Catania Pride 2008 - 5 luglio

20 gennaio 2008

Solidarietà ai 67 professori della Sapienza

Mi è stata segnalata la petizione di solidarietà ai 67 professori della Sapienza fatti oggetto, in questi giorni, di un’indecorosa campagna denigratoria da parte dei media e persino di importanti istituzioni nazionali, per essersi detti contrari all’intervento di Benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico nel loro ateneo.
 
Al di là delle vere e proprie menzogne serviteci in questi giorni, anche al fine di mobilitare qualche fedele e qualche altolocato ipocrita in più a un Angelus che altrimenti, come accade abitualmente, sarebbe andato pure oggi semideserto, ecco in breve i fatti. Il 14 novembre scorso Marcello Cini, fisico e professore alla Sapienza, aveva scritto una lettera al suo Rettore, pregandolo, in nome del principio di laicità, di ritornare sulla decisione d'invitare alla Sapienza Ratzinger, le cui tesi - confliggenti con quelle di un’autonomia della scienza dalla religione - sono da tempo note. Vista l’inamovibilità del Rettore Renato Guarini, a quella lettera si sono pubblicamente uniti i colleghi di Cini, con una nuova missiva, all’inizio di questo mese. Le polemiche e le proteste che la visita inevitabilmente stava suscitando, hanno suggerito a Benedetto XVI, preoccupato per i danni d’immagine che avrebbe patito se avesse accettato l’invito, di soprassedere e di non presentarsi all’inaugurazione lunedì scorso. La decisione è stata presa dal Papa in perfetta autonomia, in assenza di qualsiasi rischio di violenza fisica per sé e per gli altri, fatto certificato dalle autorità italiane e vaticane all’unisono.
 
Oggi si accusano i contestatori di aver impedito al Papa di parlare e si sente il bisogno di scusarsi con lui per l’offesa recatagli. A dimostrazione di quanto il Capo dello Stato della Città del Vaticano sia costretto al silenzio in Italia, il Papa ha parlato liberamente dalle sue stanze questa domenica, come fa quotidianamente, e le sue parole sono state riportate, ancora una volta e come sempre con gran risalto, da tutte le agenzie, da tutti i quotidiani e da tutte le reti televisive nazionali. Tuttavia, data la massima importanza attribuita alla libertà di espressione dai nostri concittadini, aspettiamo fiduciosi che qualche media e qualche esponente della classe politica s’indigni e si mobiliti anche contro altre forme di negazione di quella stessa libertà. Per esempio contro l’omofobia di Stato e del Vaticano che impedisce a qualche milione di persone in Italia di vivere serenamente e pienamente la propria vita affettiva e sessuale.


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16 gennaio 2008

Vincere contro Ratzinger? Si può

La decisione del Papa di non partecipare più all’inaugurazione dell’anno accademico alla Sapienza è la dimostrazione che opporsi è ancora possibile, che si può affermare la laicità dello Stato e delle sue istituzioni (l’università è una di queste) persino in Italia. È un buon passo avanti. La vittoria di questo principio democratico sull’intransigenza papalina è il risultato di una protesta civile, allegra e profondamente giusta, che ha visto in prima linea studenti, professori e alcuni gruppi, tra cui Facciamo Breccia che, spiazzando tutti, ha già svolto ieri nell’ateneo romano una mini layca frocessione (“frocessione, non processione!”). A questo proposito, vorrei ricordare a chi è a Roma o intende andarci domani, che il programma della contro-inaugurazione è comunque confermato. Dopo anni di angherie, si ricomincia ad alzare la testa.
Lo spettacolo offerto anche in questo frangente da quasi tutto il nostro poverissimo arco che un tempo fu costituzionale (fino alla Sinistra Democratica del Ministro dell’Università Fabio Mussi), fa rabbrividire per arroganza ed iposcrisia. Mi accingevo a scrivere qualche riga proprio sulle reazioni della nostra ridicola ma ancora pericolosa classe politica, quando mi sono imbattuto in questo post di Elfo Bruno che condivido in pieno e che vi invito a leggere. Colpisce, anche se ormai ci siamo abituati, che le più alte cariche dello Stato (Presidente della Repubblica in testa), sentano il bisogno di solidarizzare con un potentissimo capo religioso, parlando di “inammissibile intolleranza”. Se non fosse che l’Italia è diventata, a tutti gli effetti, un protettorato vaticano, bisognerebbe chiederne le dimissioni.
Invece di evocare un improbabile attentato alla libertà di parola (nessuno, in Italia, si è mai nemmeno sognato di negare al clero la possibilità di esprimersi), sarebbe stato più opportuno (ma certamente meno consono a certi calcoli elettorali) sottolineare che quella organizzata a Ratzinger era una più che legittima contestazione. Che non si trattasse di un tentativo di violenza nei suoi confronti lo si desume da una notizia sulla quale pochi si sono soffermati, comparsa alle 17,49 di ieri su la Repubblica: “Dalla riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si era riunito oggi in vista della visita del papa alla Sapienza, non sarebbero emersi problemi legati alla sicurezza. Secondo quanto si è appreso, al comitato avrebbero partecipato anche rappresentanti della gendarmeria vaticana, soddisfatti per il dispositivo di sicurezza approntato per la visita”. Il quotidiano proseguiva, appena tre minuti dopo: “La visita del papa alla Sapienza sarebbe stata annullata, per motivi di opportunità legati più che altro all’effetto che avrebbe potuto avere una contestazione verso il Santo padre, ripresa dalle telecamere e che avrebbe fatto rapidamente il giro del mondo. È questo quanto riferito da alcune fonti che hanno preso parte questa mattina al comitato provinciale per la sicurezza”. Le immagini di Ratzinger sbeffeggiato per le sue posizioni oltranziste e oscurantiste per esempio in materia di autodeterminazione delle donne e di tutti gli individui nella loro sessualità? Per l’ingerenza vaticana negli affari di un altro Stato libero e sovrano? Nonostante il suo furbesco atteggiarsi a vittima e tutta l’altissima “autorità morale” che la sinistra incessantemente gli attribuisce, il Papa appare adesso così superbo e arrogante da non saper nemmeno incassare la contestazione di quelli che Gasparri ha definito quattro “tossici”: segno che forse i contestatori qualche ragione ce l’avevano davvero.
I media asserviti al potere si associano alla lagna dei politici, e oggi ci dicono che ci siamo persi una grande occasione di confronto con l’ometto delle babbucce Prada (come se il Papa si presentasse alla Sapienza per un dotto dibattito). È l’attacco antilaico forse più risibile. Per essere spazzato via basterebbe aprire un qualsiasi giornale o accendere un qualsiasi canale televisivo e constatare quanto le parole del pontefice siano quotidianamente megafonate, analizzate, commentate fino alla nausea. Ci si chiede, del resto, in quale altro angolo d’Europa il direttore del più importante telegiornale della tv di Stato deve essere una persona gradita al Vaticano. E quale spazio meritino all’estero le esternazioni papaline: quasi zero.
Il principio è semplice, nonostante molti facciano finta di non capirlo: il Papa parli dal suo balcone alle anime dei credenti (e se non riesce a conquistarle, affari suoi), lo Stato parli ai cittadini, tramite leggi che garantiscano che il principio di uguaglianza sia applicato nei fatti e non solo a parole e l’Università costruisca laicamente il sapere. Per fare tutto questo, nessun bisogno di un Ratzinger che pontifichi alla Sapienza.

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07 gennaio 2008

Popper, la Francia sceglie la linea dura

Un approccio realistico e serio alla questione delle droghe dovrebbe prevedere, secondo me, l’opzione antiproibizionista tra le soluzioni efficaci per ridurre le dipendenze o gli effetti dannosi che l’assunzione di stupefacenti può provocare. Ecco perché ho accolto con un certo stupore la notizia del decreto governativo che, dal novembre scorso, ha introdotto in Francia il divieto di fabbricazione, importazione, esportazione, vendita o distribuzione del popper.

Il popper è una sostanza di uso abbastanza comune fra i gay di tutto il mondo occidentale, fin dagli anni 70 (dopo alcol e tabacco, è la terza droga assunta dai gay inglesi). Dal punto di vista chimico si tratta di nitrito d’amile (più raramente nitrito di etile o di butile), un tempo utilizzato come farmaco nei casi di angina e oggi sostituito, in medicina, dalla nitroglicerina. Il popper, che a quanto mi consta è ancora reperibile in Spagna, Inghilterra e Italia, si presenta confezionato in una boccetta come quella raffigurata nella foto. In teoria, si dovrebbe togliere il tappo del flacone, lasciando che una parte della sostanza liquida che si trova all’interno evapori, spandendo così nell’aria la sua essenza. Nella pratica comune, però, le cose vanno assai diversamente: durante un atto sessuale, la boccetta viene portata al naso e i vapori sono inalati direttamente, sniffando prima da una narice e poi dall’altra. L’effetto è immediato, breve (circa un minuto) ma molto intenso: euforia, attenuazione delle inibizioni, aumento del battito cardiaco, vasodilatazione e rilassamento dei muscoli, con conseguente dilatazione dello sfintere anale.

Oltre agli effetti collaterali fin qui conosciuti (tra i quali possibili aritmie, sensazione di nausea, irritazione delle mucose nasali, aumento della pressione interna dell’occhio), una ricerca recente ha dimostrato che, in caso di penetrazione senza preservativo da parte di un partner sieropositivo, l’uso del popper aumenta il rischio di contagio dell’HIV perché i vasi sanguigni presenti nel retto sarebbero più facilmente esposti a rotture. Inoltre, i rapporti sessuali più “brutali” indotti dall’uso del popper creerebbero quelle microlesioni propizie al passaggio del virus (sempre in rapporti non protetti) mentre la caduta del livello d’attenzione può portare a un potenziale aumento delle situazioni a rischio.

Fino a due mesi fa il popper troneggiava sugli scaffali dei sex shop francesi, agli ingressi delle saune o nei bar dei locali con le dark room. Proprio la sua relativa banalizzazione lo teneva al riparo dal pericolo che diventasse un vero e proprio mito, qualcosa di difficilmente raggiungibile e pertanto ancor più desiderabile. Chi voleva provarlo poteva comprare un flaconcino a un prezzo molto basso, giudicando da sé se il gioco valeva la candela. Ora che il governo francese ne vieta la vendita e la distribuzione, il popper non smetterà certo di essere sniffato, ma sarà acquistato o ordinato via internet all’estero ed eventualmente venduto sottobanco. A me pare che un modo più efficace per ridurre l’impatto negativo del popper sulla popolazione omosessuale sarebbe invece quello di informarla correttamente e massicciamente sui suoi effetti, affinché chi intende continuare a inalarlo, lo faccia cercando di ridurre al massimo i rischi ai quali si espone.

Certo, bisognerebbe innanzitutto sgombrare il campo dall’ipocrisia: ripetere che la droga è il male assoluto e che va pertanto proibita per legge ha un effetto dissuasivo assai discutibile, soprattutto per chi l’ha già provata (e quanti di noi possono dire di non averne mai fatto uso, leggera o pesante che fosse?) e sa benissimo che queste sostanze provocano, il più delle volte, delle sensazioni estremamente piacevoli. L’accento andrebbe posto, semmai, sul prezzo da pagare per ottenerle, quelle emozioni, e sulle conseguenze nefaste che ne possono derivare. Ma il divieto, a che serve?


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Mi fanno pensare

Lameduck ha fatto il mio nome! O meglio: sollecitata da una di quelle catene che tanto impazzano tra blogger, ha nominato questo blog tra quelli che la fanno pensare. Urca! 
La condizione per non partecipare al gioco è disporre di una dispensa papale. Ora, capite bene che sarebbe del tutto impossibile per me ottenerne una e così mi piego. Per il “Thinking blogger award”, ecco cinque blog che mi fanno pensare:

Anelli di fumo, perché non si stanca di analizzare la situazione politica italiana e quella internazionale;
Astratti pensieri e mondo concreto, perché ci vedo quello che saremmo potuti essere e non siamo;
Elfo Bruno, perché è molto e giustamente arrabbiato;
FinOcchio, per i suoi rari ma sensualissimi sguardi;
L’Orizzonte degli eventi, perché lucida, chiarissima e spesso divertente.

Le regole sono queste:
1. Partecipare se si è stati nominati a meno di non disporre di una dispensa papale.
2. Lasciare un link al post originario inglese.
3. Quindi inserire nel post il logo del “Thinking blog award”.
4. Indicare i i blog che hanno la “capacità di farti pensare”.

03 gennaio 2008

Via di qua (diario della fine) - 3

Lunedì 31 dicembre. Un bel sole ci invita a uscire da B. e a fare una passeggiata lungo la costa rocciosa, a guardare dall’alto le calette, le insenature bagnate da un mare meno azzurro del previsto, almeno in alcuni punti. Nelle rocce si aprono numerose piccole grotte, alcune delle quali hanno ospitato delle tombe prenuragiche. T. e J. sono molto contenti e scattano moltissime foto. Da lontano scorgiamo tre uomini che si stanno preparando per un’immersione subacquea. Con la coda dell’occhio li osserviamo mentre si svestono per indossare la muta; non tolgono lo slip, con grande delusione nostra. Nei campi scoscesi circostanti, alcune capre brucano l’erba e fanno suonare i loro campanacci.
Nel pomeriggio decidiamo di restare a B., di fare qualche foto nel paese e di visitare un piccolo museo. Quando rientriamo salutiamo il fratello di Staou, che nel frattempo ci ha raggiunti. Il cenone viene subito dopo e, tra tutte le specialità cucinate dagli infaticabili genitori di Staou, la cosa più buona è l’immancabile maialetto arrostito. In una grande confusione, quasi soffocati dal fumo di qualche mortaretto sparato sulla finestra di casa, ci scambiamo gli auguri. L’anno vecchio se n’è andato, mi chiedo cosa mi sono lasciato alle spalle e cosa mi aspetta. Staou non dice niente ma mi sembra che il suo sguardo suggerisca che in ogni caso lui ci sarà. È contento perché è la prima volta da parecchi anni che passa il Capodanno con la sua famiglia al completo, con me e con una coppia di amici cui vogliamo davvero molto bene. E pensare che tutto questo, undici anni fa, sarebbe stato semplicemente impossibile.

Via di qua (diario della fine): 1, 2.

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