Catania Pride 2008 - 5 luglio

23 ottobre 2007

Il Vaticano marcia su Roma

Domenica prossima, nella basilica di San Pietro, saranno beatificati 498 religiosi spagnoli uccisi alla fine della Seconda Repubblica spagnola e durante la guerra civile. Si tratta della più grande beatificazione di massa mai realizzata ed è previsto a Roma, manco a dirlo, l’arrivo di centinaia di migliaia di pellegrini (c’è chi dice che saranno un milione). A destare grande perplessità, fra le altre cose, è la scelta della data: si tratta dell’85° anniversario della marcia su Roma e del 25° della vittoria dei socialisti di Gonzales alle elezioni politiche spagnole.
Benché le gerarchie ecclesiastiche si affannino ad assicurare che si tratta di mere coincidenze, la scelta compiuta dalla Chiesa non inganna il quotidiano El País, che commenta così la notizia: “I vescovi vogliono riempire Roma per dimostrare che la loro egemonia continua anche nella Spagna del cosidetto fondamentalismo laicista” (questa espressione vi ricorda qualcosa?). Assurdo che la Chiesa pretenda di riscrivere la storia di una lotta della quale fu parte attiva negli anni 30, contribuendo ad alimentare la confusione su chi aveva fortemente voluto quella guerra civile e chi invece si difendeva dal sollevamento militare guidato da Francisco Franco. Il giornale di Madrid ricorda la feroce opposizione dei membri del clero alla Repubblica spagnola e il loro aperto sostegno al franchismo: “Così è stato sparso il seme di quello che loro chiamano ‘la più grande persecuzione religiosa della storia di Spagna’, vittime – ma anche carnefici – di una guerra incivile che i prelati suscitarono, applaudirono e benedirono”.
Altra curiosa “coincidenza”: la Spagna ha appena approvato una legge proprio per commemorare le vittime della guerra civile e della dittatura franchista. Così, per l’ennesima volta, la Chiesa interviene pesantemente nel dibattito politico di uno Stato sovrano. Se la pratica di beatificazione di questi “martiri” era stata bloccata fino al pontificato di Paolo VI ed è stata iniziata solo da Giovanni Paolo II, quale miglior occasione dell’elezione di Ratzinger per completare l’opera?
Fonte: El País.E chi ne ha parlato fino adesso in Italia? Mistero (della fede?). Per fortuna, però, ci sono loro: qui il comunicato di Facciamo Breccia, dal quale ho preso il titolo per questo post. Diffondete il più possibile.

Fonte: El País.



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21 ottobre 2007

“Scioperiamo per tutti”, ma i sindacati si dividono

Lo sciopero contro la riforma dei regimi pensionistici speciali può dirsi concluso, almeno per il momento. Il traffico ferroviario e quello dei trasporti urbani, infatti, è tornato oggi quasi alla normalità in tutta la Francia. L’astensione dal lavoro di 24 ore proclamata giovedì scorso da tutti i sindacati e proseguita nelle giornate di venerdì e sabato dalle sole organizzazioni Sud-Rail e Force Ouvrière (che rappresentano il 21% di tutto il personale delle ferrovie e il 29% dei macchinisti) non ha ammorbidito le posizioni del governo, che conferma l’intenzione di portare a termine una riforma che giudica “indispensabile”. È attesa per domani una riunione intersindacale per decidere le prossime mosse, mentre il ministro del lavoro, Xavier Bertrand, si è detto disponibile a incontrare i rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori la prossima settimana, pur senza mai pronunciare la parola “negoziato”.
Intanto, però, c’è da registrare la rottura del fronte sindacale unitario che si era formato alla vigilia dello sciopero del 18 ottobre: la Federazione generale autonoma dei macchinisti (FGAAC), che alle ultime elezioni interne della società delle ferrovie (SNCF) ha preso il 2,9% dei voti di tutte le categorie ma il 29% di quella dei conducenti, ha chiesto ai propri aderenti di interrompere definitivamente lo stato d’agitazione. Prima ancora dell’apertura dei negoziati col governo, la FGAAC ha trattato separatamente con i vertici dell’azienda, all’insaputa delle altre organizzazioni, ottenendo per i macchinisti della SNCF un’attenuazione degli effetti della riforma, almeno a parole. La novità principale starebbe nel fatto che il cumulo dei contributi sarà innalzato, come esige il governo, da 37 anni e mezzo a 40, ma i conducenti assunti a partire dal 2009 potranno andare in pensione anche prima dei 55 anni previsti, scalando dal periodo rimanente al raggiungimento del 55° anno un capitale-tempo che avranno accumulato rinunciando a delle giornate di riposo. Quello stesso capitale-tempo potrà essere convertito in salario, se il macchinista dovesse invece scegliere di lavorare fino all’età pensionabile.
Furente, com’era prevedibile, la reazione della CGT – il principale sindacato della SNCF e dell’azienda dei trasporti di Parigi – che puntava ad estendere le rivendicazioni a quante più categorie possibili per tenerle unite e solidali nella lotta contro questa riforma fortemente voluta dal presidente Nicolas Sarkozy. Contro la strategia della CGT di puntare a una sola giornata di sciopero, invece che alla prosecuzione della protesta fino a ottenere il ritiro della riforma, si sono pronunciati Force Ouvrière e Sud-Rail. Questi ultimi hanno scritto in un volantino che “mai il governo e la direzione [della SNCF, n.d.r] hanno ceduto su vertenze di questa importanza dopo 24 ore di sciopero. La tattica dei ‘tempi forti’ di 24 ore è quella seguita nel 2003, e abbiamo perso”, affermano, ricordando la sconfitta della mobilitazione contro la riforma dell’allora ministro del lavoro Fillon, che ha portato all’innalzamento dei contributi per i lavoratori del settore pubblico a 40 anni.
La prossima sarà probabilmente una settimana decisiva per comprendere le sorti di questo movimento e, più in generale, della lotta sociale nella Francia dell’era Sarkozy. Come ha fatto notare un commentatore di Libération, con toni per quel quotidiano ormai desueti, “la vera natura del regime di Sarkozy, la sua natura di classe, come si diceva un tempo, si sta rivelando apertamente. […] Se la sinistra non fosse in stato comatoso, non le mancherebbero le occasioni per rientrare in gioco”.

Grégory, ferroviere di Bordeaux, aderente a Force Ouvrière:



“Il 18 ottobre scioperiamo per difendere non soltanto i regimi speciali che sono rimessi in discussione oggi ma, più in generale, tutto il capitolo delle pensioni, poiché questo riguarda tutti i lavoratori francesi. Infatti – e questo è stato annunciato molto chiaramente – a partire dal 2008 tutto il regime generale farà un nuovo passo indietro dal punto di vista sociale, passando a 41 anni e a 42 in prospettiva. Quindi, noi di Force Ouvrière pensiamo che, per il momento, il solo mezzo per resistere sulla base dei 40 anni prima di tornare a 37 anni e mezzo per tutti, è quello di conservare i regimi speciali”.

Fonti: CGT, FGAAC, Le Figaro, Le Monde, Libération, Sud-Rail, Wikipédia.


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18 ottobre 2007

La Francia si risveglia, contro Sarkozy

Primi seri guai per il presidente francese Nicolas Sarkozy: il grande sciopero nazionale proclamato oggi da tutti i sindacati francesi per opporsi alla sua riforma dei regimi pensionistici speciali ha avuto un grande successo. Praticamente fermi i trasporti e fortemente rallentati alcuni servizi, la Francia ha vissuto il suo primo “giovedì nero” dell’era Sarkozy.
I regimi pensionistici speciali riguardano un milione seicentomila francesi (cinquecentomila contribuenti e un milione centomila pensionati) e rappresentano il 6% delle pensioni versate ogni anno. Sono circa una quindicina e sono destinati a compensare la pesantezza di alcuni mestieri (quelli che in Italia si chiamerebbero “lavori usuranti”) o le particolari caratteristiche di altri. Tra i regimi speciali più importanti si trovano quello della società dell’elettricità e del gas (EDF-GDF: 150 000 contribuenti e altrettanti pensionati), le ferrovie dello stato (SNCF: 178 000 lavoratori attivi e 190 000 pensionati), l’azienda dei trasporti urbani di Parigi (RATP: 44 000 attivi e 28 000 pensionati), i marinai (40 000 contribuenti e 75 000 pensionati), i minatori (13 000 attivi e 200 000 pensionati). Mentre un lavoratore del settore pubblico o del settore privato va in pensione a 60 anni dopo aver cumulato 40 anni di contributi (41 anni nel settore privato a partire dal 2012), quelli che appartengono ai regimi speciali hanno diritto a ritirarsi prima: dall’età di 50-55 anni i ferrovieri, da 50 a 60 anni i lavoratori della RATP e quelli di EDF-GDF. Tutti gli appartenenti ai regimi speciali, comunque, con 37 anni e mezzo di contributi.
Proprio qui sta il nodo, anche simbolico, della riforma imposta da Sarkozy e dal suo Primo ministro, François Fillon: l’innalzamento dei contributi a 40 anni anche per i regimi speciali. L’iniziativa è dello stesso presidente della Repubblica che, il 1° agosto di quest’anno, ha chiesto al ministro del lavoro di provvedere a sanare quella che Fillon ha poi definito “la più grande ingiustizia”. Nessun tavolo di trattativa (o di “concertazione”, come si usa dire in Italia) è stato aperto e i sindacati hanno quindi previsto per la giornata di ieri un’astensione dal lavoro di 24 ore. Malgrado i tentativi di dividere l’opinione pubblica dal movimento sindacale (un sondaggio dell’IFOP sosteneva che il 61% dei francesi giudica lo sciopero “ingiustificato”, mentre secondo l’istituto CSA a sostenere la mobilitazione o a guardarla con simpatia era il 54%), i lavoratori hanno risposto massicciamente e i dati ufficiali parlano chiaro: 80% di adesioni all’EDF-GDF con il taglio dell’energia elettrica alla residenza secondaria di Sarkozy a Versailles, 73,5% alla SNCF con un traffico ferroviario praticamente bloccato e stazioni deserte, 59% alla RATP, il 20% dei funzionari del Tesoro, il 10,2% degli impiegati dell’azienda telefonica France Télécom, il 10% dei dipendenti delle Poste (il 30% dei postini a Parigi), il 7% dei lavoratori della funzione pubblica dello Stato. Perfino il telegiornale di France 3 è dovuto andare in onda con le sole immagini, senza giornalista in studio. Eppoi manifestazioni in tutti i centri più importanti, compresa la capitale dove il servizio di noleggio di biciclette predisposto qualche mese fa dal comune, Vélib’, è stato preso d’assalto per ovviare all’assenza quasi totale di bus e metrò. Immancabili le enormi code in entrata e in uscita a Parigi.
Nel frattempo, il governo ostenta la massima tranquillità e, per bocca del ministro del lavoro Xavier Bertrand, si dice disposto a ricevere i sindacati la settimana prossima. Intanto, però, plana sulla Francia l’incubo del 1995, quando il tentativo di imporre lo stesso tipo di riforma, esperito dall’allora Primo ministro Alain Juppé, dovette scontrarsi con uno sciopero che, protrattosi per tre lunghissime settimane e dilagato in molte categorie diverse, paralizzò letteralmente il paese. Sarkozy è convinto che quello resta un episodio unico del conflitto sociale in Francia perché a favore della sua azione, secondo lui, si schiererebbe oggi la maggioranza dei francesi. È probabile invece che la forza, la durata e il successo registrati in quella lotta ormai lontana sia difficilmente ripetibile perché, nel frattempo, la destra francese è riuscita ad “isolare” i regimi speciali, modificando gradualmente quelli del settore privato e del settore pubblico, i cui lavoratori potrebbero sentirsi ormai estranei alla lotta in corso, quindi non più disposti ad offrire la loro solidarietà agli scioperanti, come invece accadde nel 1995.
La verità, comunque, è che nessuno, a conclusione di questa prima importante giornata di mobilitazione, sa davvero come potrà andare a finire. Non i sindacati, la cui unità è ancora una volta in bilico: da un lato la CGT (l’equivalente della CGIL), maggioritaria, che attende le proposte del governo e vorrebbe risparmiare le energie per eventuali successive mobilitazioni contro la riforma; dall’altro le organizzazioni minori ma molto combattive come FO (Force Ouvrière) e SUD, le quali chiedono che, sull’onda del successo registrato questo giovedì, lo sciopero venga immediatamente prolungato. In effetti, gli aderenti a queste sigle hanno deciso di astenersi dal lavoro anche domani.
Tuttavia è probabile che anche Sarkozy tema le incognite di questo confronto se, attraverso un comunicato diffuso dall’Eliseo con singolare tempismo, tenta di sviare l’attenzione dei media dai temi sociali che hanno tenuto banco oggi, alle vicende di cronaca rosa che lo riguardano personalmente, cioè l’annuncio del suo divorzio da Cécilia. È solo un sospetto (avanzato, peraltro, anche dal Partito Socialista) ma, visto il personaggio, si tratta di un’ipotesi più che plausibile.

Fonti: AFP, AP e Reuters via Yahoo France; Le Monde; Le Journal du Dimanche.

Avete detto “matrimoni di serie B”?

Il compassato Bollettino d’informazione statistica del Ministero della giustizia francese conteneva, nel numero di ottobre, uno studio riguardante i PaCS stipulati dal 1999 al 2006. Se fino a quest’anno l’unica cifra che si poteva conoscere era quella relativa alle coppie che avevano deciso di firmare un Patto Civile di Solidarietà, oggi la legge consente, per la prima volta, la raccolta di molti altri dati. Questi si rivelano estremamente utili per capire come la società francese ha accolto i PaCS e, forse, anche per cominciare a porsi qualche domanda sulle ragioni che spingono l’Italia a rifiutare un provvedimento di quel tipo. A tutto ciò abbiamo accennato nella trasmissione radiofonica Flash Beat, andata in onda l’atroieri.
Innanzitutto c’è da dire che, da quando è stato varato questo istituto giuridico, il numero di PaCS stipulati ogni anno non ha mai smesso di crescere: se nel 2004 erano stati contratti 40.093 PaCS, l’anno scorso questi sono stati ben 77.362 (l’incremento rispetto al 2005 è stato del 27,9%). Possiamo dire, insomma, che sottoscrivere un PaCS è diventato ormai un fatto comune, quasi banale. L’ampiezza del fenomeno mostra che la richiesta di un riconoscimento della propria vita di coppia al di fuori del matrimonio, esiste effettivamente nelle nostre società. Il messaggio è talmente chiaro che oramai persino la destra sembra averlo fatto proprio – e stiamo parlando di quella stessa parte politica che, al momento dell’approvazione dei PaCS, aveva gridato allo scandalo e agitato le piazze contro il pericolo di un declino irreversibile che avrebbe colpito la Francia.
Tuttavia, il dato più interessante è sicuramente quello sul sesso dei partner: mentre nel primo periodo di applicazione della legge (novembre-dicembre 1999) il 42% dei patti era stato sottoscritto da coppie formate da persone dello stesso sesso, questa percentuale è andata via via diminuendo e nel 2006 solo il 7% dei PaCS è stato stipulato tra due uomini o due donne. Avete letto bene: il 7%. Globalmente, dal 1999 fino a tutto il 2006, sul totale dei pacsati e delle pacsate, solo il 12% sono omosessuali. Questo dato è strabiliante, a mio avviso e anche secondo il parere delle associazioni glbt francesi, perché smentisce in maniera assolutamente cristallina uno dei luoghi comuni invocati otto anni fa in Francia – e, oggi, in Italia – per non approvare una legge sulle unioni civili: il fatto che essa riguarderebbe potenzialmente solo un’esigua minoranza di persone, cioè i gay e le lesbiche. Ebbene, l’esperienza francese dimostra che ad avvalersi di questo strumento – caratterizzao da meno diritti rispetto al matrimonio, ma anche da un impegno più facilmente dissolubile – sono proprio le coppie eterosessuali (93% dei PaCS stipulati nel 2006). Nessun “matrimonio di serie B”, dunque, ma una possibilità in più offerta a tutte le coppie per organizzare la propria convivenza in un quadro giuridico certo.
Leggendo questi dati, quindi, risulta evidente che la battaglia per il riconoscimento delle unioni di fatto – anche indipendentemente da quella sull’apertura del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso – concerne tutte e tutti, gay e lesbiche certamente, ma in primo luogo gli e le eterosessuali.
Altri dati, poi, ci aiutano a sfatare ancora qualche mito. Per esempio: chi l’ha detto che le coppie gay o lesbiche sono più fragili, meno solide di quelle etero? È vero l’esatto contrario: anche se il 14% di tutti i PaCS sin qui stipulati è stato sciolto, il tasso di rottura è in costante diminuzione e, dopo sei anni di unione, nel 2006 è rimasto solo di poco superiore a quello dei divorzi (20,4% contro il 15,4%). Se una vera differenza in questo ambito si può riscontrare, questa riguarda semmai il momento in cui interviene la separazione: la dissoluzione di un PaCS avviene generalmente prima del terzo anno, mentre i divorzi seguono un andamento contrario e diventano più frequenti proprio a partire dal terzo anno.
Infine, qual è il “peso” dei Patti Civili di Solidarietà sul totale delle unioni celebrate ogni anno? Considerando solo quelle eterosessuali (dal momento che il matrimonio non è consentito a gay e lesbiche), il Bollettino rileva che “se nel 2000 il numero di PaCS stipulati rappresentava il 5% del totale delle unioni” (cioè PaCS più matrimoni), nel 2006 quella cifra è salita al 25%. Come dire che su quattro unioni eterosessuali, nel 2006 tre erano matrimoni e uno era un PaCS. Tuttavia, questo non si può interpretare come “un semplice fenomeno di sostituzione poiché il numero di PaCS sottoscritti ogni anno” – scrive Valérie Carrasco nel Bollettino – “supera di gran lunga quello del calo annuale dei matrimoni”. In buona sostanza: ogni anno ci sono molte più persone che decidono di pacsarsi rispetto a quelle che decidono di non sposarsi.
Secondo un’ipotesi avanzata ieri in trasmissione dalla portavoce del TorinoPride, Roberta Padovano, le resistenze italiane all’istituzione dei PaCS non sarebbero causate tanto dal riconoscimento delle coppie omosessuali, quanto piuttosto dalla possibilità offerta a tutt* di costruire la propria relazione al di là delle regole stantie ed opprimenti del matrimonio. Un’opportunità negata in Italia, dove si vorrebbe far prevalere ancora – se interpreto bene il pensiero di Roberta – una concezione rigida e maschilista dei rapporti di coppia. La discussione è aperta...

17 ottobre 2007

Podcast 4 - PaCS solo per una minoranza? Il 93% è etero...

Il mio intervento alla trasmissione Flash Beat su Radio Flash. Conduce Marina Paganotto, ospite in studio Roberta Padovano del Circolo Maurice di Torino. Un commento alle ultime statistiche sui PaCS francesi.









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16 ottobre 2007

Avviso ai naviganti

Se volete, potete ascoltarmi oggi, intorno alle 16, su Radio Flash. Nell’ambito della trasmissione Flash Beat tradizionalmente dedicata, ogni martedì, alle tematiche glbt, la conduttrice Marina Paganotto si collegherà, insieme alla portavoce del TorinoPride Roberta Padovano, con... il sottoscritto. Si parlerà delle ultime statistiche pubblicate sui PaCS in Francia.
Per chi si trova a Torino e provincia, la frequenza è 97.6 Mhz.
Per tutt*, il link per ascoltare Radio Flash on line in diretta è questo: RadioFlash FM.

14 ottobre 2007

Meglio una passeggiata

Mi sono ripromesso di non spendere più di un misero minuto del mio tempo per la pagliacciata che “va in onda” oggi in tutta Italia e che porterà all’elezione di Veltroni a segretario del PD. Del resto, l’idea di andare a votare non mi ha mai nemmeno sfiorato: credo ci sia, infatti, un’incompatibilità evidente tra l’avere idee di sinistra (cioè, coi tempi che corrono, fare resistenza) e aderire al progetto clericale del PD. È la regressione della politica e soprattutto dell’elettorato italiano, che mi colpisce. Non sto insultando, constato. E, se proprio volete sapere perché non andare a votare, ecco le motivazioni di Elfobruno, che mi trovano sostanzialmente d’accordo.
Il problema è, semmai, cosa costruire dopo la nascita del nuovo partito democristiano, visto che anche la sinistra cosiddetta radicale, di radicale non ha proprio nulla e ha miseramente fallito il proprio compito.

09 ottobre 2007

Pompieri e banane

Sono appena tornato dall’Italia e vorrei riferirvi due notizie pubblicate venerdì scorso in due distinti trafiletti dell’edizione cartacea di Repubblica (pagina 18). Erano praticamente identici e mi stupisce che questa stranezza non sia stata notata. Per questo li riporto integralmente.

“LONDRA – Quattro pompieri britannici che hanno disturbato un gruppo di omosessuali che facevano sesso all’aperto sono stati censurati e multati dopo che una delle persone sorprese ha accusato un vigile del fuoco di aver usato un atteggiamento omofobico. Secondo la stampa britannica, i pompieri hanno acceso le loro torce dal mezzo su cui viaggiavano sul gruppo di gay. Al termine di un’inchiesta, due pompieri sono stati multati per 1.500 euro (da donare a gruppi in difesa degli omosessuali), un terzo è stato degradato, e il quarto ha ricevuto un ammonimento scritto. In più hanno dovuto seguire un corso sull’eguaglianza e la tolleranza”.

“ROMA – Quattro poliziotti che hanno disturbato due omosessuali che facevano sesso all’aperto nei pressi del Colosseo, sono stati censurati e multati dopo che la coppia ha accusato le forze dell’ordine di aver usato un atteggiamento omofobico. Secondo le agenzie, i poliziotti hanno acceso il faro della loro volante sulla coppia. Al termine dell’inchiesta, due poliziotti sono stati multati per 1.500 euro (da ripartire tra i vari gruppi romani del movimento omosessuale), un terzo è stato degradato e il quarto ha ricevuto un ammonimento scritto. In più hanno dovuto seguire un corso sull’eguaglianza e la tolleranza”.

Per la cronaca, il corso in questione s’intitola: “L’uguaglianza di lesbiche, gay, bisessuali e transgender – un tabù assoluto?”. Inoltre, una sola delle due notizie è vera ed è stata pubblicata e, come avrete facilmente intuito, non si tratta di quella proveniente dalla Repubblica delle banane.
Eventuali legami con queste altre notizie, istituiteli tranquillamente voi.

Fonti: Daily Mail, Pinknews.
Foto: Pompiere, Staou.