel videogioco tutti i personaggi si attivano autonomamente, tranne gli agenti silenziatori, riconoscibili per il loro abito rosso, che sono invece controllati dal giocatore. Quando qualche sacerdote cede ai propri impulsi e aggredisce un bambino (la scena dello stupro è, ovviamente, stilizzata e del tutto priva di particolari realistici), i genitori che assistono all’atto cominciano a correre verso il telefono più vicino per chiamare la polizia. Prima che possano farlo, però, può entrare in azione un agente (mandato dal giocatore) che intimidisce bambini e genitori e li riduce al silenzio. Se però arriva troppo tardi, la polizia, allertata, non tarderà a giungere sul posto. A quel punto il giocatore può impiegare un agente silenziatore per distrarre il poliziotto, ma non ci riuscirà molto a lungo. Una volta tratto in arresto, il prete colpevole può ancora essere salvato grazie a una risorsa chiamata “Deus ex machina”, cioè un elicottero che lo preleva e lo trasferisce in un luogo segreto della Città Vaticana. Ma quanti più sacerdoti verranno arrestati e lasciati al loro destino, tanto più forte diventerà la pressione mediatica sulla Chiesa. Quando questa raggiunge un livello troppo alto, il giocatore-cardinale perde la partita.
“Operazione pretofilia”, dunque, è un classico political game. “Ogni videogame, come ogni prodotto culturale, rispecchia la visione del mondo, le convinzioni e le ideologie dei propri autori. Ogni videogame” – spiega uno dei membri del gruppo, Paolo Pedercini – “è intimamente politico”. Il compito che si è assunta la Molleindustria è quello di inventare e rendere disponibili gratuitamente dei giochi che veicolino “messaggi dissonanti” rispetto a quelli che dominano la società contemporanea e che vengono riprodotti dai videogame solitamente in commercio. Tra i temi affrontati fin qui dal collettivo, troviamo ad esempio l’oppressione delle donne (Embrioni in fuga), l’industria del consumo alimentare (Mc Donald’s videogame), la precarietà del lavoro (Tamatipico, Tuboflex), il maschilismo (Simulatore di orgasmi), l’“eterocrazia” (Queer Power), ed altri ancora.
Che cosa ha disturbato, allora, i sonni dell’onorevole Volontè? Come ha spiegato in un’interpellanza urgente discussa tre giorni fa alla Camera, a suo avviso “Operazione pretofilia” infrangerebbe la legge che punisce la rappresentazione della pedofilia in rete, la quale si applica “anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse” (legge 38/2006, “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”, articolo 600-quater.1. Lo stesso articolo precisa che “per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”). Dopo che il governo ha interessato del caso la polizia postale e, per bocca del sottosegretario Paolo Naccarato, ha risposto affermativamente alla richiesta di Volontè di cancellare dalla rete la Molleindustria, il collettivo milanese ha deciso di togliere il videogioco dal proprio sito. “Siamo convinti” – si legge in un comunicato diffuso dal gruppo – “che perseguire un videogioco satirico con l’accusa di pedopornografia sia, oltre che un attacco alla libertà di espressione, anche un danno alla sacrosanta lotta agli abusi sui minori. La stessa legge che si propone di punire gli stupratori e i produttori di materiale pedopornografico viene usata per togliere dalla circolazione un’opera che paradossalmente vuole proprio essere una condanna di questi comportamenti”.
In un’intervista rilasciata prima del ritiro del gioco a Ecrans (portale di cultura del quotidiano francese Libération), Paolo Pedercini ha spiegato cosa aveva spinto la Molleindustria a pensare “Operazione pretofilia”: “In questi ultimi mesi c’è stata un’escalation di arroganza da parte della Chiesa in Italia. Cercano di bloccare sistematicamente qualsiasi discorso politico sul matrimonio omosessuale. In nome della cosiddetta ‘famiglia tradizionale’, conducono una disgustosa campagna omofoba. Allora ci è sembrato urgente fare un gioco esplicito che descrivesse i fatti che accadono all’interno di quella stessa istituzione che pretende di controllare i nostri comportamenti sessuali”.
Dopo la vicenda della mostra cancellata a Bologna per le furiose polemiche intorno al suo titolo (“La Madonna piange sperma”, che gli organizzatori avevano peraltro già cambiato), dopo il tentativo di far annullare, ancora a Bologna, un’altra mostra, questa volta di quattro artiste a sostegno della linea di counseling telefonico di Arcilesbica (Recombinant Women), ecco una prova ulteriore, se mai fosse stata necessaria, del fatto che l’Italia è (irrimediabilmente?) una repubblica teocratica. Sarebbe interessante, a questo punto, sollevare un interrogativo (che Aelred ha già espresso nel suo Village) e interpellare tutte quelle persone che si stracciano le vesti in nome della libertà di espressione quando questa viene offesa dal fondamentalismo di un’altra religione (si veda il caso delle vignette satiriche contro l’islam): per quale motivo sono diventate, di colpo, così silenti?

Il Pride francese per il matrimonio e l'adozione

Settecentomila secondo gli organizzatori, seicentomila secondo la polizia: è il numero di persone che ha sfilato alla Marche des fiertés (il Pride francese), ieri a Parigi. Nonostante una partecipazione in leggero calo rispetto all’anno scorso, quando in piazza erano scesi ottocentomila manifestanti, l’orgoglio glbt si conferma come la principale manifestazione del paese. E, quest’anno, è stato anche il primo grande momento di piazza della legislatura appena inaugurata. L’imponente e coloratissimo corteo si è snodato su un percorso divenuto ormai un classico: boulevard du Montparnasse, boulevard Saint Michel, boulevard Saint Germain, pont de Sully (è lì che i volontari raccolgono le sottoscrizioni e che vengono presentate brevemente le associazioni presenti al corteo), e poi ancora boulevard Henry IV, fino a sfociare in piazza della Bastiglia, dove si è tenuto il tradizionale concerto di chiusura.
Preceduto dai motociclisti del Gai Moto Club, alla testa del corteo, dietro lo striscione con lo slogan di quest’anno (“Uguaglianza: non transigiamo!”), c’era il sindaco (socialista e gay) di Parigi. Bertrand Delanoë ha dichiarato alla stampa: “È un peccato che la destra, e in particolare Nicolas Sarkozy, che ha impiegato molti anni a capire che i PaCS erano un progresso, tenti ora di frenare il corso della storia, che è fatto di libertà e di uguaglianza”. Al suo fianco, il vicesindaco socialista Anne Hidalgo, Alain Krivine in rappresentanza della Ligue Communiste Révolutionnaire, Jean Luc Roméro, ex esponente del partito di Sarkozy (l’UMP) e Bruno Juillard, presidente del sindacato studentesco UNEF. Confuso tra la folla, è stato visto anche Jack Lang, uno dei volti più noti del PS, un vero habitué del Pride.
Se la principale rivendicazione della Marche des fiertés resta l’apertura del matrimonio e dell’adozione per le coppie formate da persone dello stesso sesso, va detto che il contesto nel quale questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto non è dei più favorevoli. Il neopresidente Sarkozy, infatti, ha pronunciato più volte, durante la campagna elettorale che lo ha visto infine vincente alle presidenziali di due mesi fa, un secco no. Ha proposto un’unione civile riservata alle coppie omosessuali: un contratto che assegnerebbe ai contraenti gli stessi doveri (ma non gli stessi diritti, soprattutto in materia di adozioni), rispetto alle coppie sposate. Un’idea che le associazioni gay e lesbiche hanno subito rispedito al mittente, così come alcune affermazioni ambigue di Sarkozy su una presunta origine genetica dell’omososessualità, comparata alle tendenze suicide, alla pedofilia e all’autismo.
“Il dialogo con la maggioranza, anche se difficile, deve continuare a qualsiasi costo. E se un giorno dovremo alzare il tono, sapremo farlo”. È la promessa di Alain Piriou, presidente dell’Inter-lgbt, l’organizzazione che riunisce una sessantina di associazioni a livello nazionale e che ogni anno organizza il Pride. Il movimento glbt non dispera di poter intavolare dei negoziati con l’attuale maggioranza presidenziale, se non altro su un miglioramento dei PaCS sotto il profilo fiscale, delle successioni e del diritto di soggiorno, su un rafforzamento della lotta contro le discriminazioni al lavoro e a scuola, sulla situazione dei e delle trans, su un cambiamento della linea diplomatica della Francia verso quelle nazioni che non rispettano i diritti umani.
I rappresentanti delle associazioni glbt, ricevuti nei giorni scorsi da alcuni responsabili della presidenza della Repubblica, della presidenza del Consiglio e di alcuni ministeri, hanno intanto ottenuto rassicurazioni sul fatto che la proposta di un’unione civile destinata alle sole coppie formate da persone dello stesso sesso non comporterà l’aborgazione dei PaCS, come era stato inizialmente previsto da Nicolas Sarkozy.

Fonti: AFP, AP, Inter-lgbt, Le Figaro, Le Monde, Libération, Têtu.