Catania Pride 2008 - 5 luglio

22 settembre 2007

Gay esibizionisti o polizia guardona?

26 maggio 2005, Haute Goulaine, periferia di Nantes. La polizia sta effettuando un controllo presso l’area di sosta chiamata “Le passage”, un luogo d’incontro gay. Nel parcheggio, i poliziotti trovano due automobili; dei loro proprietari, però, nessuna traccia. Decidono allora di inoltrarsi nel boschetto che circonda l’area ed è proprio lì che li sorprendono: sono due uomini e stanno avendo un rapporto sessuale. Immediata la denuncia per “exhibition sexuelle”, un reato del codice penale francese simile a quello, previsto in Italia, di “atti osceni in luogo pubblico”: “L’esibizione sessuale imposta alla vista altrui in un luogo accessibile allo sguardo pubblico è punita con un anno di prigione e 15000 euro di multa” (articolo 222-32).
Appena qualche giorno dopo, il 2 giugno 2005, ad essere fermati dalla polizia nella stessa area di sosta sono altri due uomini, questa volta di 28 e 40 anni. Il reato è sempre quello: esibizione sessuale.
Pensate che il tribunale di Nantes, una volta che i due procedimenti sono arrivati davanti al giudice, abbia condannato le due coppie? Ebbene, vi sbagliate. Nel primo caso, infatti, è stato lo stesso procuratore a escludere che il reato fosse stato commesso, dal momento che i presunti colpevoli, al momento del fermo, si trovavano “al riparo da possibili sguardi”. Il 4 ottobre, quindi, i due vengono dichiarati innocenti. L’8 dicembre viene scagionata anche l’altra coppia, nonostante il procuratore avesse chiesto una multa per entrambi gli imputati.
Se cito questi casi giudiziari, è perché mi preme tornare sulla vicenda di Roberto e Michele, i due ragazzi che quest’estate, a Roma, sono stati denunciati per atti osceni in luogo pubblico. Com’è noto, gli agenti che li hanno fermati nei pressi del Colosseo, sostengono che i due sono stati sorpresi mentre stavano avendo un rapporto orale; Roberto e Michele, invece, affermano di essersi semplicemente baciati. Nella polemica scoppiata subito dopo la pubblicazione del caso, alcuni fatti mi hanno lasciato molto perplesso. Innanzitutto le prese di posizione di chi pensa che non si possa né si debba mettere in dubbio la versione fornita dalle forze dell’ordine, alle quali bisogna credere sempre e comunque. Se fosse per loro, dunque, avremmo dovuto berci anche la storia dei manifestanti responsabili di violenze, presenti alla scuola Diaz il 21 luglio 2001 a Genova, quando la polizia massacrò di botte decine di persone inermi e introdusse essa stessa in quell’edificio le prove che sarebbero poi servite a corroborare la tesi della necessità dell’“intervento”.
Più di tutto, però, mi ha stupito la durezza con la quale alcuni gay hanno reagito a questa notizia, dicendo sostanzialmente: le manifestazioni di solidarietà sono inutili, se sono colpevoli devono pagare, come tutti. Come si fa, infatti, a non prendere in considerazione il contesto di crescente omofobia nel quale una vicenda come quella si è verificata? Qualcuno può credibilmente sostenere che, in un paese dove è lo stesso legislatore a perpetuare l’omofobia di Stato, quest’ultima non intacchi minimamente le forze dell’ordine? Ammettiamo pure per un attimo che Roberto e Michele non si stessero solo baciando quando la polizia ha illuminato la scena con un faro: potremmo affermare che i due stessero davvero esibendo il loro atto sessuale? Era davvero così pubblico quel luogo, se Roberto e Michele, com’è probabile, non erano direttamente visibili? Lo so benissimo che qualsiasi avvocato, codice italiano alla mano, a queste due ultime domande risponderebbe di sì. Invece, secondo uno degli ex imputati dei casi francesi esposti sopra, “per parlare di esibizione bisogna che si verifichino necessariamente due condizioni: imporla alla vista altrui e in un luogo accessibile al pubblico. Ecco,” – ha aggiunto – “io non mi sono esibito, semmai mi sono nascosto”. E il giudice gli ha dato ragione. Perché in Italia non è possibile applicare il medesimo buon senso? La risposta è scontata: perché nel nostro paese l’ipocrisia e l’omofobia – o, se volete applicare lo stesso ragionamento ad alcuni altri casi di “atti osceni in luogo pubblico”, la sessuofobia – pervadono tutto. Sarebbe bene che almeno noi gay le respingessimo con forza al mittente, senza ascoltare le sirene di un’insensata e illusoria ansia da integrazione.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Stesso motivo per cui in Francia non c'è una legge 30 e in Italia sì: la gente non protesta collettivamente, in Italia. Paese di individui che si credono MOLTO furbi.

Anonimo ha detto...

Il nostro ordinamento prevede che un imputato sia innocente fino a sentenza definitiva che provi la sua colpevolezza.

Per quello che mi riguarda, i due ragazzi sono innocenti. Se poi ci mettiamo pure le vergognose dinamiche con cui è avvenuto quell'episodio - tre volanti per un pompino, roba che se lo dici in un paese civile si mettono a ridere - credo che i poliziotti abbiano pure mentito e di brutto.

Anonimo ha detto...

è vero tutto: le dinamiche, le volanti... ma il clamore creato ad arte da ArciGay Roma in odore di lancio di GayStreet e l'urlare alla discriminazione dove la mettiamo?
anche io penso che i due siano innocenti fino alla fine (ma sono anche convinto che si stessero facendo una pompa e non dandosi un semplice bacio) non toglie che la coppia è da "trattare" alla stregua di una qualsiasi coppia etero per cui se hanno commesso reato che paghino altrimenti saranno assolti... le manifestazioni che ci son state erano sbagliate perche partivano dal presupposto che i due non stesero fando nulla di che e che i carramba avessero esagerato perche due maschi e questo non è corretto a mio modo di vedere...

Barbara Tampieri ha detto...

Io credo che nessuno, etero o gay, si farebbe fare un pompino davanti a tutti per cui è molto probabile che al Colosseo sia andata come nel caso dei francesi (sempre che di sesso orale si trattasse). Mi chiedo, se si fosse trattato di un pompino etero se avrebbero chiamato tre volanti. Della risposta sono sicura: no.

Anonimo ha detto...

Questa sessuofobia non è innocente. Come i lavavetri, anche i gay che si appartano in luoghi potenzialmente aperti al pubblico sono facilissimi da colpire. Queste imprese di scarso impatto sulla reale sicurezza dei cittadini servono almeno a dare l'illusione che la scombinata polizia italiana stia effettivamente facendo qualcosa.
Vuoi mettere quanto è più difficile stanare lo zu' Cicciu e i suoi picciotti dalle montagne della Calabria? O quanto è più pericoloso indagare sugli affari sporchi che legano i politici campani alla camorra?

Anonimo ha detto...

fuor di dubbio, l'italia è un paese bacchettone. figurarsi se un giudice sarebbe in grado di adoperare lo stesso livello di buon senso del suo collega francese.

non spetta a me decidere se i ragazzi del colosseo siano colpevoli e se si, di cosa e in quale misura. quel che si può notare è l'enorme sproporzione fra il livello di pericolosità sociale dei due e le modalità di intervento di una forza pubblica che, farebbe francamente bene a dedicarsi a operazioni più serie. e magari cercare di abituarsi a vedere un mondo dipinto a tanti colori, invece che in bianco e nero.

Gabriele ha detto...

Grazie a tutti per i vostri commenti, che condivido. Fireman, per le modalità con cui sembra avvenuto il fatto, parlare di reato mi sembra davvero eccessivo... vedremo come andrà a finire.

Anonimo ha detto...

Gab dire se hanno commesso reato che paghino altrimenti saranno assolti oppure se hanno commesso il fatto che paghino altrimenti saranno assolti non è che cambi la sostanza, o sbaglio? il discorso secondo me è un altro: in francia i tipi sono arrivati davanti al giudice e son stati assolti, qui a roma si pretendeva l'assoluzione prima ancora che fossero rimandati a giudizio, ti sembra una pretesa giusta? che poi magari i carabinieri abbiano esagerato, possiamo discuterne ma sarebbe anche una discussione sterile perché siamo tutti daccordo...