Catania Pride 2008 - 5 luglio

31 maggio 2007

Il Vaticano trema

Deve tirare proprio una brutta aria, quest’oggi in Vaticano. Questa sera, milioni di italiani potrebbero finalmente essere edotti su cosa intenda un certo numero di sacerdoti (alcuni, ovviamente non tutti) per educazione dei bimbi. Il programma Anno Zero, infatti, trasmetterà finalmente l’inchiesta della BBC “Sex crimes and the Vatican”, nella quale non ci si limita a parlare dei casi di pedofilia scoppiati in seno alla comunità ecclesiastica, ma si citano anche le reti omertose che hanno permesso di soffocare, entro certi limiti, la diffusione di notizie sugli stessi. Si tratta del non ancora abbastanza celebre Crimen Sollicitationis, un documento stilato dalle gerarchie vaticane allo scopo ufficiale di tutelare le vittime e gli accusati innocenti, o più prosaicamente per insabbiare le indagini ed evitare qualsiasi tipo di pubblicità – e quindi di scandalo – sui casi stessi.
È logico che ai gerarchi – pardon, alle gerarchie cattoliche – tremino i polsi: pensate se si dovesse scoprire che questi campioni del moralismo più reazionario, primo fra tutti il loro capo (in questo momento Benedetto XVI), si fanno in quattro per allontanare da noi l’ipotesi che la repressione sessuale che uomini e donne di Chiesa dovrebbero subire, talvolta trova come valvola di sfogo le bambine e i bambini, soggetti deboli e facilmente ricattabili. Se, insomma, venissimo a conoscenza – vuoi mai – che una parte di quella categoria religiosa – ma oggi, in Italia, anche politica – la quale tenta di impedire ad ogni costo l’affermazione dell’uguaglianza dei diritti di gay e lesbiche, col pretesto che essa sarebbe diseducativa per le giovani generazioni, si occupa della gioventù in maniera non propriamente altruista.
Ovvio, quindi, che circa nove ore prima della messa in onda di questo filmato della BBC, “Franco Mugerli, presidente del Copercom, il coordinamento di 23 associazioni per la comunicazione con oltre due milioni di iscritti”, se la prenda col “battage pubblicitario che ha preceduto la messa in onda, questa sera su Rai Due, del video ‘Sex crimes and the Vatican’”, anche se sarebbe legittimo obiettare che tanta notorietà è data dal tentativo di bloccare l’acquisto del documentario da parte della televisione pubblica, con conseguente polemica. Penso che in molti si siano chiesti come mai gli inglesi hanno potuto assistere alla messa in onda di questo documentario nell’ottobre 2006, mentre da noi i grandi media si sono svegliati solo otto mesi dopo. La risposta potrebbe essere che l’Italia, dal punto di vista della libertà d’informazione, dei diritti civili e della laicità, ha accumulato, rispetto ad altri Stati come la Gran Bretagna, un ritardo di otto mesi. Ma è una spiegazione tra le più false: tutti sappiamo, infatti, che il ritardo è infinitamente più ampio.
Resta che lo scopo della trasmissione di questa sera, secondo Mugerli, è “fare sciacallaggio mediatico”. Dev’essere in questi termini che l’odierna inquisizione definisce quella robetta che è il diritto-dovere all’informazione e alla libertà d’espressione: chi lo sa, magari nella monarchia assoluta e teocratica che è lo Stato della Città del Vaticano, questa è la definizione più in voga. In Italia, però, Carta fondamentale della Repubblica alla mano, risulta un tantinello mistificante. “Non abbiamo paura della verità”, aggiunge Mugerli. Ma no, figuriamoci. Tuttavia, come diceva un tizio morto un po’ di tempo fa (ma Santo Sùbito): “Pur riconoscendo il diritto alla dovuta libertà d’informazione, non bisogna consentire che il male morale divenga occasione di sensazionalismo”. I panni sporchi si lavano in casa, è il motto di Giovanni Paolo II, che Mugerli non esita a fare suo.
Ma il presidente della Copercom – che viene rilanciato dall’agenzia stampa della CEI, cioè il Sir, e dunque proprio per questo sarà automaticamente megafonato da tutti i media italiani – chiude il suo pronunciamento con una nota davvero scoppiettante: “Questo filmato della Bbc, più che un’inchiesta, in realtà è un video a tesi, non credibile, con grandi falsità, pretestuoso e pregiudizialmente ostile”. Buono, Mugerli, non stiamo parlando di Vespa ma della BBC, si ricorda? I fatti separati dalle opinioni, rispetto della verità, e bla bla bla: cosucce delle quali lei potrà benissimo fare a meno ma noi, se permette, no. Eppoi scusi: ma se questo documentario contenesse tali e tante sciocchezze, permetterà che lo si possa dire noi, previa visione del filmato messo all’indice?
In Italia questa sera si gioca una partita molto importante non solo nel campo della laicità, ma anche in quello dell’informazione e contro la censura, terreni nei quali è difficile mettere piede, visto che sono stati occupati militarmente dalle gerarchie vaticane. L’Italia è il loro ultimo bastione, non molleranno facilmente.
Anno Zero, questa sera alle 21, RaiDue.

Fonti: Copercom, Sir.

28 maggio 2007

Spagna, sirena d'allarme per i socialisti

Si sono svolte ieri le elezioni amministrative spagnole, un test importantissimo per capire le tendenze elettorali in vista delle politiche previste per il 2008. Per il Partito Socialista dell’attuale presidente del Consiglio Zapatero, è suonata la sirena d’allarme: anche se di poco, il PP supera il PSOE in numero di voti.
Per un’analisi del voto di ieri, eccovi una traduzione da me curata dell’editoriale di oggi del quotidiano El País (mi scuso sin d’ora per eventuali errori che vi invito a segnalare).

I socialisti guadagnano potere, il PP voti

Ieri il Partito Popolare (PP) è stata la formazione più votata nell’insieme dei comuni spagnoli con una differenza di 160.000 voti, leggermente superiore a quella che quattro anni fa permise al Partito Socialista (PSOE) di proclamarsi vincitore delle elezioni. Questo risultato è in gran parte l’effetto del trionfo a Madrid di Esperanza Aguirre [presidente uscente della Regione di Madrid, PP, ndt] e Alberto Ruiz-Gallardón [sindaco uscente di Madrid, PP, ndt] a spese di un PSOE che registra un fallimento senza rimedio nella capitale spagnola. Il paradosso della situazione è che, nonostante questo arretramento nella somma dei voti, i socialisti non solo avranno più consiglieri comunali e regionali, ma potrebbero conquistare anche la guida di alcune amministrazioni locali per effetto della perdita, da parte del PP, della maggioranza assoluta nelle regioni e nei comuni che quest’ultimo stava governando.
Sarebbe il caso delle Canarie e della Navarra, e forse delle Baleari, benché in quest’ultimo caso anche i socialisti avrebbero difficoltà a negoziare alleanze stabili. Il PP continua a essere il partito più votato nella maggioranza dei capoluoghi di provincia, però la somma di PSOE e Izquierda Unida [IU, formazione politica fondata dal Partito Comunista Sapgnolo e da altri partiti della sinistra radicale, ndt] potrebbe fargli perdere una decina di comuni, equilibrando un rapporto che è stato molto favorevole al partito di Rajoy da dodici anni in qua.
L’aumento dell’astensione (di quasi quattro punti rispetto alle elezioni del 2003) sembra aver nuociuto proporzionalmente più al PSOE. L’elettorato del PP era apparentemente più mobilitato, sicuramente a causa delle aspettative, alimentate da Rajoy, che le elezioni di ieri fossero il primo turno delle politiche del 2008. È possibile che sia così: dal 1983, il vincitore delle comunali, quand’anche lo fosse stato per uno stretto margine, ha vinto anche le politiche seguenti. Ciò nonostante, i risultati di ieri mettono in guardia sul problema di un PP praticamente senza alleati per governare là dove non raggiunge da solo la maggioranza assoluta.
Inoltre, nelle elezioni comunali (e anche in quelle regionali), fattori come la personalità del candidato determinano il voto tanto quanto o più dell’identificazione ideologica. D’altra parte, nelle elezioni comunali i partiti di ambito regionale ottengono di solito risultati migliori che nelle elezioni politiche: con i voti che i partiti nazionalisti e regionalisti ottennero nel 2003, nelle politiche dell’anno successivo questi avrebbero dovuto avere 17 seggi in più rispetto a quelli che realmente gli furono assegnati. Pertanto, è rischioso proiettare automaticamente i risultati di ieri sulle elezioni del 2008. Nel 1999, il PSOE ottenne solo 40.000 voti in meno del PP e un anno dopo Aznar raggiunse la maggioranza assoluta.
Tuttavia, con un corpo elettorale di 35 milioni di persone (del quale questa volta facevano parte 330.000 residenti stranieri), le comunali di ieri possono certamente considerarsi un maxisondaggio indicativo delle tendenze dell’elettorato. Qualsiasi compiacimento da parte socialista sarebbe per questo fuori luogo. In questi tre anni di governo, la crescita economica in un quadro stabile ha permesso ai socialisti di dispiegare delle politiche redistributive di forte impatto sociale. Il che, logicamente, avrebbe dovuto favorire una crescita generalizzata del voto per il PSOE. I dirigenti di quel partito dovrebbero cercare di capire che cosa è mancato nella politica (nel discorso politico) e ha fatto sì che ciò non si sia realizzato.
Il caso di Madrid, in particolare, è rivelatore. Con il 39% degli elettori che dice di identificarsi nelle posizioni della sinistra, contro un 27% che si considera di destra, il PP governa da 16 anni con la maggioranza assoluta. E il 16%, che si considera di centro, vota il PP in una proporzione doppia rispetto a quella di chi vota PSOE. Candidati che hanno qualche possibilità di farcela ma non detengono l’appoggio del partito o candidati che godono di questo appoggio e però non hanno chance elettorali: questa dialettica più volte ripetuta significa puntare sul fallimento. Senza la differenza colossale registrata nella Comunità di Madrid, dove il PP toglie al PSOE mezzo milione di voti, la sinistra avrebbe vinto ampiamente sul totale della Spagna.
In Navarra, il navarrismo (Unión del Pueblo Navarro [partito di destra molto vicino al PP, ndt] più Convergencia de Demócratas de Navarra [partito di centrodestra, ndt]) raggiunge la maggioranza solo sommandosi agli altri tre partiti rappresentati nel consiglio regionale: Nafarroa Bai [Navarra Sì, cartello elettorale di partiti di sinistra legati al nazionalismo basco, ndt], PSOE, IU. L’allarmismo dell’UPN, incoraggiato dalla direzione del PP, ha limitato il declino del partito di Miguel Sanz [presidente uscente della Navarra, UPN, ndt], ma non ha impedito la perdita della maggioranza in giunta. Sicuramente l’eccesso di drammatizzazione che associava il futuro della Navarra (e dell’unità della Spagna) alla vittoria dell’UPN, ha stimolato in molti elettori, più che altro, il desiderio di alternanza. L’ascesa di Nafarroa Bai, la legittima a essere presa in considerazione in vista di questa alternanza, però non sarebbe realista ignorare il fatto che i partiti contrari a ogni cambio istituzionale sommano il 77% dei voti sul territorio.
La giornata è stata tranquilla, eccezion fatta per lo spettacolo dei soliti sbruffoni che hanno dato il la in varie località del Paese Basco, con aggressioni e schiamazzi offensivi: è stato il presidente del PNV [Partito Nazionalista Basco, che si definisce “pluralista, umanista e democratico”, ndt], Josu Jon Imaz, a centrare meglio l’obiettivo quando ha risposto loro che quelli che sbraitavano di più erano quelli che più erano rimasti zitti davanti all’ETA dopo l’attentato di Barajas.

Fonte: El País.

26 maggio 2007

Censura in rete per “Sex crimes and Vatican”?

La notizia è di ieri, ma evidentemente è invecchiata molto in fretta se è già scomparsa, a quel che vedo, dai pincipali quotidiani italiani in linea: l’inchiesta della BBC “Sex crimes and Vatican”, che era stata sottotitolata in italiano e diffusa nei giorni scorsi da Google Video e da YouTube, è stata ritirata e non è più visibile agli indirizzi circolati fin qui.
La motivazione ufficiale: il copyright. La BBC, infatti, ha ceduto i diritti di diffusione alla Rai, che trasmetterà il documentario inglese (dopo le inevitabili italianissime polemiche) nel programma Anno Zero di Michele Santoro.
Il sospetto che la ragione della scomparsa del video dai siti che lo ospitavano sia un’altra, e cioè la volontà di limitarne il più possibile la diffusione e le conseguenze, in termini di immagine, per la Chiesa e per il Papa, messo in causa direttamente dal documentario, è più che legittimo. Di video coperti da diritti d’autore ne circolano centinaia di migliaia su YouTube, perché allora colpire proprio questo?
In ogni caso, l’inchiesta della BBC “resiste” ancora in rete (non si sa per quanto tempo) a questo link di Google Video, inserito il 17 maggio scorso ma rimasto, fino a questo momento, “discreto” (settemila visite circa, contro le seicentomila dei link “ufficiali”): Crimini sessuali e Vaticano. Potete anche scaricarla dal sito 61comenoi, che gentilmente me lo segnala.
L’alternativa è aspettare la puntata di Anno Zero, in onda giovedì 31 maggio alle 21 su RaiDue.

24 maggio 2007

Ancora uno sforzo, presidente

Il primo a prendere la parola quest’oggi a Firenze, alla Conferenza sulla famiglia, è stato il presidente della Repubblica. Davanti a una platea selezionata dal ministro Bindi, Giorgio Napolitano ha pronunciato un discorso con qualche bella luce ma anche con qualche pesante ombra.
Napolitano ha inteso innanzitutto contestualizzare l’articolo 29 della Costituzione, quello che viene brandito spesso e volentieri contro gay e lesbiche per spiegare loro che no, legittimamente proprio non possono pretendere a un riconoscimento del loro rapporto di coppia. Ricordando le discussioni che si sono svolte intorno a quell’articolo all’Assemblea Costituente, il presidente della Repubblica ha citato l’intervento del democristiano Aldo Moro, dal quale risulta chiaramente che non si intendeva dare una definizione rigida di famiglia, ma solo stabilire i limiti dell’intervento dello Stato in “una delle formazioni sociali alle quali la persona umana dà liberamente vita”. Inoltre, “con la formula ‘società naturale’ non si voleva affermare che ‘la famiglia fosse una società creata al di fuori di ogni vincolo razionale ed etico’, né escludere che essa avesse ‘un suo processo di formazione storica’”. Ciò che per noi oggi è famiglia – sembra dire in sostanza Aldo Moro e, con lui, Napolitano oggi – non è detto che lo sia anche domani; così come nuove forme di famiglia possono sempre darsi*.
Napolitano ha poi sottolineato che anche l’articolo 29 deve essere interpretato facendo riferimento all’insieme della nostra Carta fondamentale, in particolare all’articolo 2 (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”) e all’articolo 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”).
E in effetti è proprio sulla base di questi principi, ha affermato ancora Napolitano, che nel 1975 è stato riformato il diritto di famiglia e che sono stati introdotti, nel nostro ordinamento, il divorzio e la legalizzazione dell’aborto, “frutto di un processo di maturazione e trasformazione prodottosi nella società e nella stessa famiglia italiana”. Altre sono oggi le novità che il presidente della Repubblica ha inteso sottoporre all’attenzione della Conferenza: “coppie non unite in matrimonio, coppie senza figli, madri e padri single, coppie anziane”. Ma è alla fine del suo intervento che Napolitano ha lanciato il messaggio più importante: “E’ solo parte del discorso pubblico sulla famiglia, la soluzione – che comunque non può essere elusa – dei problemi per quanto delicati di un riconoscimento formale dei diritti e dei doveri di unioni che non sono confondibili o equiparabili rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, ma che vanno concretamente assunte come destinatarie dei principi fondativi della Costituzione senza alcuna discriminazione. Ben comprendendo come tutte le solidarietà e le corresponsabilità che nascano da stabili rapporti di affetto e di reciproco rispetto, costituiscano una realtà da considerare significativa sotto il profilo della convivenza civile e della coesione sociale”.
Il che vuol dire, in buona sostanza, che per Napolitano è indispensabile riconoscere i diritti e i doveri delle coppie di fatto etero e omosessuali, senza però che esse possano godere delle stesse prerogative delle persone unite da vincolo matrimoniale. D’accordo, con l’aria che tira oggi in Italia nessuno poteva aspettarsi ragionevolmente di più, e persino la difesa dei pur pessimi DiCo può apparire un’impresa coraggiosa. Sono certo che molti gioiranno per questo discorso. Io, invece, mi permetto di essere profondamente deluso e di ricordare che la nostra rivendicazione è la piena parità di diritti (cioè il matrimonio), affiancata da – ma non sostituita con – strumenti più leggeri come i PaCS o i DiCo.
Vorrei anche sottolineare, per inserire il discorso del presidente della Repubblica nel suo giusto quadro, che Napolitano non solo è riuscito a non pronunciare neanche una volta la parola “omosessuale”, non solo non ha stigmatizzato la deliberata e rivendicata esclusione delle associazioni gay e lesbiche dalla platea che lo stava ad ascoltare, ma ha anche legittimato – come già aveva fatto in passato – l’autorità morale della Chiesa, richiamando la politica all’“attento e serio ascolto delle preoccupazioni e dei contributi di pensiero che possono venire dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche, come da ogni altra componente della società civile”, come se queste attenzioni fossero fin qui mancate. Dopodiché, è ovvio, “le istituzioni rappresentative dello Stato democratico” devono svolgere le proprie funzioni “nel pieno e sereno esercizio dell’autonomia sancita dalla Costituzione”: ma un presidente della Repubblica potrebbe mai affermare il contrario? Riprovaci ancora, Nappy.

*Il discorso cui il presidente Napolitano fa riferimento, probabilmente è quello che Aldo Moro pronunciò alla Prima Sottocommissione dell’Assemblea Costituente il 5 novembre 1946. Il sunto che riporto qui di seguito è tratto dal resoconto sommario della seduta di quel giorno (Fonte: zic.it via Diritti e libertà):
“MORO Precisa che, quando si dice che la famiglia è una società naturale, non ci si deve riferire immediatamente al vincolo sacramentale; si vuole riconoscere che la famiglia nelle sue fasi iniziali è una società naturale. Afferma quindi che, pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale. Mettendo da parte, il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone”.

23 maggio 2007

Sfidate anche voi “equilibrio e prudenza”

A proposito della possibile messa in onda del documentario della BBC sui preti pedofili e sulle coperture che questi ultimi hanno ricevuto dal Vaticano e, in particolare, da Joseph Ratzinger, il segretario (?) dei DS (??), ha tenuto a comunicarci il suo pensiero: “Quando si affronta una materia così delicata servono molta attenzione e prudenza perché l’impatto di qualsiasi immagine, notizia o commento su temi così sensibili richiede equilibrio e prudenza”. Che suona un po’ come: attenzione, bambini, son cose che potrebbero sconvolgervi, questa sera a letto dopo Carosello. Cosa vuol dire, infatti, “equilibrio e prudenza”? O un documentario si compera e si trasmette o si applica la censura, non ci sono vie intermedie. Con le sue dichiarazioni, il sedicente democratico di sinistra ha dimostrato ancora una volta – ma non se ne avvertiva davvero bisogno – di tenere più alla tranquillità di Ratzinger e della cupola che lo affianca, che al diritto-dovere dell’informazione. Hanno forse cambiato la Costituzione e non ce n’eravamo accorti?
La polemica, scoppiata mentre ero lontano dalla Francia e dalla mia connessione a internet, non fa che incitarmi a recuperare immediatamente il ritardo col quale metto anch’io un link all’ormai celebre filmato della BBC, sottotitolato in italiano, “Sex crimes and Vatican”. Alla fine pare che Santoro lo trasmetterà nel suo programma, ma chi di voi volesse farsene un’idea fin d’ora, vada a vederselo.
Vi suggerisco anche di leggere il post “La parola alla difesa” di Un italiano in America, che analizza da un punto di vista tecnico-giuridico il Crimen sollicitationis e smonta le posizioni epresse sull’Avvenire da Andrea Galli.

21 maggio 2007

Segunda feira de Lisboa

Inerpicarsi. E' la parola chiave per conoscere questa citta'. A Lisbona non si passeggia, nella capitale portoghese ci si arrampica. E' quello che sto facendo da qualche giorno, ricavandone un piacere immenso, insieme a Staou.
E' cosi' che scopriamo il vecchissimo quartiere dell'Alfama, il Castello di São Jorge, le chiese e il belvedere di Graça... Posti splendidi, dove il tempo sembra davvero essersi fermato, dove ogni gradino sembra restituirti un pezzo di storia. Inerpicarsi e' un verbo che conserva tutta la sua utilita' anche quando le gambe cedono e chiediamo soccorso ai mezzi pubblici: a trascinarci tra le alte colline della capitale portoghese sono i vecchi tram (tragitto epico quello sul numero 28, tra viuzze strettissime e curve impossibili), elevadores come quello della Bica o l'ascensore di Santa Justa.
Se non fossimo saliti fin lassu' non avremmo conosciuto il cuore di Lisbona, ma se anche fossimo rimasti nella parte bassa, non avremmo potuto mancare Rossio, la centralissima piazza dove - racconta la leggenda - il 25 aprile 1974 la gente comincio' a distribuire garofani ai soldati che stavano rovesciando il vecchio regime salazarista, segnando l'inizio di una breve epoca (detta, appunto, Rivoluzione dei garofani) nella quale un cambiamento radicale sembro' davvero possibile. Di quello spirito oggi - mi e' parso - non resta nulla, salvo l'abitudine di ritrovarsi in quella piazza per le varie manifestazioni a carattere politico.
Scappo, voglio andare a godermi il mio ultimo tramonto a Lisbona. Quanto sembra lontana, da qui la situazione politica francese! Quanta poca voglia di tornare...

17 maggio 2007

Censura sui media: benvenuti a Sarkoland

Nicolas Sarkozy presidente buono? “Non abbiate paura”? Fossi in voi, starei un po’ attento e, osservando la situazione politica francese, rispolvererei il vaccino antiberlusconi, che tutti noi abbiamo dovuto inocularci a più riprese in questi ultimi tredici anni. C’è infatti un episodio che ha fatto molto rumore qui in Francia negli ultimi giorni e che io credo mostri qualche analogia, fatte le debite proporzioni, con lo smisurato e antidemocratico controllo che il nostro expresdelcons deteneva (detiene?) sull’informazione del Belpaese.
La moglie di Nicolas Sarkozy non si è recata alle urne al secondo turno. Per quanto sorprendente questo possa sembrare, Cécilia è comparsa a fianco del marito la sera delle elezioni solo quando è iniziata la festa in piazza de la Concorde, ma durante la giornata non si è andata al seggio. Lo provano i documenti ufficiali, le liste elettorali.
Ora, che il rapporto tra i due sia burrascoso già da molto tempo e che il presidente sfrutti le immagini del suo falso idillio familiare a puro scopo propagandistico, è cosa arcinota. Che la vita privata dei due coniugi sia un affare che non ci tocca, passi. Ma il fatto che la première dame de France dia un così cattivo esempio, non esercitando la sua facoltà di votare, è un elemento che riveste un indubbio interesse per l’opinione pubblica, la quale ha certamente diritto di conoscere il grado di senso civico dimostrato dai propri governanti. Ed è così che avrebbe voluto trattare questa notizia il Journal du dimanche, un settimanale vicino alla destra. Senonché, come ha tempestivamente rilevato un organo d’informazione in rete, il nuovissimo e dinamico Rue89, il direttore del Journal du dimanche, Jacques Espérandieu, all’ultimo minuto ha rinunciato a pubblicare il pezzo. Perché?
“Ho chiesto che questo articolo fosse corredato dal commento della diretta interessata. Malgrado numerosi messaggi lasciati a Cécilia Sarkozy” – scrive Espérandieu – “è stato impossibile raggiungerla, non ci ha risposto”. Ma va? E così, continua il direttore, “poiché il fatto di recarsi alle urne riguarda una scelta personale, intima, ho deciso di non pubblicare il pezzo”. Ma Rue89 sembra accreditare tutt’altra versione dei fatti: “Sono intervenute diverse figure vicinissime a Nicolas Sarkozy. Si tratterebbe” – afferma il sito – “di Claude Guéant, ex responsabile della campagna presidenziale, di Laurent Solly, ex capo di gabinetto del ministro dell’Interno, e di Franck Louvrier, addetto alle relazioni con la stampa”. La circostanza sarebbe stata confermata all’agenzia AFP dallo stesso Espérandieu, il quale, secondo quanto riferito dall’associazione Reporters sans frontières, avrebbe ricevuto “delle telefonate di persone che insistevano sull’aspetto privato e intimo di questa notizia”.
Il direttore del Journal du dimanche ha resistito a lungo, ma l’ultima chiamata è stata quella decisiva: all’altro capo del filo c’era Arnaud Lagardère, proprietario del gruppo al quale appartiene il settimanale, grande amico del neopresidente. Come per miracolo, verso le venti di sabato scorso, l’articolo sparisce dall’impaginazione per il giorno successivo. Rue89 scrive allora: “È il primo caso noto di censura dell’era sarkozysta”. Ovviamente Jacques Espérandieu, reduce dalle scosse telluriche che hanno agitato la sua poltrona, nega con decisione: “Ho sentito il parere di molte persone su questa notizia. Ma smentisco di aver ricevuto la benché minima pressione da parte dell’entourage di Nicolas Sarkozy”.
“Dopo Paris Match [un altro settimanale, ndr], che è stato sorvegliato dagli uffici del candidato dell’UMP durante tutta la campagna presidenziale,” – scrivono in un comunicato i sindacati dei giornalisti del gruppo Hachette-Lagardère – “è la volta del Journal du dimanche, che si vede censurato dalla direzione del gruppo Lagardère per compiacere il neopresidente, a meno che tutto non sia avvenuto dietro ordine di quest’ultimo”.
Innocuo, dicevate? Benvenuti a Sarkoland.

Fonti: AFP, via Le Monde, Journal du dimanche, Reportes dans frontières, Rue89.

16 maggio 2007

Aridatece Chirac

Questa sera Jacques Chirac si è congedato dai suoi compatrioti con un discorso a reti unificate, a meno di ventiquattro ore dal passaggio delle consegne al nuovo presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy.
È stato un discorso breve, colmo di retorica patriottarda, che difficilmente avrà raggiunto il cuore dei suoi “cari compatrioti”. Quando parla della modernizzazione del paese, per esempio, chissà se ricorda anche il tasso di disoccupazione che colpisce la Francia in quest’epoca di “cambiamenti profondi”. Chissà se, quando parla di unione, ha inteso fare un cenno anche alla vicenda del Contratto di primo impiego (prima imposto, poi ritirato a furor di popolo dal governo del “suo” Dominique de Villepin), col quale si è tentato di dividere le giovani generazioni da quelle già inserite nel mondo del lavoro. Per quel che riguarda poi l’ecologia, è improbabile che Chirac facesse riferimento agli esperimenti nucleari condotti lontano dalla “madrepatria”, a Mururoa, proprio all’inizio del suo primo mandato, nel 1995. Di quale “rispetto” per il suo popolo avrà parlato, poi, visto che, accusato di numerose irregolarità commesse nel periodo della sua permanenza all’Hôtel de Ville di Parigi in qualità di sindaco (18 lunghissimi anni), ha utilizzato volentieri la sua immunità presidenziale per insabbiare i processi che lo riguardano. E che dire della “solidarietà” che la Francia dimostra oggi – grazie anche alla politica dell’ex ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy – nei confronti degli immigrati?
E tuttavia, soprattutto se messo a confronto con il prossimo inquilino dell’Eliseo – arrivista, sfrontato, del tutto privo di valori se non quelli della ricchezza e del privilegio – è probabile che persino il vecchio, declinante Chirac, riuscirà a farsi rimpiangere. È stata, la sua, una presidenza sbiadita, sempre più in ombra man mano che la fine si avvicinava. Ma, tra i meriti che in molti gli riconoscono, deve essere citata almeno la politica estera, nella quale il presidente si è distinto per aver saputo tenere lontana la Francia dall’avventurismo guerrafondaio di Bush e aver così offerto un’importante sponda a quella parte di mondo (fatta soprattutto di popoli, più che di Stati), che ha gridato la propria contrarietà all’impresa bellica.
Scusate, ma se proprio non è possibile avere di meglio, non è che ce lo ridareste indietro?

L’ultimo discorso del presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac
“Miei cari compatrioti della madrepatria, d’oltremare e all’estero, domani passerò i poteri che ho esercitato in vostro nome a Nicolas Sarkozy, il nostro nuovo presidente della Repubblica. Lo farò con l’orgoglio del dovere compiuto e anche con una grande fiducia nell’avvenire del nostro paese.
Noi siamo gli eredi di una grandissima nazione, una nazione ammirata, rispettata e che conta in Europa e nel mondo. Voi avete delle capacità creative e di solidarietà immense. Grazie a voi, grazie al vostro impegno, abbiamo modernizzato il nostro paese per adattarlo ai cambiamenti profondi della nostra epoca e l’abbiamo fatto nella fedeltà alla nostra identità e mettendo al primo posto i valori della Repubblica.
Mei cari compatrioti, una nazione è una famiglia. Questo legame che ci unisce è il nostro bene più prezioso. Esso ci unisce. Ci protegge. Ci permette di progredire. Ci dà la forza necessaria a imprimere il nostro marchio nel mondo d’oggi. Restate sempre uniti e solidali. Certo, siamo profondamente diversi. Certo, possono esserci diversi punti di vista, delle divergenze. Ma dobbiamo ritrovarci su ciò che è essenziale, col dialogo e la concordia.
È così che continueremo ad avanzare. Nell’unione, nel rispetto della nostra diversità e dei nostri valori, possiamo nutrire tutte le ambizioni. Uniti, abbiamo tutte le qualità, tutte le energie, tutto il talento per imporci in questo nuovo mondo che si fa sotto i nostri occhi. Unita, e continuando sulla strada tracciata, la Francia si affermerà come una terra esemplare di progresso e di prosperità. La patria delle pari opportunità e della solidarietà. Una nazione che dà impulso alla costruzione europea. Una nazione generosa, all’avanguardia nelle sfide mondiali che sono la pace, lo sviluppo, l’ecologia.
Da domani, proseguirò il mio impegno in questa lotta per il dialogo tra le culture e per lo sviluppo sostenibile. Lo farò apportando la mia esperienza e la mia volontà d’azione per fare avanzare alcuni progetti concreti in Francia e nel mondo. Questa sera, voglio dirvi il grandissimo onore che ho provato nel servirvi. Voglio dirvi la forza del legame che, dal più profondo del mio cuore, mi unisce a ciascuna e a ciascuno di voi.
Questo legame è quello del rispetto, dell’ammirazione, dell’affetto per voi, per il popolo di Francia e voglio dirvi quanta fiducia riponga in voi, quanta fiducia io abbia nella Francia. So che il nuovo presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, s’impegnerà a guidare il nostro paese più lontano nel cammino dell’avvenire e tutti i miei auguri l’accompagnano in questa missione, che è la più difficile e la più bella che ci sia, al servizio della nostra nazione. Questa nazione magnifica che condividiamo. Della Francia, della nostra nazione, miei cari compatrioti, noi dobbiamo sempre essere profondamente orgogliosi.
Viva la Repubblica! Viva la Francia!”

Fonte: Le Monde.

13 maggio 2007

16 giugno, San Giovanni: una piazza arcobaleno

“Le manifestazioni clericali contro qualsiasi tipo di riconoscimento delle relazioni extra matrimoniali, sono il segno tangibile di una volontà prevaricatrice e anti democratica da parte di istituzioni, che violando persino il Concordato, si vogliono sostituire alle istituzioni repubblicane democraticamente elette”. La risposta del movimento gay, lesbico, bisessuale e transessuale (glbt) italiano all’arretratezza espressa ieri dal Family Day, non poteva essere più netta. La si può leggere nel documento, pubblicato proprio questo sabato, che articola la piattaforma rivendicativa del prossimo Pride italiano.
La grande manifestazione nazionale delle varie realtà glbt presenti in Italia, si svolgerà a Roma il 16 giugno prossimo. Questo il percorso del corteo: Piazza di Porta San Paolo (già punto di partenza dell’indimenticabile World Pride 2000), viale della Piramide Cestia, viale Aventino, via di San Gregorio, via Celio Vibenna, piazza del Colosseo, via Labicana, viale Manzoni, via Emanuele Filiberto, per terminare proprio in quella piazza San Giovanni che ieri si è vista insozzata da cartelli con slogan come: “La famiglia solo secondo natura”, “Sì alla famiglia tradizionale”, “Oggi la Bindi, domani Zapatero” e persino un “Family gay? Io dico no”, tanto per non lasciare dubbi sui quali fossero i veri obiettivi da abbattere.
Di fronte a tanto oscurantismo, che cosa chiede il movimento? Innanzitutto – ed è un bel passo avanti – “l’estensione del matrimonio civile o istituto equivalente” alle coppie formate da persone dello stesso sesso, esattamente come già previsto in molti stati, europei ed extraeuropei. Sembra che gay e lesbiche italiani abbiano finalmente abbandonato le inutili e controproducenti cautele mostrate fin qui, per esigere con forza una reale “parità dei diritti”. Accanto al matrimonio, poi, si dovranno creare “istituti differenti e distinti [da questo] che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili”, qualcosa di simile ai PaCS francesi, insomma. Viene anche resa esplicita la richiesta di una legge che affronti “il tema della responsabilità genitoriale dei partner di fatto”, nel rispetto di una Risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2000 che già imporrebbe agli stati membri di garantire “alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali”.
Accanto a questa, che è certamente la principale rivendicazione della piattaforma politica del Pride 2007, l’organizzazione del Pride esige anche “l’estensione della legge Mancino all’orientamento sessuale e all’identità di genere; l’applicazione della direttiva europea sulla parità di trattamento tra gli uomini e le donne anche alle persone che transitano da un sesso all’altro; la modifica del decreto legislativo sulla parità di trattamento sul posto di lavoro, anche per eliminare le nuove discriminazioni introdotte, come quelle contro gay e lesbiche in divisa; il recepimento della direttiva europea sulla libertà di movimento dei cittadini europei in modo rispettoso dei diritti delle coppie di fatto o registrate gay e lesbiche; l’applicazione della direttiva europea sullo status di rifugiato anche a gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitati nei loro paesi”, nonché “azioni positive contro il pregiudizio omofobico”, la ripresa delle campagne ministeriali contro la diffusione dell’HIV e delle malattie a trasmissione sessuale, “una modifica della legge 40 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alla singola”, “la revisione della legge sul cambiamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l’obbligo di intervento chirurgico genitale” e, infine, “la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere”.
Basterebbe volgere lo sguardo alla vicina e “cattolicissima” Spagna per comprendere che rivendicazioni di quel genere non appartengono a mondi utopici, visto che nello Stato iberico molte di esse sono già diventate legge. Certo, le lotte della comunità glbt italiana “si inseriscono in un quadro politico ed istituzionale desolante” – per dirla con le parole del comunicato – “in un clima sociale e culturale d’odio alimentato dalle gerarchie cattoliche e sostenuto da una politica debole e in affanno, perché ha completamente smarrito i valori fondanti della convivenza e del pluralismo ideale”. Ovvio, quindi, che la speranza di poter riaprire in Italia “una stagione di riforme democratiche, civili e libertarie” si concentri tutta su questo nuovo, fondamentale appuntamento.

11 maggio 2007

La notte dellE famigliE e la giornata del coraggio laico

Questa notte accendiamo delle candele ed esponiamole alle nostre finestre, per dire che la famiglia non è solo quella del ministro Bindi, della senatrice Binetti e di altre icone dell’intransigenza omofoba, ma che hanno diritto di cittadinanza, in una Repubblica che dovrebbe essere laica e nella quale lo Stato è ben separato dalla Chiesa, tutte le forme di affetto, anche quelle omosessuali. Cittadinanza: quindi diritti, tutti i diritti, quelli che fino a questo momento ci sono stati negati. È la notte di tutte le famiglie, è la Families Night.

Inesorabilmente lanciato verso il successo da una massiccia propaganda giunta capillarmente in tutte le parrocchie italiane e pagata – immagino – anche con il finanziamento dell’otto per mille alla Chiesa cattolica, domani il Family Day occuperà Piazza San Giovanni a Roma e tutti i media italiani. Niente che possa turbarci davvero, figuriamoci. Quando nella laicissima Francia si discussero i PaCS, la destra e la Chiesa mobilitarono duecentomila persone che manifestarono a Parigi, alcune delle quali gridando: “Crepate di Aids e lasciateci tranquilli, banda di animali” e anche l’ever green “Froci al rogo”. In Spagna non furono da meno quando si trattò di approvare l’apertura del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso. Prendiamolo un po’ come un male necessario, il morbillo o la varicella che il movimento glbt italiano dovrà subire, per diventare più grande, più forte, più maturo e più combattivo.
Soprattutto ricordiamoci che domani a Roma non ci sarà solo l’invasione dell’Italia cattolica oltranzista, integrista e omofoba del Family Day. C’è un altro piacevolissimo luogo della capitale, piazza Navona, dove si ritroveranno tutte quelle e tutti quelli che, ricordando le battaglie laiche del passato, vorranno dare nuovo slancio alla lotta che oggi ci contrappone a chi vorrebbe vederci discriminati per sempre. Dato che lavoro e vivo in Francia, domani non potrò essere alla Giornata del Coraggio Laico, se non con il pensiero (un forte pensiero). Se voi potete, però, non mancate questo bell’appuntamento.

09 maggio 2007

La presidenza Sarkozy comincia con Love Boat (e un po’ di manganello)

Sotto il titolo “Le vacanze d’oro del ‘candidato del popolo’”, il sito di Libération propone oggi un gustosissimo minidossier sul “ritiro” del neo presidente Nicolas Sarkozy. Eh sì, perché il nuovo capo dello Stato, fiaccato da circa quattro anni di forsennata campagna elettorale, si è allontanato dalla capitale francese già lunedì scorso per “rendersi conto del peso dell’incarico che grava sulle sue spalle” – come riportato dalla stampa – “e assumere il distacco necessario a diventare il rappresentante di tutta la nazione”.
Creando un certo imbarazzo persino tra i rappresentanti del proprio partito, la notte dei risultati il “candidato del popolo” l’ha passata all’hotel Fouquet, messogli generosamente a disposizione dal proprietario, l’amico Lucien Barrière, dove una suite per due costa 2 590 euro (champagne, caviale, make up per la signora Sarkozy e massaggio del viso per il neopresidente, compresi nel prezzo).
La mattina dopo – senza alcun imbarazzo – lo stesso “candidato del popolo”, la moglie Cécilia e il loro figlio Louis, si sono diretti all’aeroporto. “Falcon non è solo la sigla di una celebre produzione californiana di porno gay,” – scrive Libération – “ma è anche il nome di un aereo costruito nelle fabbriche dell’amico Dassault. E si può affittare [...] se si possiedono i mezzi necessari, ovviamente. Tutti i siti d’affitto on line sono perentori: la gitarella costa come minimo 93 700 euro (piccolo punch di benvenuto compreso?) e può arrivare fino a un massimo di 117 800 euro (con due piloti e una hostess). Sarkozy e il suo seguito” – prosegue il quotidiano fondato da Sartre – “hanno scelto il modello Falcon 900EX, che presenta il vantaggio di avere gli interni rivestiti in pelle (color crema) con poltrone girevoli a 360 gradi”.
Col gioiellino appena prestato loro, i passeggeri sono quindi decollati alla volta di Malta. Giunti sul posto, Sarkozy e il suo entourage si sono imbarcati sullo yacht Paloma (pavimento rivestito in legno wengé, jacuzzi sul ponte, sistema di karaoke e altre amenità), che ha preso subito il largo verso la Sicilia. Quale idea migliore, per far riposare le stanche membra del “candidato del popolo”? “Lo yacht sul quale i Sarkozy si sono ritirati appartiene certamente a Bolloré.” – scrive sempre Libération, citando la rivista Capital – “È uno degli uomini più ricchi di Francia, con una fortuna dell’ordine di 1,25 miliardi di euro [...]. Il suo battello, il Paloma, è uno yacht di 60 metri che è possibile prendere in affitto attraverso agenzie specializzate nel charter marittimo. A Londra” – precisa Libération – “Nigel Burgess lo propone a un prezzo che oscilla tra i 147 000 e i 162 000 euro alla settimana”.
“Ci avevano annunciato un seminario di riflessione in un monastero” – chiosa il quotidiano vicino ai socialisti – “ed eccoci piombati su un Love Boat al largo di Malta. La cosa tenderebbe a provare che le promesse presidenziali cominciano male”. Tanto più che – aggiungo io – mentre il piccolo Nicolas se la spassa, a Parigi e in altre grandi città della Repubblica di cui è presidente, si susseguono le manifestazioni di protesta. Non sempre civilissime, per carità, ma è ben vero che anche i cosiddetti “tutori della legge”, in quanto a buone maniere, non scherzano. Solo ieri, mentre stavano occupando piazza della Bastiglia, duecento giovani sono stati fermati dalle forze dell’ordine. Libération riporta oggi le testimonianze di qualche dimostrante. Mathilde: “Al commissariato, solo i neri e i figli degli immigrati arabi venivano ammanettati. Dove viviamo?”. Nicolas, giovane militante socialista – accusato di aver lanciato degli oggetti, circostanza che egli nega – dice : “Stavo gridando come facevano tutti quando tre CRS [celerini, ndr] mi sono piovuti addosso. Mi hanno afferrato per la gola e spruzzato del gas. Sono stato bloccato a terra ed ammanettato con le braccia dietro la schiena. Quando ho avuto il ginocchio di un CRS sulla testa, mi hanno picchiato al viso, insultandomi”. È ancora Nicolas a raccontare di un colombiano che si è ritrovato insieme a lui nello stesso furgone: “I poliziotti gli hanno detto ‘Se ti muovi, ci scopiamo tua madre’. Il colombiano ha gridato: ‘Non insultate mia madre!’. Lo hanno riempito di botte”. E ancora Antoin, 17 anni, respinge una perquisizione troppo violenta a livello dei testicoli: “Non mi toccare!”, grida al poliziotto. Risposta: “Calmati, altrimenti sei morto!”.
Del resto, bastava circolare per le strade che portano in piazza della Bastiglia, ieri sera, per farsi venire i brividi. Decine e decine di mezzi blindati dei CRS, poliziotti in assetto antisommossa che, al grido d’incitazione di qualche passante dell’UMP, rispondono: “Viva Sarkozy!”.
Cinque anni così?

Fonte: Libération.

07 maggio 2007

“Perché tanta violenza?”

Quello che è successo ieri sera, per quanto ho potuto vedere e capire io, trovandomi in una via limitrofa a piazza della Bastiglia, lo potete leggere nel mio post di ieri. Ecco tre foto di ciò che ho visto:

Oggi ho trovato tre testimonianze di persone che erano in piazza o nelle immediate vicinanze e hanno scattato delle fotografie molto belle, che vi consiglio vivissimamente di andare a vedere. Raccontano la stessa storia, con diverse sfumature.

Hugo
Il 6 maggio, qualche migliaio di persone si è dato appuntamento a piazza della Bastiglia per i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali. Alle 20, le stime ufficiali confemavano ciò che la maggioranza già aveva saputo da internet o dagli SMS: Sarkozy aveva vinto, con più del 53% dei voti. La tristezza ha lasciato il posto alla rabbia e infine alla violenza, alimentata da alcuni gruppi della sinista radicale e da anarchici.

Mikael Marguerie
I sostenitori di Ségolène royal hanno manifestato abbastanza pacificamente all’inizio. Alcuni erano più risoluti: “Vogliamo una rivolta!”.
Quando la tensione tra i manifestanti e la polizia è cresciuta, un piccolo gruppo di anarchici ha cominciato a lanciare delle bottiglie verso la polizia, che ha risposto con gas lacrimogeni. Allora dei sanpietrini sono stati raccolti dalla pavimentazione di piazza della Bastiglia e la polizia ha provveduto a evacuare la piazza.
Poi la battaglia è proseguita nelle vie limitrofe e di tanto in tanto si è riaccesa nella piazza stessa, con l’incendio di una macchina e di una moto. Di nuovo è stato usato del gas lacrimogeno per soffocare gli attacchi dei manifestanti, dei rivoltosi. Allo stesso tempo, altri hanno organizzato dei piccoli sit-in [...]. Poco dopo, è stata eretta una barricata in un angolo di strada, ma la tensione è scemata.

Kalikimaka
Sono arrivata verso le 22,19, ora della mia prima foto, e non ho potuto vedere granché. L’accesso alla piazza era bloccato senza che nessuno forzasse le barriere. Nella piazza stessa, alcuni manifestanti non visibili di fronte allo spiegamento delle forze di polizia. Ai margini, qualche manifestante seduto in terra, altri in piedi, sperduti, dietro le file serrate dei militari tesi.
Non vedevamo niente... perché tanta violenza? Il deserto apparente era così grande a far risultare incomprensibile quello spettacolo.
Corre voce che tutto sia cominciato con un concerto di djembé improvvisato... utilizzando in parte le barriere ondulate, certo... un concerto che è stato presto caricato, scatenando slogan come “resistenza”, “baci, baci”, “giustizia da nessuna parte, polizia ovunque”... qualche grido e qualche lancio di bottiglie di birra.
Sì, qualcosa è stato rotto (una fermata dell’autobus e una macchina – della quale ci si domanda cosa ci facesse là) e qualche sanpietrino è stato divelto. Ma non è stato possibile vedere i casseurs. Non dovevano essere molto numerosi. Tutto questo spiegamento militare, tutte queste bombe lacrimogene, tutti questi furgoni per tirare su la gente, erano veramente necessari per fermarli? Davvero non c’era un’altra soluzione piuttosto che ingaggiare una prova di forza?
Apprendo da Liberazione che c’erano tra 200 e 300 estremisti. E sia, posso crederci anche senza averli visti. Quello che ho visto, io, sono i ranghi serrati degli uomini vestiti di nero, volti duri, alcuni dei quali altrettanto sperduti...
Tutto intorno alla piazza, i delusi. I delusi dei risultati delle elezioni che vorrebero solo condividere la loro tristezza, delusi che trovano conferma della loro delusione in quello spettacolo. Al contrario di quello che succede di fronte, dove regna una grande calma e il desiderio di prendere la parola. Neanche noi eravamo numerosi, abbiamo parlato con i CRS [Compagnie Républicaine de Sécurité, qualcosa di simile al Reparto Celere italiano]. Abbiamo cercato di capire e di negoziare per riportare un po’ di pace. Ma sapevano perché erano là e ciò che difendevano? Minacce di attentati, sembra. [...]
Quando ho provato a lasciare la piazza andando in via Faubourg Saint Antoine, mi sono ritrovata stretta tra due file di corazze con casco. Ho detto loro che mi stavano impedendo di andar via. Per tutta risposta ho ricevuto una spruzzata di gas lacrimogeno a una ventina di centimetri dagli occhi per obbligarmi ad imboccare l’entrata del metrò. Cosa che ho fatto, col viso che mi bruciava.
Ho lasciato dietro di me una decina di persone sedute in terra che gridavano “baci, baci”. Da una parte e dall’altra, dei camion disposti in modo da occupare tutta la carreggiata e decine di CRS barricati a gruppi di tre dietro i loro scudi trasparenti.
Ecco quello che ho visto... e oggi sono triste.

Foto (Staou): dall’alto in basso, rue de la Roquette invasa dai lacrimogeni; barricata in boulevard Richard Lenoir; un ferito in piazza della Bastiglia.

06 maggio 2007

Vince Sarkozy, gravi incidenti in piazza della Bastiglia

È da circa due ore, da quando cioè sono stati resi noti i risultati quasi definitivi delle presidenziali francesi che hanno segnato la netta sconfitta di Ségolène Royal, che in piazza della Bastiglia si susseguono scontri violentissimi tra manifestanti di sinistra e forze dell'ordine.
In tutta la zona i telefoni fissi hanno cessato di funzionare, il mio collegamento a internet non era disponibile fino a qualche minuto fa. Diverse migliaia di manifestanti gridano slogan contro il nuovo presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy. Dalla posizione in cui mi trovo, a circa duecento metri da piazza della Bastiglia, ho potuto verificare di persona che la piazza è stata prima occupata dai manifestanti e poi violentemente caricata dalla polizia. Il fitto lancio di lacrimogeni è proseguito per circa due ore, mentre molti manifestanti trovavano rifugio nei palazzi antistanti la piazza. I rumori degli scontri - probabilmente sono molte le vetrine sfasciate - sono giunti fino al punto in cui mi trovo. Moltissimi gli interventi della Croce rossa che ho potuto constatare di persona.

Aggiornamento, 0,24. Dopo una mezz'ora di relativa calma, durante la quale la polizia sembra aver bloccato l'accesso di piazza della Bastiglia da rue de la Roquette, nuove cariche e lancio di fumogeni. Una grande massa di persone è quindi fuggita in rue de la Roquette, in direzione opposta a piazza della Bastiglia. La situazione qui resta tesissima. Giungono nel frattempo notizie di altre rivolte a Marsiglia, Lille e Nantes.

Aggiornamento, 1,30. I furgoni della polizia stanno finalmente lasciando piazza della Bastiglia. Sono così potuto entrare. Dopo la battaglia, molti sanpietrini in terra, bussolotti di lacrimogeni, cabine telefoniche e fermate del bus con i vetri infranti e un uomo a terra, ferito: pare sia stato colpito da un getto d'acqua sparato da una camionetta della polizia da due metri di distanza. L'uomo è caduto in terra ed è rimasto ferito. "Faremo un gran casino, ogni giorno!". È stata questa una delle ultime grida dei manifestanti che ho potuto cogliere. Non si può certo dire che il quinquennato di Sarkozy cominci sotto il segno della pace sociale: altri scontri con la polizia si sono registrati a Marsiglia, Lille, Lione, Nantes, Tolosa. Domani qualche foto scattata da Staou.

05 maggio 2007

Police partout, justice nulle part

Bisognava proprio tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi per non essere presi dallo sconforto. Venerdì, ultimo giorno di una campagna elettorale accesa e appassionata, è arrivata la doccia fredda dei sondaggi. Che cos’era cambiato dopo lo storico duello televisivo tra Royal e Sarkozy di mercoledì scorso che ha tenuto incollati al televisore venti milioni di francesi? Semplicemente (e crudelmente), l’ampia distanza tra il candidato della destra e Ségolène Royal sembra essersi confermata: 54 a 46. Ma erano solo sondaggi. Speriamo.
Intanto, ecco la Francia che ci preparano. “Guardavo ieri le notizie su LCI [celebre canale televisivo all news, ndr]. Nel riassunto del dibattito fatto da questa rete,” – ha dichiarato giovedì Ségolène Royal – “io avevo sbagliato tutto e Nicolas Sarkozy niente”. Come si spiega? Forse col fatto che LCI è una filiale della rete televisiva TF1, il cui azionista di maggioranza è il gruppo Bouygues. E che c’entra? Beh, provate a dire: chi è alla testa del gigante Bouygues, saldamente impiantato nel settore delle telecomunicazioni e delle costruzioni? Ma è Martin Bouygues, il quale – per un puro caso – è anche un grande amico di... Nicolas Sarkozy.
Come ho già avuto occasione di scrivere, però, questo signore non è l’unico sodale sul quale il candidato della destra che guarda “alla Francia che soffre” può contare. Sorpresa: il quotidiano Le Parisien che aveva annunciato ieri l’intenzione di pubblicare, nel suo numero in edicola sabato, l’ultima intervista a Nicolas Sarkozy, vi ha dovuto rinunciare. Ah sì? E perché? Mah, niente, solo perché la legge prevede l’assoluto silenzio dei candidati per tutta la giornata che precede il voto. E la Comissione nazionale di controllo sulla campagna l’ha fatto presente alla smemorata redazione del giornale. Il quale, tuttavia, ha deciso di inserirla, con grande risalto, nella sua edizione on line, con tanto di lagnosa editorialessa firmata dalla direzione. Di sicuro c’è che in questo modo Le Parisien è riuscito a farsi un po’ di pubblicità gratuita. Ma anche Sarkozy ci avrà forse guadagnato qualcosa: non era lui che si lamentava di non poter esprimere liberamente il suo pensiero nei media?
Va bene, e adesso rifacciamo per Le Parisien lo stesso esercizio già visto per LCI. Chi possiede il 25% della società proprietaria del Parisien? Martin Bouygues! Sbagliato! Stavolta si tratta di un tale Arnaud Lagardère, proprio quell’imprenditore che a un meeting del suo ingente gruppo editoriale, nel 2005, disse di Sarkozy: “Non vi sto per presentare un amico, ma un fratello”.
Di una cosa, comunque, possiamo star certi. Dovesse vincere davvero l’ometto di Neuilly, si toccherebbe con mano, una volta di più, la bontà di quello vecchio slogan che recita: “La polizia è ovunque, la giustizia da nessuna parte”. “Le autorità preparano un dispiegamento poliziesco speciale per la sera dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, allo scopo di prevenire eventuali disordini”, recita un dispaccio dell’agenzia Reuters. Solo a Parigi: 1600 poliziotti di rinforzo, quattro unità mobili per sorvegliare i trasporti pubblici e un elicottero dotato di una telecamera “termica”, cioè tre volte lo spiegamento di forze dell’ordine in un fine settimana ordinario. Chissà che tutto questo movimento armato, in realtà, non serva proprio ad eccitare gli animi, a provocare lo scontro. La stessa agenzia, infatti, sottolinea che “non c’è alcun segnale di preparazione ad azioni violente” e che “l’abituale sorveglianza esercitata dai Servizi nei quartieri sensibili, in particolare attraverso l’esame dei ‘blog’ dei quartieri popolari, non ha permesso di concludere che esistano piani organizzati o appelli alla violenza, nel caso in cui Nicolas Sarkozy fosse eletto”. Che delusione, vero Nicolas?
Qui si spera ancora che la maggioranza dei e delle francesi abbia deciso di dargli tutt’altro tipo di dispiacere e per questo molte persone si sono spese fino all’ultimo. Fra gli appelli al voto delle varie associazioni, eccone uno fra i più appassionati: “In cinque anni di Sarkozy al potere” – si poteva leggere in un comunicato di ActUp Paris di venerdì – “abbiamo già perso gran parte dei diritti acquisiti sui quali si basa un’efficace lotta contro l’Aids, in particolare presso alcune minoranze (prostitut*, coloro che usano droghe). Domani, sarà la più scontata solidarietà verso i malati o gli/le handicappat* a essere rimessa in causa. Non sopravviveremo alla sua elezione alla Presidenza della Repubblica. [...] Noi sappiamo” – conclude ActUp – “che se Ségolène Royal sarà presidente, le nostre lotte potranno portare a delle vittorie, mentre se sarà Nicolas Sarkozy, esse non saranno certamente sufficienti ad impedire numerose sconfitte. Abbiamo voglia di vivere, perciò vi chiediamo di votare per Ségolène Royal”.

Fonti: ActUp Paris, Reuters, Reuters via Le Monde, Wikipedia.

Foto: Uniti contro Sarko, François (con licenza CC).

03 maggio 2007

Ségolène Royal vince... in tv

Abile. Determinata. Combattiva. Per nulla intimorita. A volte persino strafottente. Ségolène Royal, nello storico dibattito televisivo che l’ha contrapposta ieri sera a Nicolas Sarkozy, è stata semplicemente magnifica.
La candidata socialista è riuscita ad articolare bene i punti cardine del proprio programma e, durante tutta la prima parte del duello, durato più di due ore e mezza e trasmesso in diretta da TF1, France 2 e Arte, ha tenuto sulla corda Sarkozy sfruttando molto opportunamente uno degli assi nella sua manica: il bilancio assai magro, per non dire pessimo, dell’attuale maggioranza di destra su molti temi, così come le contraddizioni del programma di Sarkozy, che Ségolène Royal non si è certo risparmiata di sviscerare. “A evocare tutti gli argomenti nello stesso tempo, rischia di sorvolarli e di non essere abbastanza precisa”, le rimprovera con una buona dose di paternalismo, ad un certo punto, il suo rivale. “Lasci a me la responsabilità delle mie affermazioni, se non le spiace”, gli risponde lei, gelida.
Più che a uno scambio verbale, in qualche momento sembra di assistere a un incontro di pugilato. Vediamo insieme solo alcuni dei tantissimi punti toccati ieri sera. Quando si parla della funzione pubblica, per esempio, Nicolas Sarkozy propone di diminuire gli effettivi, mentre Ségolène Royal afferma più volte di non voler effettuare nessun taglio ma di voler ricollocare i funzionari pubblici a seconda del bisogno nei vari settori dell’amministrazione. Ne consegue una fitta serie di colpi reciproci. Sarkozy: “Non si può passare da una funzione pubblica a un altra”. Royal: “Quando andranno in pensione, invece di assumere doganieri, assumerò delle infermiere”. Sarkozy: “Ma no, non è possibile. La funzione pubblica negli ospedali è sovvenzianata da un altro budget rispetto a quello dello Stato”. Royal: “Sta scherzando? Tutti i fondi pubblici sono legati tra loro”. Sarkozy: “Ah, perché è lei che gestisce le assicurazioni per malattia?”. Royal: “No, non sono io, ma si tratta comunque di fondi pubblici spesi, di contributi pagati dai lavoratori dipendenti”. Sarkozy: “Lei non può fare delle redistribuzioni tra gli enti locali e lo Stato e tra lo Stato e le assicurazioni per malattia. Non è lei a decidere”. Royal: “Se lei non può farlo, allora perché vuole accedere alla carica di Presidente? Ebbene, io dico che potrò farlo”.
Altro tema caldo: le 35 ore lavorative settimanali, varate dal governo del socialista Lionel Jospin, che Nicolas Sarkozy tanto critica. Il candidato della destra propone di pagare di più gli extra e di esonerare i datori di lavoro dal versamento dei contributi sulle ore di straordinario. Sarkozy: “È quello che ha fatto il suo amico Blair nel Regno Unito, è quello che ha fatto Zapatero. [...] Ecco perché l’istituto Rexecode, un organismo indipendente, ha lodato...”. Royal lo interrompe, sarcastica: “Sempre la stessa solfa! È un organismo del Medef [la Confindustria francese, ndr]. Lei lo sa bene. [...] Juppé ce l’ha detto mille volte. Continui”. Sarkozy: “Grazie per avermi dato il permesso. Il mio progetto è di creare 230000 nuovi posti...”. Royal: “Grazie, Medef! Vabbè, forza, continui!”. Sarkozy: “Perché disprezza e fa dell’ironia su qualsiasi persona che non abbia la sua opinione? [...]”. Royal: “Se lei crede che le 35 ore abbiano fatto così tanti danni, perché non le ha soppresse in questi cinque anni? Perché lei sa...”. Sarkozy: “Posso rispondere?”. Royal: “Perché lei sa bene che costituiscono a un progresso sociale. Lei lo sa [...] che sono stati creati più di un milione di posti di lavoro? Il 70% delle persone ha potuto occuparsi meglio della propria famiglia. Molte donne, in particolare, o i lavoratori dipendenti che svolgono i lavori più difficili, alla fine delle loro 35 ore, sono stanchi. Dunque l’aumento della durata del lavoro non va verso il progresso sociale”.
Ancora, per quanto riguarda il tema delle pensioni, si è registrato un altro scontro nel quale le argomentazioni della candidata socialista sembrano aver avuto la meglio. Sarkozy: “I quarant’anni di contributi saranno mantenuti?”. Royal: “La smetta d’interrompermi! La conosco questa tecnica. Terremo conto dei lavori usuranti. Io desidero che si possa scegliere l’età pensionabile, in modo che chi vuole lavorare di più possa farlo ma chi è stanco perché ha svolto un mestiere estremamente difficile, possa smettere prima. Tra un operaio e un dirigente, c’è uno scarto nella speranza di vita pari a sette anni. Uno scarto di sette anni nella Francia di oggi! Lei lo trova giusto?”.
Il dibattito si è fatto rovente anche quando si è parlato di energia nucleare. Sarkozy: “Conferma l’opzione nucleare?”. Royal: “Lei sa qual è la parte di nucleare nel consumo di energia elettrica in Francia?”. Sarkozy: “Sì, ma conferma questa opzione? Grazie al nucleare, noi produciamo autonomamente metà dell’energia elettrica”. Royal: “Lei difende il nucelare, ma ignora la parte di nucleare”. Sarkozy: “No, la metà della nostra energia elettrica è nucleare”. Royal: “No, lo è solo il 17%”. Sarkozy: “Non è esatto”. Royal (ridendo): “Vedremo. Ma è così”. Sarkozy: “Questa è una scelta capitale. Continuiamo col nucleare o no?”. Royal: “Aumentiamo la parte di energie rinnovabili”. Sarkozy: “Continuiamo con l’opzione nucleare?”. Royal: “Non chiuderemo le centrali nucleari dall’oggi al domani”. Sarkozy: “Conferma la scelta del Reattore pressurizzato europeo (EPR)?”. Royal: “No, la sospendo appena eletta”. Sarkozy: “Sospende le nuove centrali e prolunga quelle vecchie?”. Royal: “L’EPR non è una centrale. Sta facendo una grande confusione. È un prototipo. Di quale generazione?”. Sarkozy: “È della quarta generazione”. Royal: “È della terza. [...] Lei ha un approccio davvero molto approssimativo su una materia estremamente tecnica ma, allo stesso tempo, molto grave, perché si tratta dell’energia nucleare. Ha appena fatto una serie di errori. Può succedere, ma bisognerà che lei ripassi un po’ i suoi appunti, poiché non è la quarta ma la terza generazione”. Chissà se Sarkozy, appena rientrato al suo quartier generale, si sarà dato la pena di fare clic su Wikipedia. Che figuraccia...
Ma il momento più teso si è avuto dopo che Nicolas Sarkozy ha affrontato il problema della disponibilità di posti negli asili nido, sempre molto scarsa. Il candidato dell’UMP vorrebbe far sì che l’accesso a queste strutture diventasse un diritto opponibile, cioè che possa dar luogo, se non rispettato, a una causa in tribunale. Royal: “Le donne dovrebbero andare in tribunale per chiedere un posto all’asilo nido? Ma sia serio! È questo quello che propone lei, una società nella quale bisogna fare una causa per chiedere un posto all’asilo nido? Non è la mia idea di società. Le donne hanno altro da fare che andare in tribunale. Bisogna che il problema sia risolto dalla politica, non dal tribunale”. Sarkozy: “Lei non ha bisogno di essere sprezzante per essere brillante”. Royal: “Conosco le sue tecniche. Appena è in imbarazzo, fa la vittima”. Sarkozy: “Con lei, sarei una vittima consenziente!”. E lei, ancora una volta fredda e diretta: “Meglio così, almeno proverà piacere”.
Sarkozy tenta allora la carta del buonismo, della pietà, e attacca una filippica su quanto sia ingiusto che i bambini handicappati non abbiano accesso alle scuole “cosiddette normali”. La sua rivale scatta su come una furia: “Adesso abbiamo raggiunto il massimo dell’immoralità politica. Sono scandalizzata, perché giocare con l’handicap come lei ha appena fatto è effettivamente scandaloso. Perché? Quando ero ministro della pubblica istruzione, sono stata io a creare il piano ‘Handiscole’ che ha richiesto a tutte le scuole di accogliere i bambini handicappati. Per questo avevo creato settemila posti di educatori di sostegno che voi avete soppresso. [...] È il suo governo che ha soppresso il piano ‘Handiscole’, che ha soppresso gli insegnanti di sostegno e che ha fatto sì che meno di un bambino su due che cinque anni fa era accolto nelle scuole della Repubblica possa entrarvi oggi. Lei lo sa perfettamente, mentre adesso ci parla, ‘tutto intenerito’, del diritto dei bambini handicappati di essere accolti a scuola, mentre le associazioni dei genitori di handicappati hanno presentato reclami disperati presso il vostro Governo [...]. Lasci perdere i tribunali, le pratiche dei genitori che soffrono già abbastanza il fatto di non aver potuto iscrivere i loro figli quando lei era al governo. Lasci perdere. [...]. Lei ha sfasciato questa politica! E oggi dice ai genitori che potranno rendersi in tribunale?! Non tutto è possibile in politica e questo discorso, questo scarto tra i discorsi e gli atti, soprattutto quando si tratta di bambini handicappati, non è accettabile. Sono molto arrabbiata. I genitori e le famiglie...”. Sarkozy ha l’aria di un pugile suonato, tenta una replica: “Si calmi e non mi indichi con quel dito!”. Ma lei ribatte: “No, non mi calmo!”. Sarkozy, ancora una volta paternalista: “Per essere Presidente della Repubblica bisogna essere calmi”. Royal: “No, non quando ci sono delle ingiustizie! C’è una collera che è sana ed è quella che corrisponde alla sofferenza della gente. Ci sono delle arrabbiature che terrò con me anche quando sarò Presidente della Repubblica...”. Sarkozy: “Che allegria!”. Royal: “[...] Non lascerò che l’immoralità del discorso politico riprenda il sopravvento”. Sarkozy: “Non so perché alla signora Royal, di solito calma, siano saltati i nervi...”. Royal: “Non mi sono saltati i nervi, sono arrabbiata. [...]”. Sarkozy ci riprova: “Non so perché la signora Royal s’innervosisca...”. Ma lei non cede: “Non m’innervosisco”. Sarkozy: “Cosa dev’essere quando si innervosisce! [...] La signora Royal ha osato impiegare la parola ‘immorale’. È una parola forte”. Royal: “Sì”. Sarkozy: “Si permette d’impiegarla perché ho detto che tutti i bambini che hanno un handicap possano entrare in una scuola ‘normale’. La signora Royal, riferendosi al mio atteggiamento, ha detto ‘tutto intenerito’, sottintendendo che la sincerità stava solo dalla sua parte e che, dalla mia, c’erano solo menzogne. Non è il modo per rispettare il proprio avversario. Non mi sarei mai permesso di parlare di lei in questo modo”. E Royal, sicura: “Perché io non mento e non dico di voler costruire ciò che ho appena distrutto”. Sarkozy: “Non penso che lei elevi la dignità del dibattito politico”. Royal: “Sì invece, la questione dell’handicap è molto degna”. Il battibecco è andato avanti così ancora per un po’, finché Sarkozy ha rincarato la dose: “Almeno si sarà capito come lei possa innervosirsi con molta facilità, come lei possa uscire dai gangheri. Il Presidente della Repubblica ha delle responsabilità pesanti, molto pesanti”. A quel punto interviene uno dei due giornalisti che stanno cercando di condurre il dibattito – in realtà la loro presenza si nota appena – per introdurre un altro argomento. Royal non lo interrompe subito: “Mi permetterà, anch’io ho l’intenzione di farmi rispettare. Non sono uscita dai gangheri. Quello che ci differenzia è la visione della morale politica. Bisogna che i discorsi siano coerenti con gli atti. [...] Non sia condiscendente. [...] Quello che è in gioco è tutta la concezione della vita politica e della responsabilità. Se non si è responsabili di niente, se non si rende mai conto dei propri atti politici, come vuole che i cittadini credano ancora nell’efficienza della politica...”. Sarkozy: “Bisogna mantenere la calma e usare parole che non feriscano”. Royal: “Le parole non feriscono, sono le azioni che feriscono”. Sarkozy: “Quando si usano delle parole che feriscono, si divide il popolo, mentre bisognerebbe unirlo”. A quel punto una Royal irridente domanda ripetutamente, con una calma olimpica: “È ferito?... È ferito?”. Il suo rivale, imbarazzato, quasi fosse un bambino cattivo davanti alla madre magnanima, risponde solo: “No”. “Allora va tutto bene”, gli lancia lei, serafica.
Meglio di così, per la sinistra, non poteva andare. Anche perché, durante tutta la campagna elettorale, da ogni parte – sui quotidiani, in tutti i settimanali d’opinione, nei dibattiti televisivi e anche tra gli elettori – la domanda ricorrente era: “Tiendra-t-elle?”, cioè Ségolène Royal sarà capace di reggere un dibattito con Nicolas Sarkozy? Ebbene, la risposta è finalmente giunta ed è un rotondissimo Sì. Dal mio punto di vista, è Ségolène Royal la vincitrice del duello di ieri sera. Certo, da qui alla vittoria nelle urne, il passo è ancora lungo. In effetti, gli esperti di comunicazione politica affermano, qui in Francia, che i faccia a faccia televisivi non spostano, se non di pochissimo, le intenzioni di voto. Però intanto qualcosa deve essere successo, se la prima conseguenza è stata il quasi-pronunciamento di François Bayrou, il leader centrista che lascia in eredità, ai contendenti del secondo turno, il 18% dei voti. Oggi, dopo aver valutato il dibattito, il presidente dell’UDF ha affermatoa chiare lettere, infatti, che non voterà per Nicolas Sarkozy, senza tuttavia dare ulteriori indicazioni.
Cosa faranno i suoi elettori? Si asterranno? La gran parte di loro voterà per Sarkozy o per Royal? E, dopo che il Front National di Jean-Marie Le Pen ha chiesto ai suoi di disertare le urne, quanti saranno i voti per il candidato della destra che mancheranno all’appello? È possibile credere in un riequilibrio dei consensi tra i due sfidanti? Bene. Adesso incrociamo le dita, consultiamo oroscopi, oracoli e aruspici, e ripetiamo mille volte il mantra: Ségolène, Ségolène, Ségolène...

Fonti: Arte, Le Monde, Libération.

Terrorista anch'io

Il Papa ha detto che non crede nell’evoluzionismo. Sono d’accordo, infatti la chiesa non si è mai evoluta.
Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, per Franco e per uno della banda della Magliana. È giusto così: assieme a Gesù Cristo non c’erano due malati di Sla, ma c’erano due ladroni.

Terroristi anche loro: AnelliDiFumo, Blue-highways, FireMan, Ilmondodigalatea, Un italiano in America, Vecchifroci, Village.